giovedì 21 febbraio 2019

Josefov, le “pietre d’inciampo” del quartiere ebraico di Praga

Praga, la capitale della Repubblica Ceca, ha avuto, ed in parte ha tuttora, una delle più antiche comunità ebraiche in Europa, documentata già a partire dal X secolo. Il quartiere ebraico di Praga, come forse tutti i quartieri ebraici del mondo, non ha una storia propriamente felice: questo era il luogo dove tutti gli ebrei, per molto tempo perseguitati, si rifugiavano in edifici tetri e vicoli stretti e angusti, cercando di resistere a una vessazione dietro l’altra. Fu nel 1784 che le cose iniziarono a migliorare: l’imperatore Giuseppe II attuò misure volte all’attenuazione delle persecuzioni verso la comunità ebraica, e questi atti portarono ad adottare il suo nome per l’intero quartiere (Josefov, appunto). Da quel momento e per tutto il secolo successivo molti ebrei osarono uscire dal ghetto, che fu anche massicciamente ristrutturato e abbellito. Nonostante altri episodi terribili, la comunità si espanse e migliorò la propria condizione economica e sociale, finché non arrivò Hitler e la massiccia deportazione nei campi di sterminio.
Entrando da Pařížská, la via delle boutique e delle grandi firme della moda e del lusso, che collega la piazza della Città Vecchia, Staré Město, a Josefov, si incrocia per prima la Sinagoga Vecchio-Nuova, costruita alla fine del XIII secolo, la più importante del quartiere ebraico di Praga. Leggermente scostato dalla sinagoga si trova il Vecchio Municipio del quartiere ebraico, ora sede del Consiglio delle comunità ebraiche del Paese, e, più di lato, la Sinagoga Pinkas, nella quale le pareti interne portano segni indelebili di un’epoca tragica per gli ebrei e l’Europa, perché su di esse, negli anni ’90, sono stati scritti a mano migliaia e migliaia di nomi a caratteri finissimi: quelli dei circa 80.000 ebrei cechi e moravi che, vittime della Shoah, persero la vita nel tristemente famoso campo di Terezín. Al primo piano della stessa è ospitato il Museo dei Bambini, con la mostra “I disegni dei bambini di Terezín del 1942-44”, con la collezione di disegni degli oltre 10.000 bambini sotto ai 15 anni che furono fatti prigionieri. Poco più avanti si trova il Vecchio Cimitero di Josefov, Starý Židovský Hřbitov, è il più antico cimitero ebraico d’Europa conservatosi intatto fino ad oggi, ed è sicuramente uno dei luoghi più significativi di Praga. Franz Kafka non è sepolto qui ma nel Nuovo Cimitero Ebraico, nel quartiere di Žižkov.
Proseguendo la passeggiata nel quartiere vale la pena visitare anche la Sinagoga Spagnola, un altro edificio religioso di grande pregio. Costruita nel 1868, seguendo proprio lo stile Moresco, si chiama così perché nella Scuola Vecchia, che sorgeva proprio in questo luogo, si era rifugiata la comunità degli ebrei cacciati dalla Spagna da Isabella di Castiglia, a partire dal 1400. Furono proprio loro a costruire la Sinagoga Spagnola quando la comunità si fece sempre più grande ed ebbe quindi bisogno di spazi più ampi.
Gran parte della riqualificazione in stile rinascimentale del quartiere ebraico di Praga è dovuta a un certo Mordechai Maisel che, alla fine del 1500, finanziò la costruzione della sinagoga che oggi porta il suo nome. Anche questa fu comunque pesantemente danneggiata durante l’incendio del 1689, per cui subì diversi rifacimenti in tempi successivi. In questa che era stata concepita come sua sinagoga privata, Maisel introdusse col tempo tantissimi oggetti di culto preziosi, molti dei quali vennero trafugati dai nazisti nel corso della Seconda guerra mondiale. Oggi, la sinagoga ospita una collezione del museo chiamata “La storia degli Ebrei in Boemia e Moravia dal X al XVIII secolo”. 

Ebbene, passeggiando e visitando il quartiere, non è raro, anzi, è molto diffuso, imbattersi nelle “pietre d’inciampo”, i cubetti di pietra ricoperti di ottone lucente, poste davanti alla porta della casa nella quale ebbe l’ultima residenza una persona deportata nei campi di sterminio nazisti. Con la loro posa, si intende così mantenere viva la memoria delle vittime di tutte le deportazioni e allo stesso tempo sensibilizzare chi passa a riflettere su quanto accaduto in quel luogo e in quella data, per non dimenticare. L’iniziativa è partita nel 1992 grazie all’artista tedesco Gunter Demnig e, ad oggi, sono più di 70mila i cubetti posizionati in Europa.  

Nessuno inciampa su di essi. Non creano alcun disturbo
e le persone spesso ci passano sopra senza accorgersene.
È il ricordo ad incespicare e sulle pietre inciampa solo la memoria. 

Così, durante un paio di mattinate fresche e assolate, ho percorso palmo a palmo le strade e i vicoli di Josefov, alla ricerca delle “pietre”, contribuendo così a far conoscere e scrivere un’ulteriore pagina della storia della più grande tragedia che il Novecento abbia vissuto. Tragedia che colpì duramente anche questa meravigliosa città.
Di seguito vengono pubblicate alcune fotografie da me scattate nei giorni 15 e 16 febbraio.
Cliccare sulle foto per ingrandirle.
 

 

 

 
 

 

 
Beniamino Colnaghi 
 
Su questo blog sono presenti parecchi articoli che trattano la presenza degli ebrei a Praga ed in Boemia, tra i quali si segnalano:
4) Gli ebrei nelle terre orientali dell'Impero austro-ungarico: https://colnaghistoriaestorie.blogspot.com/2015/12/gli-ebrei-nelle-terreorientali.html

 

lunedì 4 febbraio 2019

Cinque "pietre d'inciampo" posate a Verderio in memoria della famiglia Milla 

Domenica 3 febbraio, di fronte al cancello d'ingresso dell'edificio denominato Aia, a Verderio, sono state posizionate cinque targhe commemorative, "pietre d'inciampo", in memoria di Amelia, Laura, Lina, Ferruccio ed Ugo Milla.


Le 5 pietre d'inciampo (cliccare sulle foto per ingrandirle)

Dall'inizio del 1942 all'ottobre del 1943 abitò a Verderio Superiore, provenendo da Milano, la famiglia Milla, composta da tre sorelle, Laura, Lina, Amelia, e un fratello, Ferruccio.
Nell'ottobre del 1943 tutti i componenti vennero arrestati, in quanto ebrei, da militari tedeschi: prima, a Verderio, toccò a Ferruccio, qualche giorno dopo, a Milano, fu la volta delle sorelle. Con Ferruccio fu arrestato anche il fratello Ugo, che aveva raggiunto i famigliari da non più di due giorni. Fuggirono invece la moglie di quest'ultimo, Lea Milla, e la figlia, Serena, di dieci anni. Il 6 dicembre i cinque arrestati furono deportati al campo di sterminio di Auschwitz, da dove non fecero più ritorno.


 
L'Aia
 
La “pietra d’inciampo” è un piccolo blocco quadrato di pietra (10x10 cm), ricoperto di ottone lucente, posto davanti la porta della casa nella quale ebbe ultima residenza una persona deportata nei campi di sterminio: ne ricorda il nome, l’anno di nascita, il giorno e il luogo di deportazione, la data della morte. Si vuole così mantenere viva la memoria delle vittime di tutte le deportazioni nel luogo simbolo della vita quotidiana, la casa, invitando allo stesso tempo chi passa a riflettere su quanto accaduto in quel luogo e in quella data, per non dimenticare.

Per conoscere nel dettaglio la storia della famiglia Milla, aprire il link sottostante del sito di Marco Bartesaghi: http://bartesaghiverderiostoria.blogspot.com/2009/03/larresto-e-la-deportazione-di-una.html