giovedì 23 luglio 2015

Le terre orientali dell’Impero austro-ungarico
 
“Al vecchio fu chiesta la storia della sua vita. Era nato, disse, a Czernowitz, era andato a scuola a Cerrnauti, aveva lavorato a Chernovitsy, ed era andato in pensione a Cernivtsy. Avete viaggiato molto, disse il suo interlocutore. Per niente, replicò il vecchio. Ho passato tutta la vita allo stesso posto”.
P. Pulzer, Ritorno alla piccola Vienna, Belfagor, vol. 51, 1996

L'Impero austro-ungarico, o semplicemente Austria-Ungheria, nacque nel 1867 con il cosiddetto Ausgleich, il compromesso tra la dinastia degli Asburgo e la nobiltà liberale ungherese. In virtù di questa riforma costituzionale, l'Impero austriaco divenne «monarchia austro-ungarica» che riconosceva l'esistenza di due regni distinti con pari diritti, uniti dalla figura del sovrano e da tre ministeri comuni: guerra, esteri, finanze. Per cui il Regno d'Ungheria si autogovernava e godeva di una sua politica autonoma in molti campi. Gli Asburgo erano, dunque, sia imperatori d'Austria sia re di Ungheria. Per oltre cinquant’anni il confine tra Austria e Ungheria fu costituito dal fiume Leitha, un affluente del Danubio.
Gli storici individuano questo compromesso col nome di Duplice Monarchia.
 
L'Impero austro-ungarico dopo il compromesso

Al Regno d’Ungheria facevano parte territori dell’attuale Romania (Transilvania, Timisoara), il Regno di Croazia e Slavonia, la Vojvodina, la città di Fiume. La parte occidentale della Monarchia comprendeva l’attuale Austria, la città di Trieste, le contee di Gorizia e Gradisca, l’Istria, il Tirolo, il Regno di Boemia e il margraviato di Moravia, la Slesia, la Galizia e la Lodomiria, il ducato della Bucovina e la Dalmazia. All’insieme di questi variegati territori era stato dato il nome di Cisleithania, terra al di qua del Leitha. Queste terre d’oriente, che ricordavano le gesta e la colonizzazione tedesca di Maria Teresa, ma russe per civiltà e stirpe, e quindi lontanissime dalla cultura tedesca, erano un crogiolo di popoli e un punto d’incontro di stirpi. Era quella parte d’Europa che era stata il teatro della secolare missione dell’Austria, colonizzatrice militare ed economica dei paesi posti fra la Russia e la Germania. Un variopinto mondo slavo popola quelle terre: donne che indossano la leggiadra kasabaika, contadini ruteni e fieri huzuli, montanari dei Carpazi, umili astuti ebrei dai lunghi caffetani, haydamak, briganti con le pistole rabescate e il corno con la polvere.

Nel 1871 si registrò il doppio tentativo di trasformare in senso trialistico la Duplice Monarchia: verso sud si tentò di costituire lo “Stato dell’Illiria” comprendente Croazia, Slovenia e Dalmazia, tentativo già intrapreso da Napoleone nel 1809, che però durò solo cinque anni; verso nord vi fu il tentativo di resuscitare il Regno di Boemia, che indusse i cechi a richiedere un’autonomia pari a quella concessa agli ungheresi. I due progetti fallirono a causa delle forti opposizioni interne all’Impero e dei veti incrociati delle altre nazionalità. Tuttavia, di fronte alla crescente potenza germanica e all’espansionismo dell’Impero russo, molti politici e intellettuali di quei territori rimasero convinti della bontà del progetto di riforma dell’Impero asburgico, centrato sulla conversione della Duplice Monarchia in uno stato federale che comprendesse i sudditi slavi e nel quale ogni nazionalità avesse una considerevole autonomia. Il progetto fallì. L'Impero austro-ungarico si dissolse tra il 1918 e il 1919, in seguito ad un lento ma inesorabile declino e al tragico epilogo della prima guerra mondiale. 

 
Il dissolvimento dell’Impero provocò smarrimento di un intero popolo, perdita del senso di appartenenza, scomparsa di un sistema politico e sociale che aveva i suoi usi e costumi, le sue ritualità, le buone abitudini, tutto quel complesso di convenzioni e di modi di esistere che formano una comunità. La riduzione dell’Austria a un paese di sei milioni di abitanti, dai 51 milioni che erano, generò una catastrofe e gettò il popolo, soprattutto la classe media e la piccola nobiltà, nello sconforto e nella perdita dell’identità nazionale, sociale e di casta.  

Questo pezzo intende occuparsi, come anticipato nel preludio, dei territori che stavano a est di Vienna e Budapest, le capitali dei due più grandi stati che formavano la Duplice Monarchia. Le regioni e le province dei confini orientali erano certamente meno importanti, e poco note, rispetto all’Austria ed all’Ungheria, ma, nella loro struttura comunitaria erano presenti secoli di storia e di cultura ed una composizione sociale complessa e variegata. Per meglio comprendere il percorso proposto, si consiglia di seguire la mappa dei territori orientali, qui di seguito pubblicata.

 
Partendo da sud, la prima regione che incontriamo è il Banato, oggi diviso tra Romania (Timisoara) e Serbia (Vojvodina), appartenuto all’Impero ottomano fino al 1718 e ceduto agli Asburgo, che vi trasferirono diverse comunità contadine tedesche. Poco a nord c’è la Transilvania, colonizzata dai tedeschi, in particolare dai sassoni, che la chiamarono Siebenbürgen. Durante tutto il periodo delle riforme, si verificò una costante crescita della popolazione romena e una conseguente diminuzione di tedeschi e magiari.

A nord della Transilvania si trova la Bucovina, la quale venne ceduta all’Austria dall’Impero ottomano nel 1775. Per quanto riguarda l’aspetto etnico, la Bucovina comprendeva ben cinque gruppi etnici, nessuno dei quali tendeva a sovrastare gli altri. A questi gruppi etnici si doveva aggiungere la presenza di numerosi ebrei. Pochi anni prima dello scoppio della prima guerra mondiale, le diverse nazionalità sottoscrissero un compromesso teso a garantire un giusto sviluppo culturale e politico della regione. Dopo il 1918 la Bucovina divenne parte integrante della Romania, ma la sua capitale, Czernowitz, venne occupata dall’Armata Rossa nel 1944 e incorporata nell’Ucraina. Ora si chiama Černivtsi. Sono molteplici le testimonianze sulla pluralità culturale e linguistica di questi territori, nei quali sono nati e cresciuti molti poeti e scrittori di fama. Gregor von Rezzori, forse l’ultimo grande poeta delle province orientali dell’Impero asburgico, coglie, nel suo romanzo Un ermellino (Guanda, 2006), segnali che attestano il vuoto lasciato dalla fine dell’Impero, quali “il giallo e il nero, i colori dell’Austria, ormai sbiaditi sulle insegne delle dogane” o la sostituzione degli zelanti e inappuntabili funzionari asburgici con personaggi spesso dispotici e crudeli.

Spostandosi leggermente verso ovest si incontra la Rutenia subcarpatica. Per lunghi secoli la Rutenia subcarpatica appartenne al Regno d'Ungheria, sotto il quale fu una delle regioni europee economicamente più arretrate. Con la caduta dell'Impero austro-ungarico molti ruteni chiesero l'unione con l'Ucraina, altri invece vollero diventare russi, mentre altri ancora preferirono un'autonomia all'interno dello stato ungherese. Le potenze vincitrici della prima guerra mondiale stabilirono tuttavia l'annessione della Rutenia subcarpatica alla Cecoslovacchia, stato di nuova costituzione, nato dalle macerie della Duplice Monarchia. Nel 1939 la Rutenia proclamò la propria indipendenza. Il 19 marzo 1944 passò sotto l’occupazione tedesca e rimase esposta alle più crudeli atrocità: nel giro di un paio di mesi oltre 100.000 ebrei della regione subcarpatica vennero rastrellati e portati ad Auschwitz. Nell'autunno 1944 la Rutenia venne liberata dai sovietici. Il territorio della Rutenia subcarpatica, già integrato nel dopoguerra nella Repubblica Socialista Sovietica Ucraina, al momento della dissoluzione dell'Urss passò a far parte dell'Ucraina indipendente.

Salendo ancora verso nord si entra in Galizia, una terra di foreste e di stagni. La Galizia, con la prima spartizione della Polonia nel 1772, venne annessa al regno degli Asburgo. Negli anni successivi, sotto Giuseppe II, migliaia di persone, provenienti soprattutto dal Palatinato, immigrarono in Galizia dove si insediarono in villaggi di lingua tedesca. Dopo la terza spartizione della Polonia del 1795, vaste zone della Polonia centrale vennero inglobate alla “terra della corona” con il nome di Galizia occidentale, ma queste, già nel 1809, furono cedute al napoleonico Ducato di Varsavia, il quale nel 1831, dopo il Congresso di Vienna, fu annesso all’Impero Russo.
La Galizia austriaca era estesa molto più ad ovest dell’odierna Ucraina e comprendeva, dal 1846, anche le città di Cracovia, Tarnow e Rzeszow. La capitale del Regno di Galizia e di Lodomeria era Leopoli, ora in Ucraina. Il Regno di Galizia e di Lodomiria era situato in una regione abitata da vari popoli in pace tra loro, ognuno dei quali parlava la propria lingua e praticava la propria confessione religiosa. Vivevano gli uni accanto agli altri polacchi, ucraini, ebrei, tedeschi, ungheresi e armeni, con l’abitudine di coltivare la propria cultura e le proprie usanze.

Leopoli in una foto del 1908

Con il Patto Ribbentrop-Molotov del 1939, la Galizia orientale venne aggiudicata alla sfera di interesse sovietica. Nello stesso patto veniva regolato anche il trasferimento ed il reinsediamento in Germania dei tedeschi di Galizia. Quasi 60.000 tedeschi di Galizia furono trasferiti, con un viaggio di circa 1.000 km, sino ai campi temporanei nella Turingia, Sassonia e nei Sudeti, per poi essere reinsediati nel Warthegau, nella zona di Łódź. Durante l’invasione nazista del giugno 1941 l’esercito tedesco venne accolto in Galizia come liberatore dal dominio sovietico ed alcuni tedeschi di Galizia tornarono nel cosiddetto “distretto della Galizia”. La regione fu riconquistata dall’Armata Rossa nel 1944, gli ultimi tedeschi fuggirono. Il mix secolare di popolazioni, composto da polacchi, ebrei, ucraini, tedeschi, armeni ed altri, venne sostituito da una popolazione etnicamente omogenea.  Oggi, la Galizia austriaca non esiste più; la sua parte orientale appartiene all’Ucraina mentre quella occidentale è entrata a far parte della Polonia.

Subito sopra la Galizia si trova la Volinia che comprende le regioni storiche dell’Ucraina occidentale. L'area è uno dei più antichi insediamenti slavi d’Europa. Ancora più a nord si incontrano la Masuria, oggi regione appartenente alla Polonia nord-orientale, e la Prussia orientale. Per quanto riguarda quest’ultima regione, per approfondimenti, vedasi il post pubblicato su questo blog il 5 maggio 2012(1).

 

Spostandosi verso est si arriva a Vilnius, oggi capitale della Lituania, l’avamposto dell’Europa verso l’Oriente. Città cattolica ma anche giudaica, che gli ebrei chiamavano “la Gerusalemme del nord”, un crocevia di lingue e di culture. Nel secolo scorso fece parte, come molte città di queste terre, di  diversi stati e parlò diverse lingue ufficiali. Questa città non esiste più perché oggi “è sepolta nella lava come Pompei. La maggior parte dei suoi abitanti di allora è stata o assassinata dai nazisti o deportata in Siberia dai russi o trasferita con la forza a occidente, in quei territori dai quali erano stati cacciati i tedeschi”(2). Sviluppandosi velocemente, Vilnius accolse immigrati dall'ovest e dall'est. In città si stabilirono, tra le altre, comunità di polacchi, lituani, bielorussi, ebrei, russi, tedeschi, ruteni, le quali diedero il loro prezioso contributo allo sviluppo della vita cittadina.

A seguito del protocollo segreto allegato al Patto Molotov-Ribbentrop, che divideva l'Europa orientale tra una sfera d'influenza sovietica ed una tedesca, l'Armata Rossa invase la Polonia orientale. Vilnius fu conquistata nel mese di settembre del 1939. Nel giugno 1941 la città fu conquistata dall’esercito tedesco. Nella città vecchia vennero creati due ghetti per la numerosa popolazione ebraica. Gli abitanti del più piccolo furono assassinanti o deportati già nell'ottobre del 1941. Il secondo ghetto sopravvisse fino al 1943, anche se la sua popolazione venne regolarmente decimata per mezzo delle cosiddette Aktionen. Nel complesso, oltre il 90% della locale popolazione ebraica fu assassinata.
Nel 1944 i sovietici conquistarono Vilnius, che fu subito annessa e dichiarata capitale della restaurata Repubblica Socialista Sovietica Lituana. Col crollo dell’Urss, nel 1991 la Lituania proclamò la propria indipendenza.

Beniamino Colnaghi

Bibliografia, sitografia e note
-     Wikipedia enciclopedia libera http://it.wikipedia.org/wiki/Regioni_storiche_dell%27Europa_centrale
-     Wikipedia enciclopedia libera http://it.wikipedia.org/wiki/Impero_austro-ungarico
-     Massimo Libardi, Fernando Orlandi, Mitteleuropa, mito, letteratura, filosofia, Silvy Edizioni, 2011.
-     Claudio Magris. Il mito asburgico, Einaudi, 1996.
-     Gregor von Rezzori, Memorie di un antisemita, Milano, Longanesi, 1990.
-     I Germanici http://www.germanici.altervista.org/galizia/02.html
(1) http://colnaghistoriaestorie.blogspot.it/2012/05/la-prussia-orientale-e-il-mese-di.html).
(2) Czeslaw Milosz, La mente prigioniera, Milano, Adelphi, 1981, p. 168
 
Nel blog è presente un altro articolo sull'Europa orientale:

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.