sabato 22 gennaio 2022

 


27 gennaio: “Giorno della Memoria”

La strage nazifascista di Fragheto, compiuta il 7 aprile 1944

L’articolo 1 della legge 20 luglio 2000 n. 211 definisce così le finalità del Giorno della Memoria:

«La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati».

Nei primi mesi del ’44, quando furono avviati i lavori della Linea Gotica, la Germania nazista stava già riscontrando delle difficoltà nella conduzione del conflitto,  e cominciava a scarseggiare in uomini, armi e mezzi. Così, le fortificazioni vennero costruite soprattutto sfruttando le risorse naturali presenti in loco, rinunciando quasi ovunque alle grandi opere in cemento armato. Stesso discorso per la manodopera: gli operai tedeschi dovettero essere integrati con quasi 50mila lavoratori italiani; reperiti spesso in modo coatto. Si trattò, insomma, di un apprestamento difensivo costruito “alla meno peggio”, ma alla prova dei fatti comunque efficace: strutturato come un sistema di posizioni su allineamenti progressivi,  bloccò gli Alleati per ben otto mesi. Nel complesso, la costruzione della Linea Gotica e le battaglie che vi si combatterono, determinarono un lungo periodo – circa un anno e mezzo – durante il quale l’Italia centrale fu scenario di primo piano degli eventi bellici.  La cosa non fu senza conseguenze, specie per i civili. A cominciare dal fatto che per rendere sicure le aree interessate dai lavori, i nazifascisti misero in atto contro partigiani e popolazione locale una vera e propria strategia del terrore: reparti addestrati compirono eccidi e stragi in molte località di Toscana, Marche ed Emilia-Romagna.

La Linea Gotica è di colore rosso

Tra l’8 settembre del ’43 e l’aprile del 1945 la violenza dei tedeschi contro i civili italiani fece registrare oltre 400 stragi, 280 nella sola Toscana. Alla fine, il bilancio fu di circa 15.000 vittime. Una lunga scia di sangue che accompagnò le truppe tedesche nella lentissima ritirata da Sud a Nord. A commettere tali esecuzioni collettive non furono soltanto i nazisti delle SS, ma anche i soldati della Wermacht e della Luftwaffe, l’aviazione militare tedesca. L’opera di questi reparti si dispiegò, principalmente, in prossimità di posizioni che lo stato maggiore tedesco in Italia aveva scelto come linee di arresto della avanzata alleata. E’ accertata anche la partecipazione attiva dei fascisti della Repubblica Sociale, dei “ragazzi di Salò”, la cui complicità alimenta un ricordo lacerante che resiste a ogni tentativo di “pacificazione”. Vennero poi i bombardamenti degli Alleati e, per finire, le distruzioni operate dai tedeschi al momento della ritirata.  Al termine, tra macerie e desolazione, restò solo una lunga scia di sangue. E a farne le spese furono quasi sempre le popolazioni dei piccoli paesi dell’Appennino, adiacenti a questa Linea difensiva nazista. 

A più di 75 anni di distanza, i resti della Linea Gotica e i luoghi della lotta partigiana sono ancora riconoscibili.
Nella zona dell’Alta Valmarecchia era intensa l’attività partigiana, sia dell’8ª Brigata Garibaldi Romagna sia della 5ª Brigata Garibaldi Pesaro, con interventi sempre più audaci ed efficaci. Su tutti l’occupazione di Sant’Agata Feltria del 3 aprile 1944, azione che vede la cattura dei gerarchi del paese, il sequestro di denaro e la distribuzione di viveri alla popolazione. I comandi fascisti sopravalutarono le forze partigiane. Questa situazione portò le forze nazifasciste ad organizzare un imponente rastrellamento il 6 aprile, mettendo in campo circa 600 soldati tedeschi e 150 militi fascisti. Le forze partigiane, subito avvertite di questa azione  repressiva, decisero di ripiegare.
Durante l'operazione di sganciamento, la 1ª Compagnia, comandata da Alberto Bardi (Falco), la meglio armata e la più agguerrita dell'intera Brigata, si fermò a riposare la notte del 6 aprile a Fragheto, frazione del comune di Casteldelci. La mattina successiva le vedette partigiane avvisarono che truppe tedesche si stavano avvicinando al paese; i partigiani decisero di affrontare il nemico, risalirono le alture circostanti in località Calanco e, giunti in posizione favorevole, attaccarono di sorpresa i reparti tedeschi. Nello scontro a fuoco morirono numerosi tedeschi e tre partigiani.
Subito dopo l’assalto i partigiani continuarono la loro azione di ripiegamento, lasciando però uno di loro gravemente ferito nella casa di un contadino locale. Nelle ore successive del 7 aprile, quattordici soldati tedeschi dello Sturmbattaillon OB Südwest, coinvolto nello scontro precedente con i partigiani, giunti a  Fragheto, entrano in molte case della frazione ed uccidono, in rapida sequenza, 30 persone, sterminando intere famiglie, soprattutto donne, bambini e vecchi. I giovani e gli uomini del borgo si erano in precedenza nascosti nelle vicinanze, perché avvisati dai partigiani di un'imminente incursione nazista e, forse sottovalutando la possibile vendetta dei tedeschi, avevano pensato che nulla sarebbe stato fatto a donne, bambini e vecchi e che solo gli uomini sarebbero potuti diventare oggetto di rappresaglia, in quanto possibili fiancheggiatori dei partigiani. Durante l’eccidio venne trovato e ucciso il partigiano ferito e tutti i membri della famiglia che lo ospitava. Successivamente bruciarono le case e la canonica della chiesa.
Sempre a Fragheto, durante la medesima operazione militare, vennero uccisi dai tedeschi cinque partigiani catturati nei giorni precedenti. La tragedia di quel rastrellamento termina il giorno seguente con l’assassinio di altri sette partigiani e un renitente alla leva nei pressi di Senatello, un piccolo borgo medioevale sito sul confine tra Emilia-Romagna e Toscana, nel comune romagnolo di Casteldelci, da parte dei militi fascisti  della Guardia Nazionale Repubblicana, nel luogo ora denominato “Ponte degli 8 Martiri”.

La lapide commemorativa eretta in ricordo dell'efferato eccidio


Nel dopoguerra fu avviato un processo a carico degli autori dell'eccidio, ma venne interrotto nella fase istruttoria e i relativi incartamenti confluirono nel gruppo di fascicoli conservati per decenni nel famoso “Armadio della vergogna”. Nel 2006 è stato riaperto il caso da parte della Procura Militare di La Spezia. Nel 2008 il fascicolo è passato alla Procura Militare di Verona a seguito della soppressione della Procura spezzina. Nell'anno 2011 è iniziato il processo in contumacia a carico dei tre unici ufficiali tedeschi appartenenti al battaglione ancora viventi (Karl Schäfer, Karl Weis e Ernst Plege), rinviati a giudizio con l'imputazione di omicidio plurimo aggravato: in esso si sono costituiti parte civile la Provincia di Pesaro e Urbino, il Consiglio dei ministri, la Regione Emilia-Romagna, la Provincia di Rimini, l'Anpi nazionale e nove parenti delle vittime. Il 7 febbraio 2013 il Tribunale Militare di Verona in assenza di prove certe ha assolto due imputati; nessun verdetto è stato possibile emettere sul terzo imputato, Schäfer, in quanto deceduto durante il corso del processo.

Breve considerazione finale.

L’eccidio di Fragheto causa il 7 aprile 1944 la morte di 30 civili, circa la metà della popolazione del piccolo centro, senza che sia riservata alcuna distinzione o pietà per l’età, per il sesso o per le condizioni di salute delle persone trucidate. Il giorno successivo (8 aprile) presso il ponte di Casteldelci, previe sevizie, otto giovani, presunti partigiani, vengono fucilati, senza procedere ad alcuna identificazione e i loro corpi oltraggiati. Ciò che è accaduto in quei giorni rappresenta uno degli episodi più dolorosi e gravi che abbia subito quel territorio durante la seconda guerra mondiale. Quella tragedia costò, quindi, 38 vite umane tra la popolazione civile, 38 omicidi perpetrati su donne, anziani, bambini, senza risparmiare neonati, infermi, ragazze in attesa. La strage di Fragheto è il più rilevante ed emblematico episodio di una serie di crimini perpetrati su cittadini inermi durante il periodo dell’occupazione nazifascista. Uno stillicidio di violenze accompagnato da una scia di sangue che hanno lasciato profonde ferite nelle comunità locali. Poi il dolore, l’inerzia delle istituzioni statali, la frenesia della ricostruzione hanno spesso, negli anni successivi alla guerra, relegato nell’oblio o su una muta lapide il ricordo dell’orrore vissuto.

 

Beniamino Colnaghi