domenica 21 luglio 2013

Il brianzolo Egidio Brugola


Egidio Brugola (Lissone, 1901 - 1958) fu l'inventore delle viti e delle chiavi che presero il suo nome, nonché fondatore delle omonime officine.

Set di chiavi a brugola

Il suo cognome si trova anche sui dizionari della lingua italiana. Alla voce «brugola», lo Zingarelli recita: «Vite con testa a incavo esagonale, dal nome del suo produttore, Egidio Brugola».
Esiste, infatti, il signor Brugola: come Biro, Gillette e Diesel, è uno dei pochi ad aver dato il proprio nome a un oggetto di uso comune.
Giannantonio Brugola, 60 anni, figlio di Egidio, è il presidente della Oeb, un' azienda con sede a Lissone, Lisôn, che ha conquistato il mondo della bulloneria, in particolare nel settore delle viti per i motori.

Una foto della vecchia Lissone

Negli ultimi tempi alla Oeb c' è un motivo in più per festeggiare: l' azienda ha appena riportato una vittoria importante, che Brugola riveste di contorni patriottici (non a caso negli stabilimenti sventolano i tricolori). «Italia batte Germania due a zero» ride soddisfatto. Nel ' 93 Brugola ha infatti brevettato una vite nuova, la «Polydrive», che presenta una testa con una forma evoluta di esagono. In sostanza, permette un maggior serraggio con uno sforzo minore. Non solo: la vite può essere utilizzata, quasi con la stessa efficacia, anche con una «classica» chiave brugola. «Ebbene, i nostri acerrimi nemici tedeschi hanno cercato di impedirci di ottenere il brevetto europeo - spiega Brugola -. La commissione d' appello ha dato ragione a noi. Ma non è finita: i tedeschi, poi, ci hanno copiato la Polydrive. Ma se ne usano anche una sola, chiederò 20 milioni di euro di richiesta danni per motore»1.

La storia della dinastia della brugola inizia nel 1926 quando la Oeb viene fondata da Egidio, quello che i dizionari considerano l' inventore della vite esagonale. «In realtà non è proprio così - precisa Giannantonio, che ha dovuto iniziare a occuparsi dell' azienda a 16 anni, alla morte del padre -. La vite che adesso chiamiamo brugola esisteva già all' inizio del secolo scorso. Ma è stato mio padre, nel ' 45, a brevettare una forma di brugola con un gambo a "torciglione" che assicurava una particolare elasticità. Era così rivoluzionaria che fu utilizzata 40 anni dopo»2.
Genialità, amore per l' innovazione e la tecnologia, spirito pionieristico, qualità assoluta sono alcune delle parole che spiegano il fenomeno brugola. Ma sono anche sinonimo di un impegno che si traduce, ogni anno, in un investimento minimo del 10-15% del fatturato. Una genialità che ha fatto conquistare il 23% della produzione mondiale di viti «testata» e una serie di prestigiosi riconoscimenti di qualità ricevuti dalle case automobilistiche. E che ha consentito, alla Oeb, di diventare unico fornitore dei motori prodotti in Europa dalla Ford, oltre che di alcuni tipi della Volkswagen e, presto, del 5 cilindri della casa tedesca. Insomma, oggi al mondo circolano diverse milioni di auto con motori assemblati da viti brugola. E adesso c'è la nuova vittoria contro i tedeschi. Soddisfazione non basta a spiegare lo stato d' animo di Brugola: «Sì, sono felice, ma non per motivi economici: è che la Polydrive è come un figlio per me. Inoltre i tedeschi ci trattano sempre con una tale spocchia... Ma questa volta la figura dei cioccolatai l'hanno fatta loro»3.
 
 
Lapide posta nello stabilimento Officine Egidio Brugola a ricordo di alcuni lavoratori trucidati dai nazifascisti nel 1944 (Fonte www.anpi-Lissone)
 
Italiano atipico dal nome di origine fiamminga (come i pittori Bruegel) che ama l' Italia come pochi, parla correntemente 5 lingue, «germanista» che da giovane traduceva i classici tedeschi e ora con i tedeschi «combatte», Brugola è anche un grande appassionato di auto: «Non posso realizzare la loro forma, così contribuisco a formarne il cuore»4.

Beniamino Colnaghi

Note
1 - 4) Corriere della Sera, intervita del 19 marzo 2003, p.54.

giovedì 4 luglio 2013

La grande storia d’amore tra Olga e Luís Carlos


Nata il 12 febbraio 1908 in una colta e facoltosa famiglia ebraica di Monaco, Olga Benario racconterà di essere diventata una convinta rivoluzionaria leggendo delle ingiustizie che emergevano dalle carte processuali su cui lavorava il padre, Leo Benario, avvocato e socialdemocratico tedesco. Nel suo studio legale di Karlplatz il padre riceveva tanto la ricca clientela della borghesia cittadina, quanto modesti operai bavaresi che egli difendeva gratuitamente. Olga proverà sempre un grande affetto per il padre, anche se lo considererà troppo moderato rispetto ai suoi ideali rivoluzionari.

Olga Benario
Fonte Wikipedia.org. Questa immagine è nel pubblico dominio perché il relativo copyright è scaduto.

Ideali che condividerà, invece, con lo scrittore Otto Braun, con il quale si trasferirà a Berlino diventando, a soli 17 anni, segretaria del partito comunista, dichiarato illegale, nel popolare quartiere di Neukoelln. L'attività di Olga era quella consueta di ogni militante: stampe di ciclostili, volantinaggi, picchetti alle fabbriche in sciopero, manifestazioni, la lettura dei classici del marxismo e le riunioni con i compagni fino a notte nella birreria Müller della Zietenstrasse. La frequentazione degli ambienti intellettuali berlinesi la portò ad un impegno sempre più totalizzante fino a quando, nel 1928, si rese protagonista di uno spettacolare assalto nell'edificio della Corte penale di Moabit, quartiere di Berlino per aiutare a fuggire Otto Braun e altri compagni, incarcerati per alto tradimento. Otto e Olga stettero nascosti per qualche tempo a Berlino per poi, in auto e con falsi documenti, espatriare prima in Polonia e successivamente raggiungere in treno l'Unione Sovietica. 
A Mosca Olga ricevette il nuovo nome di Olga Sinek, entrò a far parte del Comitato centrale della gioventù comunista internazionale e di un’unità regolare dell’Armata Rossa, imparando ad usare le armi, a cavalcare, a pilotare aerei ed a lanciarsi col paracadute. 
La sua segreta speranza fu sempre quella di tornare prima o poi in Germania. Questo obiettivo la portò ad accettare con entusiasmo le varie missioni all’estero che le venivano affidate anche grazie alla conoscenza di quattro lingue e alla sua brillante intelligenza. Ma quando le venne chiesto di assumere un impegnativo incarico in America Latina, la sua emozione fu rivolta soprattutto all’incontro con quel mitico brasiliano che era riuscito a convincere l’Internazionale comunista che i tempi erano maturi per esportare la rivoluzione in quel continente.

Luís Carlos Prestes 
Fonte Bundesarchiv (Archivio Federale Tedesco) su Wikipedia.org
 
Giunto a Mosca tre anni prima, Luís Carlos Prestes era famoso come capitano della “Coluna invicta”, ovvero un contingente di 1200 uomini, tutti disertori, che per circa tre anni guidò attraverso alcuni stati brasiliani, percorrendo a piedi 25mila chilometri e fronteggiando coraggiosamente l’esercito. Tuttavia, l'obiettivo di sollevare le masse contadine contro la dittatura del presidente Artur da Silva Bernardes e rovesciarne il regime fallì.

Quando la notte del 29 dicembre 1934 il capitano Luis Carlos Prestes incontrò alla stazione di Mosca l’agente segreta Olga Sinek, incaricata dal Comintern di fingersi sua consorte e accompagnarlo in Brasile per una missione che ha come obiettivo l’insurrezione popolare contro la dittatura di Getúlio Dornelles Vargas, la sua imperturbabilità vacillò. Olga era una donna molto bella: occhi chiarissimi e magnetici, esaltati da una chioma di capelli corvini, affascinante e intelligente, un corpo longilineo, più alta di lui. 
In quel treno per Leningrado ha inizio un viaggio che li condurrà attraverso molte capitali europee, molteplici  travestimenti e altrettanti cambi di identità. L’8 marzo 1935 il console del Portogallo in Francia li fornì di falsi documenti intestati al commerciante di Lisbona Antônio Vilar e a sua moglie Maria Bergner. Tornati a Parigi chiesero e ottennero dall'ambasciata americana il visto d'ingresso per gli Stati Uniti: curiosamente, dovettero, come d'obbligo, sottoscrivere la dichiarazione di non essere comunisti. Era ormai arrivato il momento di lasciare la vecchia Europa e da Brest i coniugi Vilar s'imbarcarono per New York. Quel viaggio ebbe almeno un successo garantito: la mattina del 26 marzo 1935, quando il transatlantico Ville de Paris attraccò a New York, Antônio Vilar e Maria Bergner, alias Luis Carlos e Olga, non sono più una coppia di copertura, ma si amano davvero.  Dopo alcuni giorni di sosta a New York i Vilar si trasferirono a Miami da dove raggiunsero dapprima il Cile e poi l’Argentina. A Buenos Aires i due viaggiatori “portoghesi” ottennero il visto d'ingresso per il Brasile. 
In Brasile, già dalla seconda metà del 1934, un piccolo numero di accademici e di militari fondò la Aliança Nacional Libertadora (ANL) il cui programma di base aveva come punti principali la sospensione del debito estero del paese, la nazionalizzazione delle imprese straniere - numerose in Brasile, specialmente statunitensi e inglesi - la riforma agraria, una politica economica a favore dei piccoli proprietari terrieri e delle medie imprese, l'attuazione delle più ampie libertà democratiche e la costituzione di un nuovo governo che questo programma intendesse realizzare. Nei primi di maggio del ‘35, nel corso di una manifestazione tenuta a San Paolo, fu data lettura di una lettera di Luís Carlos Prestes, nella quale egli, dopo aver ricordato la sua esperienza in Unione Sovietica dove aveva contribuito alla edificazione del socialismo, dichiarava di riconoscere alla ANL un carattere «antimperialista, combattivo, rivoluzionario» e rivolgendosi «agli operai, ai contadini, ai soldati e marinai, agli studenti, agli intellettuali onesti, alla piccola borghesia delle città e a tutti quelli che soffrono per la situazione di miseria e di fame», li chiamava «a lottare per la liberazione nazionale del Brasile [...] per farla finita con il regime feudale e per difendere i diritti democratici sempre più soffocati dalla barbarie fascista o fascistoide»1.

Il presidente del Brasile Vargas ed il presidente americano Roosevelt
Foto nel pubblico dominio

Le sollevazioni popolari, appoggiate da pochi gruppi di ufficiali e militari, furono facilmente soffocati dall’intervento delle truppe governative. La rivolta di novembre 1935 venne soffocata nel sangue. Seguirono gli arresti degli ufficiali rivoltosi e in pochi giorni migliaia di dirigenti, di iscritti e di simpatizzanti dell'ANL e del Partito comunista finirono in carcere. Non Olga e Luís Carlos. Mentre i servizi segreti inglesi e americani collaboravano con il regime di Vargas cercando di ricostruire i movimenti e le reali identità degli stranieri implicati nella rivolta, la polizia brasiliana torturava i prigionieri per farsi indicare il nascondiglio dei capi dell'ANL. La notte del 5 marzo 1936 centinaia di soldati e poliziotti cominciarono una sistematica perquisizione di tutte le case nel popolare quartiere Méier di Rio de Janeiro. Olga e Prestes furono scoperti e condotti alla sede centrale della polizia. Qui furono separati e, senza che lo sapessero, da allora non si sarebbero più rivisti. Durante i primi interrogatori, Olga sostenne di chiamarsi Bergner, di essere belga di origine e ora brasiliana in virtù del suo matrimonio con Luís Carlos Prestes. La maggiore preoccupazione di Olga era quella di non rivelare le sue origine tedesche per evitare di essere estradata nella Germania nazista. Ma l'ambasciatore brasiliano a Berlino, attraverso la Gestapo, scoprì la sua vera identità. Trasferita in carcere con altre detenute, in aprile si accorse di essere incinta. Tuttavia la prospettiva dell'espulsione di Olga dal Brasile quale soggetto indesiderabile e la sua conseguente consegna alle autorità naziste si faceva molto concreta, stante la decisa volontà in tal senso del dittatore Vargas, il quale sperava così di costruire un’alleanza con Hitler. 

Olga Benario durante la prigionia
Fonte Bundesarchiv (Archivio Federale Tedesco) su Wikipedia.org

Nel settembre 1936 Olga fu imbarcata sulla nave La Coruña, ancorata nel porto di Rio e battente bandiera del Terzo Reich. Olga, al settimo mese di gravidanza, è dapprima rinchiusa nel carcere femminile di Barnimstrasse 15 a Berlino dove, a novembre, partorisce la figlia Anita Leocádia Prestes, in onore di Anita Garibaldi. La bambina, all’età di un anno, venne affidata alla nonna paterna la quale la mise in salvo dapprima a Parigi per poi portarla in Messico. Sapendo che sarebbe arrivata molto presto la sua fine, Olga scrisse un’ultima lettera a sua figlia ed al suo compagno:

« [...] Cara Anita, amore mio caro, mio Garoto, piango sotto le coperte perché nessuno mi senta, perché oggi sembra che non avrò la forza di sopportare una cosa così terribile. Ed è proprio per questo che mi sforzo di dirvi addio adesso, per non farlo nelle ultime e difficili ore. Dopo questa notte, voglio vivere per il breve futuro che mi resta. Da te ho imparato, caro, cosa significa la forza di volontà, specialmente se emana da fonti come la nostra. Ho lottato per ciò che c'è di più giusto e di più buono e di migliore al mondo. Ti prometto adesso che fino all'ultimo istante non dovrai vergognarti di me. Spero che mi capiate: prepararmi alla morte non vuol dire che mi arrendo, ma che saprò affrontarla quando arriverà [...] Conserverò fino all'ultimo momento la voglia di vivere… ».2

Olga Benario entrò nella camera a gas di Bernburg il 23 aprile 1942. Luís Carlos Prestes seppe della morte di Olga nel mese di luglio del ’45 quando, liberato dal carcere per effetto di un'amnistia, stava tornando a Rio de Janeiro da una manifestazione politica tenuta a San Paolo.

Per chi voglia conoscere l’appassionante e intensa storia di Olga Benario “Sinek”, consiglio il coinvolgente libro di Fernando Morais, Olga. Vita di un'ebrea comunista, Il Saggiatore.

Beniamino Colnaghi

Note e bibliografia
1 Fernando Morais, Olga. Vita di un'ebrea comunista, Milano, Il Saggiatore, 2005, p. 80.
2 F. Morais, op.cit., pp. 259-260.
Alessandra Orsi, Una comunista in dono a Hitler, Diario, Memoria, 2005, anno V n.1, pp. 130-132.