I monumenti ai Caduti della Grande guerra in Brianza
Alla conclusione
della lunga e interminabile Prima guerra mondiale, ogni paese, città e
provincia italiana, contava a decine, centinaia e migliaia le giovani vittime.
Seicentomila vite erano state spezzate da una follia che aveva attraversato
l’Europa; un’intera generazione era stata mutilata per sempre. La morte non
aveva fatto discriminazioni e anche le località più remote e lontane dai campi
di battaglia, avevano versato la loro parte di sangue. In Brianza ogni comune
ebbe la sua parte di soldati morti; furono decine di migliaia in tutta la
regione briantea, centinaia i grandi mutilati agli arti. La guerra aveva
annullato le distanze, le lingue, le abitudini, il sapere tradizionale. Nel
turbinio degli spostamenti verso il fronte, aveva rimescolato e infranto il
destino di milioni di individui.
Una ventata di
immane cordoglio attraversò l’intera nazione. Fu in questo clima che nei mesi
successivi la fine del conflitto, in ogni parte d’Italia sorsero comitati per
la commemorazione dei Caduti sui campi di battaglia del Veneto, del Trentino e
del Carso. Si ha testimonianza, attraverso documenti depositati negli archivi
di molti comuni brianzoli, che i sindaci convocarono riunioni già a partire dai
primi mesi del 1919 per organizzare celebrazioni volte ad onorare i giovani
morti sui campi di battaglia, “perpetuandone i loro nomi ed i loro gesti”. Parole
inevitabilmente contrassegnate da retorica patriottica, frequenti in quei mesi
successivi al conflitto. Basti semplicemente leggere le parole e le dediche
incise sui monumenti ai Caduti.
Ovunque le
manifestazioni di cordoglio culminarono con la realizzazione di un monumento a
ricordo o, quando le finanze locali non lo permisero, di una lapide, che in
qualche modo solennizzasse il grande sacrificio compiuto. I monumenti e le
statue commemorative furono collocate nei punti nevralgici dei centri abitati o
nelle vicinanze delle chiese parrocchiali, in modo che la loro costante
presenza immortalasse la memoria dei giovani soldati.
In gran parte
dei comuni della Brianza si formarono dei Comitati di cittadini che, in
sintonia con le Amministrazioni comunali, raccolsero idee e offerte in danaro
che servirono poi alla costruzione delle opere previste. In alcuni casi, come avvenne
a Verderio Superiore (sui monumenti dei due Verderio, chiuderò questo articolo),
e certamente anche altrove, i monumenti a ricordo dei Caduti di guerra vennero
finanziati e realizzati dalle famiglie aristocratiche e borghesi locali,
proprietarie della quasi totalità degli immobili e delle terre insistenti in
quei comuni.
Con i proventi raccolti
fra la cittadinanza, il Comitato
canturino per le onoranze ai caduti in guerra (Cantù ndr) affidò l’incarico
per la realizzazione di un monumento in bronzo allo scultore milanese Ernesto
Bazzaro, autore anche della statua commemorativa di Mariano Comense, nonché di
numerosi monumenti funebri nel Cimitero
Monumentale di Milano. Pur fra qualche inevitabile polemica, originata dalle
nudità del milite, il monumento venne solennemente collocato in largo
Cavallotti, l’attuale largo Adua, il 10 luglio 1921, alla presenza di tutte le
autorità cittadine e di molte delegazioni dei comuni circostanti. L’anno
successivo sarebbe stato inaugurato il monumento di Mariano e nel 1923 quello
di Figino Serenza, opera dello scultore milanese Michele Vedani. Il monumento
di Cucciago venne invece affidato a Enrico Pancera, affermato scultore di
Caravaggio (Bg), futuro autore del gruppo scultoreo dedicato ai Caduti di
Monza.
Il monumento di Cantù in una foto d'epoca
Mariano Comense
Il monumento di Figino Serenza
Anche gli
scultori Carlo e Luigi Rigola furono impegnati nello studio e nella
realizzazione di alcuni monumenti commemorativi. All’inizio del 1919, a pochi
mesi dalla fine della guerra, venne loro commissionata la realizzazione di una
statua per il monumento ai Caduti di Rovellasca, nel Basso Comasco e, poco più
tardi, di quella di Zogno, nel Bergamasco. Le due sculture idealizzano l’azione
eroica di un giovane soldato nell’atto di contrapporsi al nemico. Mentre però
la scultura di Zogno ancor oggi mantiene intatto il valore retorico del suo
messaggio, quella di Rovellasca venne sacrificata dal regime fascista
all’inizio del secondo conflitto mondiale, per ricavarne quel bronzo necessario
alla costruzione di cannoni per un’altra tragica epopea italiana.
Della scultura di Rovellasca rimangono soltanto alcune fotografie, che ritraggono il bozzetto in creta e la statua dopo la fusione. Per i fratelli Rigola l'eroe è un soldato comune che sul campo di battaglia compie il suo dovere, un uomo con le tensioni e i timori che la solennità del momento imprime al suo viso, scavandolo sino a mutargli i connotati.
Paderno d’Adda,
ad esempio, sul cui territorio è presente il ponte San Michele, un monumento simbolo dell'archeologia industriale italiana, costruito
tra il 1887 ed il 1889 per farvi transitare uno dei pochi collegamenti
ferroviari tra le due rive del fiume Adda. Il monumento ai caduti
si trova proprio di fianco al ponte San Michele, sulla sponda lecchese
dell'Adda.
Affidata la
progettazione all’architetto Aldo Gnecchi Ruscone, venne richiesta
l’eliminazione delle alte e fitte robinie per armonizzare la nuova struttura
con l’ambiente circostante. Rimossa l’alta siepe il 12 settembre 1967, gli
alpini avvertirono il fascino e l’emozione provocati dall’incantevole scenario di
questo tratto di fiume e diedero inizio ad un accurato e diligente lavoro
di bonifica della scarpata.
Si stabilì di
inserire nel monumento le pietre provenienti dai campi di battaglia sui quali
più generoso era stato il sacrificio dei soldati della montagna, dei Dispersi e
dei Deportati, mentre il rintocco delle campane ricorderà la gloriosa sorte dei
Caduti di ogni nazione. Per richiedere le pietre vennero indirizzate missive ai
diversi capi di Stato, rimettendosi alla collaborazione del capitano Ponzoni,
dotto in argomenti storici ed abile comunicativo.
La realizzazione
del monumento-campanile consegnò al paese un’opera pregevole: i tralicci di sostegno delle tre campane, a base
triangolare, poggiano su un basamento nel quale sono incastonate le pietre. Pannelli
in ferro forgiato, disegnati dallo stesso Nastasio, raccontano con particolare
efficacia alcuni eventi bellici dei quali furono protagonisti gli alpini.
Su un triangolo
inclinato è posizionato un relitto di artiglieria che ha accompagnato i reparti
del Corpo Italiano di Liberazione e dei Gruppi di Combattimento, donato dal
Presidente degli Stati Uniti d’America, Lyndon Johnson.
L’inaugurazione del monumento avvenne il 26 ottobre 1969 ed è resa imponente dalla presenza di rappresentanze
del Governo italiano e di quello americano, di autorità, dei Gruppi Alpini di
entrambe le sponde dell’Adda, nonché del Gruppo di Asiago per la consegna di
una pietra dell'Ortigara. La Fanfara e un picchetto in armi del 4° Alpini
aprirono un corteo molto partecipato.
Sopra, l'inaugurazione del monumento di Paderno d'Adda
A Verderio
Superiore, per volontà della famiglia Gnecchi Ruscone, sul sagrato della
chiesa parrocchiale venne eretto il monumento a ricordo dei soldati verderiesi,
morti durante la Grande Guerra. L’inaugurazione si tenne in occasione della
sagra paesana, esattamente il 18 settembre 1921. Sulla porta della chiesa venne
affisso un grande cartello con la scritta: “Ai
nostri cari valorosi che sacrificarono la vita per la grandezza della Patria
nella Guerra micidiale 1915-1918. Riconoscenza e suffragio di eterno premio”.
Per l’occasione
arrivò da Milano un illustre verderiese, monsignor Benvenuto Sala, canonico della
basilica di Sant’Ambrogio, grande letterato e rettore della Biblioteca
Ambrosiana della città. Al termine della messa, la processione delle autorità e
dei cittadini, accompagnata dal suono della banda di Colnago, si diresse verso
il monumento, davanti al quale, il sindaco, Rino Gnecchi Ruscone, lesse il
discorso commemorativo, imperniato sul sacrificio dei giovani caduti e carico
di sentimenti di riconoscenza, che fu apprezzato dalla popolazione e fu di
conforto per le vedove e per i parenti dei militi morti in quella terribile
guerra.
Monsignor Sala benedì
il monumento, venne letta una poesia da una giovane del posto, la banda suonò
dapprima la marcia funebre e poi altre melodie per le vie del paese. La sera
del giorno seguente la festa proseguì, sempre con la presenza della banda e con
i fuochi d’artificio.
Il 27 marzo 1969,
ai combattenti ancora in vita di Verderio Superiore, che avessero fatto domanda
scritta e che ebbero prestato servizio militare per almeno
sei mesi nelle forze armate italiane durante la guerra 1914-18 o durante le
guerre precedenti, venne conferita l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine di
Vittorio Veneto.
La foto sopra ritrae l'inaugurazione di Verderio Superiore del 1921
Le due foto qui sotto riprendono due momenti della manifestazione avvenuta nel 1969, alla presenza dell'allora sindaco A. Villa, del parroco don Brazzelli e di alcuni Cavalieri dell'Ordine di Vittorio Veneto
A Verderio
Inferiore, il monumento, che ancora oggi campeggia nella centrale piazza
Annoni, a pochi metri dalla parrocchiale, venne inaugurato il 4 novembre 1961.
L’iniziativa per la sua costruzione partì dall’allora sindaco Zoia, che nel
mese di marzo dello stesso anno coinvolse tutte le famiglie verderiesi affinché
esprimessero il loro parere circa il progetto predisposto dall’Amministrazione
comunale. Ottenuto il parere favorevole, il sindaco aprì una sottoscrizione
popolare tra tutti i residenti di Verderio Inferiore, che frutto oltre due
milioni di lire. Venne formato un comitato di venti capifamiglia, denominato “Pro costruendo monumento ai Caduti in
guerra” e si assegnò l’incarico allo scultore meratese Giuseppe Mozzanica. Il
suggestivo monumento fu pronto per l’inaugurazione, avvenuta, come detto, il 4
novembre 1961.
Per l’occasione,
tutto il paese fu tappezzato da bandiere tricolori e la giornata iniziò in un
clima di grande entusiasmo e commozione. Indimenticabile fu la gioia dei
verderiesi per aver compiuto il proprio dovere di riconoscenza e gratitudine
verso coloro che con il dono della propria vita servirono la Patria.
All’inaugurazione
venne invitato il ministro Lorenzo Spallino, che tenne un apprezzato e sentito
intervento. Dopo il discorso del sindaco e la benedizione del parroco, don
Angelo Ricco, si formò un lungo e partecipato corteo per le vie del paese
brianzolo, con in testa i bambini ed i ragazzi delle scuole, quindi le
associazioni locali, i coscritti, gli ex combattenti e, infine, la popolazione.
Una
manifestazione che i residenti ricordarono per molti anni.
Con il passare del tempo e la graduale realizzazione di monumenti e lapidi dedicate ai Caduti, l'emozione suscitata dalla carneficina dei campi di battaglia si affievolì. Con il pretesto di perseverare nel tempo il ricordo dei giovani eroi, la dittatura fascista trovò il modo di appropriarsi della loro memoria per rinsaldare nella popolazione i valori legati al senso di appartenenza alla patria. Nell'inverno del 1923 il Ministero della Pubblica Istruzione invitava le scuole a promuovere la formazione di parchi o viali della rimembranza, dedicati ai Caduti della Grande guerra. Ad ognuno dei soldati deceduti sarebbe dovuto corrispondere un albero con accanto una targhetta in ferro che avrebbe ricordato ogni Caduto. Gran parte dei comuni italiani aderirono all'iniziativa e vennero individuate aree ove piantumare gli alberi. Non furono rari i casi in cui il viale della rimembranza trovasse la propria collocazione in prossimità della chiesa parrocchiale, come avvenne a Verderio Superiore, a Lurago d'Erba e in altri comuni, o che conducesse al cimitero, come a Verderio Inferiore, a Carate Brianza e a Cucciago...
Il monumento di commemorazione non era soltanto un atto di devozione verso i morti, ma era anche un'opera simbolica destinata ai vivi, alla consolazione delle madri e delle vedove, innanzitutto.
Negli anni del dopoguerra, in ogni località briantea, insieme ai monumenti ai caduti e ai viali della rimembranza fecero la loro comparsa nuove denominazioni di strade e piazze. I toponimi tradizionali vennero sovente sostituiti dai nomi delle località legate alle grandi battaglie del Carso, dell'Isonzo, del Piave, del Monte Grappa, a Vittorio Veneto. Molte vie vennero inoltre intitolate agli eroi, veri o presunti, che si distinsero in azioni memorabili, a lungo fonte di esaltazione per la retorica nazionalista dell'Italia fascista.
L'impeto con cui nel primo dopoguerra si intese realizzare i monumenti ai Caduti determinò scelte urbanistiche affrettate, che più tardi si rivelarono sbagliate e inadeguate, che in alcuni casi avrebbero richiesto la rimessa in discussione delle risoluzioni adottate. Nella maggior parte dei casi le statue ed i monumenti erano stati collocati al centro del paese e delle allora piccole città brianzole, che però, la loro localizzazione non aveva previsto la vorticosa crescita dei traffici commerciali e lo sviluppo della rete viabilistica.
A Cantù, ad esempio, già nel 1931, a seguito di polemiche da parte del clero locale, che chiedeva di coprire le nudità del fante e alcune richieste di spostamento, il monumento venne rimosso e collocato in prossimità del viale della Rimembranza, ove si trova tutt'ora, così com'era, senza essere rivestita.
Per i canturini, il monumento sarebbe confidenzialmente rimasto ul biutun.
Beniamino Colnaghi
Bibliografia
Tiziano
Casartelli, Pietà e Memoria, I monumenti
ai caduti della Grande guerra
Giulio Oggioni, Verderio 1915-1918 Tre anni della nostra
storia durante la Prima guerra mondiale, 2012