Oltre
ad aver dato i natali al famoso fisico Albert Einstein e al meno conosciuto
Albrecht Ludwig Berblinger, il sarto che voleva volare (1), ad Ulm visse per
qualche anno la famiglia di Hans e Sophie Scholl, i due fratelli arrestati,
condannati a morte e uccisi nel 1943 per la loro attività contro il regime
nazista. I due ragazzi combattevano solo con il loro ciclostile e la diffusione
dei volantini contro l’immensa potenza organizzativa e militare del Terzo
Reich.
Rimanendo
in tema, ad Ulm, il 18 ottobre 1944 si svolsero i funerali di stato del
feldmaresciallo Erwin Rommel, suicidatosi, per ordine di Hitler, per essere
stato sospettato del complotto e del tentativo di uccisione dello stesso Führer.
I tedeschi, ignari di ciò, gli diedero l’estremo saluto, credendolo morto, come
recitava il comunicato ufficiale nazista, a causa di complicazioni cerebrali
derivate dalle fratture al cranio che aveva subito in precedenza.
Uscendo
da Ulm seguendo il corso del fiume si arriva a Günzburg, già Baviera, detta la
piccola Vienna durante il periodo asburgico ma tristemente nota per aver dato i
natali a Josef Mengele, il medico criminale di Auschwitz, forse il più atroce
assassino dei Lager nazisti. Qui rimase nascosto in un convento fino al 1949,
per poi imbarcarsi al porto di Genova con destinazione Sud America. Approdò in
Paraguay, protetto dal regime di quel paese, per poi trasferirsi in Brasile,
dove morì a causa di un attacco di cuore nel 1979.
Per
il contadino del tardo medioevo, l’idea stessa che si trovasse sui propri campi
delle mura di pietra, con torrette e fortificazioni semidistrutte e
sbriciolate, era qualcosa da attribuire al sovrumano, al diavolo. Eppure,
questi ruderi, questi resti di fortificazioni appartenevano al Vallo che doveva
segnare sino al Mar Nero i confini dell’impero romano: il Limes germanico-retico. Oggi molti
storici, parlando di Limes, intendono quella parte di confine che si estendeva
in Germania, fra i fiumi Reno e Danubio, composto da ben 548 km di strade,
fortificazioni, torrette di avvistamento, fossati e palizzate. Al di qua di quella
linea c’era l’impero, l’idea e il dominio universale di Roma, al di là c’erano
i barbari, che l’impero cercava in qualche modo di arginare.
Regensburg
Nel
solco di questo sistema difensivo, nel 179 d.C., su comando dell'imperatore romano
Marco Aurelio, venne fondato l'accampamento fortificato di Castra Regina, di
fronte alla confluenza del fiume Regen con il Danubio. Il nome della città
odierna, Regensburg (Ratisbona), deriva dal celtico Radasbona, che era
riferito a un insediamento nelle vicinanze. Nel corso dei secoli molti sono gli
eventi che hanno caratterizzato la storia della città: all'inizio del sesto
secolo diventa prima capitale della Baviera, tra il XII e il XIII secolo
raggiunge il culmine della sua ricchezza politica e commerciale, anche in virtù
del titolo di "libera città imperiale" di cui venne insignita nel
1245. Verso la fine del 1300 le rotte commerciali si spostano gradualmente
verso Augsburg, Norimberga e Vienna e la città perde la sua posizione di
supremazia. Encomio e rimpianto avvolgono la splendida città gotica e romanica
dalle cento torri, i suoi vicoli, le chiese e le sue belle piazze, pulite e
ordinate. Forse come in nessun’altra città del centro Europa qui gli edifici
originari, in eccellente stato di conservazione, testimoniano dell’importanza
politica, religiosa ed economica di Ratisbona durante il Medioevo. Il centro
storico della città bavarese è entrato a far parte del patrimonio mondiale dell’Unesco nel luglio 2006.
Prima
di entrare in Austria, il Danubio scorre nel distretto della Bassa Baviera, lambendo
decine di piccoli centri e villaggi ricchi di tradizioni e culture, che qui
mantengono connotati ancor più pregnanti che altrove.
Linz
Superata
Passau, il Danubio, che nel frattempo si è caricato dell’acqua del suo
affluente Inn, arriva a Linz, Alta Austria. Qui il paesaggio è altrettanto
bello e caratteristico, segnato da boschi, colline e dalle cupole a cipolla
delle chiese. Hitler amò Linz più di ogni altra città, tanto che diede l’ordine
a Speer, l’architetto del Terzo Reich, di preparare dei progetti di edifici
giganteschi e faraonici, per fortuna mai realizzati dai nazisti, che avrebbero
trasformato Linz nella più monumentale metropoli danubiana. A Linz studiò e
lavorò per qualche anno l’astronomo e matematico Giovanni Keplero, mentre, nel
palazzo Zum schwarzen Adler,
all’aquila nera, in cui abitò Beethoven, morì nel 1680 Raimondo Montecuccoli, generale,
politico e scrittore italiano, principe del Sacro Romano Impero. Nella chiesa
dei Cappuccini una targa invita il viandante a fermarsi davanti alla tomba, che
conserva solamente le sue interiora, mentre il corpo è sepolto a Vienna.
A
pochi chilometri da Linz si trova il campo di concentramento di Mauthausen, una
vecchia cava di pietra, già campo di prigionia austriaco durante la prima
guerra mondiale, aperto dai nazisti l’8 agosto 1938, Vi perirono oltre 130.000
prigionieri, tra cui 5.750 cittadini italiani.
A
Sankt Florian, l'abbazia dei canonici agostiniani è uno dei più importanti
monumenti barocchi in Austria. Resti di murature esistenti sotto la basilica
risalgono all'epoca del martirio di San Floriano (IV secolo d. C.), la cui
tomba era già allora meta di pellegrinaggio. I grandi conventi austriaci,
sempre sul Danubio, meritano considerazione. Sankt Florian, ma non solo, Gottweig,
Maria Taferl e soprattutto Melk, maestoso e splendido, che inseriscono le loro
cupole e i loro campanili nella religiosità secolare del paesaggio, nella curva
delle colline e nel silenzio dei boschi, nella pace della tradizione. Il
compositore Bruckner e lo scrittore Stifter, come molti altri artisti vissuti
in epoca asburgica, descrivono con la loro arte la reverenza per il dolce e
idilliaco paesaggio austro-boemo, per la pace domestica e silvestre. L’aquila
bicipite simbolo di quel mondo ha cercato di difendere la buona tradizione e la
moralità di quel tempo dai ritmi rapidi e incalzanti del moderno.
Abbazia di Melk
Artstetten,
non lontano dal Danubio e a pochi chilometri dall’abbazia di Melk, merita una
citazione in quanto in una sala del museo della cittadina campeggia una frase
attribuita a Francesco Ferdinando d’Asburgo-Este, arciduca d’Austria ed erede
al trono dell’Impero austroungarico, che nel castello di Artstetten è sepolto
insieme alla moglie Sophie. La frase è la seguente: “La corona asburgica è una
corona di spine”. I colpi di pistola di Sarajevo hanno impedito a Francesco
Ferdinando di mettersi in capo quella corona, ma anche se fosse diventato
imperatore egli non sarebbe stato sepolto nella Cripta dei Cappuccini a Vienna.
Voleva riposare accanto all’amata moglie e quest’ultima era soltanto contessa,
appartenente a una delle più antiche famiglie della nobiltà ceca, e come tale,
alla sua morte, non aveva diritto di venire accolta nella cripta imperiale
asburgica.
A
Kierling, pochi chilometri da Vienna, c’era un sanatorio dove, il 3 giugno
1924, morì Franz Kafka, scrittore boemo di lingua tedesca, nato in una famiglia
ebraica (2) della classe media di Praga, la capitale del Regno di Boemia,
allora parte dell'Impero austro-ungarico (3).
Franzk
Kafka, autore di importanti romanzi e racconti come "La metamorfosi",
"Il processo" e "Il castello" è uno dei massimi interpreti
del Novecento. Esponente del romanzo esistenzialista e del realismo magico
europeo, i suoi libri racchiudono gli incubi e i dolori di una vita drammatica,
piena di angosce e conflitti con il padre e le donne.
Kafka
giunse a Kierling sperando che la tranquillità e l’aria del posto lo aiutassero
a guarire da una brutta tubercolosi, ma ormai il suo gracile e debilitato
fisico non resse all’acuirsi della malattia. Il suo corpo fu riportato a Praga,
dove venne cremato l'11 giugno 1924 e sepolto nel nuovo cimitero ebraico di
Praga. Una lapide alla base della stele funeraria commemora le tre sorelle
dello scrittore, morte nei lager nazisti fra il 1942 e il 1943.
Vienna
Vienna
non è Vienna senza il Danubio, il Danubio senza Vienna non è il Danubio. Un
legame fortissimo e intenso, una storia intrecciata e indissolubile. La città è
stata per secoli la città più grande e più importante situata lungo il corso
del fiume, ma oggi essa deve contendere il primato con altre capitali europee
bagnate dal fiume. Il Danubio ha permesso alla città di aumentare l'importanza
economica e oggi il fiume è un'importante rotta commerciale tra Oriente e
Occidente. Per ridurre gli effetti negativi delle alluvioni, il fiume è stato
artificialmente regimentato, perdendo però il vecchio fascino e la bellezza che
lo ha sempre contraddistinto negli ultimi secoli.
La
città, che ha vari esempi d'architettura barocca, rinascimentale e imperiale e
può essere indicata come culla dello stile Jugendstil,
è rappresentata per oltre la metà da spazi verdi tra parchi, giardini e boschi,
che diventano luoghi di svago e di aggregazione sociale. Dopo le gravissime
distruzioni subite durante la seconda guerra mondiale, il suo patrimonio
edilizio e monumentale è stato degnamente ricostruito e potenziato.
Il
Danubio, nell’ultima metà del secolo scorso, non ha avuto bisogno di visti e
restrizioni per superare la “cortina di ferro” e raggiungere quei Paesi
dell’Europa orientale controllati dall’Unione Sovietica.
È il caso di Bratislava, Pressburg fino al 1919, prima
città che il Danubio incontra nei territori dell’ex cortina. Dopo l'occupazione
turca di Buda, nel 1536 Pressburg divenne la capitale dell'Ungheria. Durante più di duecento anni vennero incoronati
nel Duomo gotico di San Martino undici monarchi. Tra i sovrani incoronati, la
più famosa è stata sicuramente l'imperatrice Maria Teresa d’Asburgo, che spesso risiedeva a Presburg. Sotto il
suo regno la città si destò e conobbe il suo periodo più fiorente. L'aspetto
della città cambiò notevolmente, con la costruzione di sontuosi palazzi che
ancora oggi possono essere ammirati. In questo periodo la città fu frequentata
anche da famosi personaggi della musica,
come ad esempio Haydn, Mozart, Beethoven e più tardi anche da Listz. Nel XIX
secolo la città di Pressburg fu testimone di alcune importanti vicende
storiche. Nel 1805 dopo la battaglia dei tre imperatori presso Austerlitz
(l'attuale Slavkov nella Boemia) fu firmata nella sala degli Specchi del
palazzo Arcivescovile la pace tra Napoleone Bonaparte e l'Imperatore austriaco
Francesco I (detta appunto Pace di
Pressburg). Il 1° gennaio 1919 la città, con il
nome slovacco di Bratislava,
entrò a far parte della nuova Cecoslovacchia. Ma solo nel 1968 Bratislava divenne
la capitale della Slovacchia, ai sensi della legge che sanciva la
Cecoslovacchia come una federazione di due repubbliche distinte (la repubblica
Ceca e quella Slovacca). La divisione avvenne poi in modo definitivo il 1° gennaio 1993, quando Bratislava
divenne la capitale dell'indipendente Repubblica Slovacca.
L’antica Pannonia (4), l’Ungheria odierna, della quale
il cancelliere asburgico Hörnigk, sostenitore dell’economia
mercantilistica, voleva fare nel Settecento il granaio dell’impero. Il giallo
dei girasoli e del granturco si sparge sui campi che fiancheggiano la discesa
del Danubio verso il Mar Nero. Questo paesaggio magiaro, secondo molti storici
e politici, sarebbe già Oriente, ricordo di steppe asiatiche, di unni o seguaci
della Mezzaluna. Ma probabilmente non è così chiaro. Entrando nella pianura
ungherese ci si addentra certo in un’Europa un po’ diversa e altra, in un
crogiolo composto di elementi diversi da quelli che impastano l’argilla
occidentale. Basti leggere il post di cui alla nota n. 5. Spesso, nella storia
ungherese, la scelta tra oriente e occidente è stata spesso un’imposizione,
dalla conquista turca al dominio asburgico al blocco sovietico. L’attuale
Ungheria è una terra nella quale si sono stratificate, mescolate e depositate
ondate di invasioni e di stirpi diverse. Le migrazioni di popoli spesso
devastano, ma anche possono civilizzare e produrre promiscuità e mescolanza. Alla
fine del Settecento, con la progressiva ritirata della potenza ottomana, il
dominio austriaco si afferma in tutto il paese. Gli Asburgo non applicano il
modello assolutista centralista di Napoleone, ma amministrano piuttosto la
resistenza che il sistema medievale oppone allo stato moderno.
Il Danubio infila le città una dietro l’altra: Gyor è
una bella città e le vie antiche conducono sulla Raba, un affluente del
Danubio; Komarno, che si trova sulla sponda slovacca è comunque un piccolo
concentrato della tradizione magiara, con statue e targhe che ricordano
illustri uomini ungheresi; a Esztergom, in italiano Strigonio, forte militare
di Solva di epoca romana, Geza, principe degli ungari giunti dalle steppe
russe, decise di stabilirsi e lì nacque suo figlio, Stefano il Santo, primo re d’Ungheria;
Vác, cittadina molto bella e ricca di
ricordi di guerre e invasioni, come gran parte delle città ungheresi, cadde in mano
ai turchi, i quali, prima di andarsene, la rasero completamente al suolo,
lasciando fuori dal terreno solo una torre delle mura civiche che ancora è
visibile, oggi chiamata "torre aguzza". Dopo la cacciata dei turchi,
Vác si trasformò, grazie all'opera del vescovo italiano Cristoforo Migazzi in
una bella città barocca e tale è tuttora; Szentendre è una Montmartre del
Danubio, che esalta i colori delle case e dei pittoreschi vicoli che scendono
dolcemente verso il fiume. La cittadina ha un’impronta lasciata dai serbi,
intraprendenti mercanti, alla quale diedero floridezza e agiata eleganza,
chiese barocche, rococò e classicheggianti, case patrizie e armonia delle
piazze.
Budapest
Per
molti turisti Budapest è la città più bella del Danubio. Certo, meno imperiale
e signorile di Vienna, ma più moderna e “spregiudicata”, cresciuta molto
economicamente dopo la caduta del regime nel 1989. Budapest è
una maestosa ed elegante città formata da Buda e Pest, divise dallo scorrere
del Danubio. È una capitale nello stile dell'antica Mitteleuropa così come
Vienna e Praga. Budapest fu un'antica colonia romana e gli stessi romani furono
i primi a sfruttare le 123 sorgenti termali che si trovano nella ragione, molte
delle quali sono ora delle terme pubbliche e rappresentano ancora una delle
caratteristiche di questa capitale. La sua posizione lungo le rotte tra
occidente ed oriente, oltre che avvantaggiarla negli scambi commerciali, è
stata il motivo delle numerose invasioni e guerre che si sono combattute in
passato. Distrutta molte volte nella sua storia, fu conquistata dai mongoli,
dai turchi e dagli austriaci. L’epoca degli Asburgo fu realmente florida per la
città in quanto si costruirono numerose chiese ed edifici pubblici. Nel 1784
Giuseppe II fondò un'università a Budapest e, nel 1849, si inaugurò il
primo ponte permanente sul Danubio, il famosissimo Ponte delle Catene. L'Ausgleich significa compromesso ed è stato utilizzato per
indicare l'Österreichisch-Ungarischer Ausgleich (il compromesso
austro-ungarico), la riforma costituzionale promulgata il 12 giugno 1867 dall'imperatore
d’Austria Francesco Giuseppe, con la quale l’Ungheria otteneva una condizione
di parità con l'Austria all'interno della monarchia asburgica, segnando il
passaggio all'Impero austro-ungarico. Da quell’anno iniziò
un’epoca d’oro per la capitale e per la nazione ungherese.
Poco prima
di entrare in Serbia, il Danubio bagna una città, Baja, il
cui nome,
di origine turca, deriva da quello della famiglia aristocratica del luogo,
proprietaria dei terreni sui quali fu costruita. Baja è stata fondata
presumibilmente nel XIV secolo e crebbe d'importanza durante la dominazione
ottomana, tanto da ottenere lo status di città nel 1696. La popolazione era in
maggioranza serba e bosniaca e con l'arrivo degli Asburgo venne colonizzata da
famiglie tedesche. La vicinanza del Danubio favorì il commercio, soprattutto di
vino che veniva esportato in Austria.
Quando esce
dall’Ungheria, il fiume segna per lunghi tratti il confine tra la Croazia e la
Serbia. Qualche chilometro dopo Vukovar, che vide danneggiati molti suoi
monumenti storici durante la guerra nell’ex Jugoslavia, tra
cui il castello della famiglia Eltz del XVIII secolo e un monastero
francescano, il Danubio lascia il confine tra i due stati a Bačka Palanka e
si inoltra decisamente in territorio serbo. Novi Sad, capoluogo della
Voivodina, detta l’Atene serba, è stato importante crocevia di popoli, sia per
ragioni storiche sia politiche. Venne fondata prima dai Celti e poi dai Romani,
quindi, in diverse epoche dai Bizantini, dagli Unni, dagli Ostrogoti e dai
Franchi. Fin oltre la metà del 1600 la regione venne dominata dall’Impero
Ottomano, per poi diventare possedimento degli Asburgo. La Voivodína,
colonizzata dai tedeschi e da Maria Teresa d’Austria, è un'area multietnica,
infatti è divisa tra diversi differenti gruppi etnici, dei quali quello
maggioritario è costituito dai serbi, circa il 70%. La grande diversità
culturale e linguistica si accompagna a un elevato livello di tolleranza tra le
varie culture ed etnie.
Belgrado
Siamo quindi a
Belgrado, capitale della Serbia, che si trova nel punto di confluenza tra i
fiumi Sava e Danubio. La città è stata tante volte distrutta e ricostruita,
cancellando le tracce del suo antico passato. Anch’essa, come molte altre
località della regione, ha vissuto diverse dominazioni ed ha subito profonde
trasformazioni durante i secoli.
Singidūn, appellativo di origine
celtica, è stato il primo nome di Belgrado, citato per la prima volta nel 279
a.C. Fu poi trasformato dai Romani in
Singidunum, per poi diventare Alba Bulgarica, nel periodo in cui i
Bulgari dominarono i territori serbi. Il nome
Beograd, letteralmente
città
bianca, fu imposto alla città da Papa Giovanni VIII.
Durante l'occupazione ottomana la città era detta Darülcihad.
Prinz-Eugenstadt fu il nome di Belgrado durante l'occupazione tedesca
nella seconda guerra mondiale.
C’è un aliscafo che parte da Belgrado per dirigersi
alle Porte di Ferro, confine con la Romania. Scendendo il Danubio si incrociano
le coste dove una lapide ricorda le campagne di Traiano contro i Daci del re
Decebalo. La gigantesca diga, che produce una grande quantità di energia
elettrica, ha modificato il paesaggio e cancellato molte tracce del passato,
tra cui l’isoletta di Ada Kaleh, abitata da una popolazione turca, con i suoi
caffè e una moschea. Alle Porte di Ferro, il generale romano Gaio Scribonio
Curione diceva di provare ripugnanza ad addentrarsi nelle cupe foreste oltre il
Danubio. In questa zona, presso la città di Drobeta-Turnu Severin, venne edificato
il Ponte di Traiano, un
ponte fortificato, il primo mai posto in opera sul basso corso del Danubio. Per
più di mille anni fu il più lungo ponte ad arcate mai costruito al mondo, sia
in termini di lunghezza totale che di larghezza delle sue campate. Fu opera
dell'architetto Apollodoro di Damasco, che lo realizzò nel corso della campagna
che portò Traiano alla conquista della Dacia.
Il Danubio segna
ora il confine per molti chilometri tra la Bulgaria e la Romania. Sul suo lento
scorrere si affacciano diverse località che presentano diversi motivi di
interesse, tra cui le bulgare Belogradčik,
con le sue rupi che si fondano con i bastioni della vecchia fortezza turca,
e Vidin. Le rive del Danubio raccoglievano, portate dalle ondate migratorie che
si susseguivano nei millenni, le genti più disparate e Vidin era formato da
vicoli e passaggi in galleria della storia. Lì c’erano ragusei, albanesi, esuli
curdi, drusi, zingari, greci, armeni, ebrei spagnoli e soprattutto tartari. Se
molte famiglie bulgare russofile si erano recate in Bessarabia (5) e in Crimea,
in Bulgaria si trasferirono tartari e circassi riluttanti al dominio dello Zar.
Il crogiolo bulgaro è ben più antico di queste miscele balcanico-caucasiche ed affonda
le sue radici nello scontro fra la civiltà agricola del Sud-est e gli invasori
nomadi delle steppe. La Bulgaria è un nucleo essenziale della grande Slavia ed
è il territorio nel quale si costituisce la lingua paleoslava di Cirillo e
Metodio.
A Nicopoli e
Ruse, due realtà della Bulgaria sul Danubio, i Goti, tribù germaniche
orientali, con il vescovo Wulfila, tradussero la Bibbia in gotico che segnò
l’inizio delle letterature germaniche. Da queste rive partì in certo modo il
germanesimo, la sua marcia verso occidente, che tanti secoli più tardi si
sarebbe nuovamente rivolta verso Est, incalzata da altre migrazioni epocali. Ruse,
una piccola Vienna, in particolare, era sino al ventennio fra le due guerre
mondiali la più ricca città bulgara, nella quale era stata fondata la prima
banca. Durante l’ultimo periodo del dominio ottomano, sbarcarono qui i patrioti
ed i rivoluzionari che si organizzavano in Romania, animati e guidati da
un’eroica donna bulgara, anima della cospirazione patriottica. Sempre a Ruse,
il 25 luglio 1905 nacque lo scrittore Elias Canetti, vincitore del premio Nobel
per la letteratura nel 1981.
Adamclisi, in
Romania, è il luogo dove l’imperatore romano Traiano costruì un monumento per
celebrare la vittoria contro i daci e i sarmati. Di quel monumento rimane solo
la base cilindrica e un edificio costruito nel 1977, con il quale i romeni
hanno inteso ricordare Decebalo, il re dei daci, che la nazione romena annovera
tra i suoi eroi.
Tulcea
Lentamente il
Danubio si dirige verso il Mar Nero, secondo alcuni un enorme stagno opprimente
e “nero”, per altri semplicemente un luogo balneare e turistico. Costanza,
l’antica Tomi, è stato il luogo dell’esilio del poeta romano Ovidio. Poco più
oltre a occidente si stende il Bărăgan, la steppa romena, luogo di desolazione e di esilio, nel quale
vennero deportati gli zingari e, dopo il ’45, i tedeschi di Romania. L’isola di Brăila
è lunga 60 km ed è formata dalla divisione fra il braccio principale del
Danubio e il Danubio vecchio. A Brăila il fiume si ricompone, unitario e
possente, per fornire acqua e maestosità al suo porto fluviale operoso e soprattutto
a quello di Galati, detta l’Amburgo del Danubio.
Tulcea, l’ultima
città di terraferma nel delta del fiume, anche se la piccola Sulina con il suo faro è quella
più orientale, venne fondata nell'VIII secolo a.C. con
il nome di Aegyssos.
Il delta, oltre che canali, acquitrini, pantano, uccelli
e animali acquatici, odori, afa, capanne, piccoli villaggi, è anche un bacino
di popoli e genti, come se il Danubio portasse a mare e spargesse intorno a sé
detriti di secoli e di civiltà, frammenti di Storia.
Ma dove finisce
il Danubio? Non c’è una fine. I rami del fiume se ne vanno ognuno per conto
proprio, muoiono quando gli pare, uno un po’ prima e uno un po’ dopo, come il
cuore o i capelli, perché il Danubio è dappertutto e anche la sua fine è
dovunque in ognuno dei 4300 chilometri quadrati del delta.
Beniamino
Colnaghi
Note
e fonti
Claudio
Magris, Danubio, Garzanti Editore, ottobre
1986
Enciclopedia
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