Come fare la pace dentro una cultura di guerra*
di padre David Maria Turoldo
Dopo la fine di quel diluvio di
fuoco e di morte che è stata l’ultima guerra mondiale pensavo, avevo la
certezza assoluta, volevo con tutta la mia volontà che fosse l’ultima! Dopo
tutti quei morti, dopo tutta quella cenere di morti che copriva tetti e
davanzali e le strade d’Europa, che imbiancava i nostri abiti di cenere di
morti. Non voglio parlare, non voglio ricordare: a parlare sento di avere
cenere di morti in gola. E sotto le scarpe mi sembra di udire il fruscio della
loro cenere.
Quanti sono i conflitti armati e
quanti i morti, dopo quell’ultimo inferno di ferro e fuoco? Impossibile
ricordarli uno a uno. In Africa, in
Asia, in Europa; ancora guerre e rumori di guerre. E sempre per portare civiltà
e pace! Sempre guerre in difesa e mai di offesa! E tutti che hanno ragione! Ha
ragione Israele, hanno ragione gli arabi, hanno ragione i russi, hanno ragione
gli americani, hanno ragione i cinesi… Signore, abbiamo tutti ragione! E poi
sempre senza statistiche. E poi l’uomo che non vuole sapere e tantomeno
ricordare! Anzi, non vogliono più ricordare neppure l’ultima, la nostra, la
grande, l’eroica, la scientifica guerra mondiale; fatta, ideata, benedetta
dall’Europa bianca e cristiana.
Ci sono poi altre condizioni di
cui bisogna prendere coscienza: perché è in queste condizioni che dobbiamo
operare. C’è l’esplosione demografica del Terzo e del Quarto mondo, e sarà per
se stessa una bomba atomica. E poi c’è la questione dei cereali: una bomba
ancora più grave di quella atomica. C’è la concentrazione delle ricchezze nelle
mani di pochi, mentre la miseria dilaga nel mondo come novello diluvio. C’è
l’esaurirsi di molte fonti energetiche, e la contaminazione della terra; e il
pericolo di una conflagrazione mondiale, anche a prescindere dalle decisioni
politiche, da cattiverie umane: perché, basta un errore a determinare una
reazione a catena a noi inimmaginabile. Tutto questo non è un’astratta
apocalisse; basti pensare che non siamo neppure in grado di risolvere il
problema delle scorie… Non c’è dubbio, per la prima volt da che mondo è mondo
non è l’uomo in pericolo, in pericolo è la specie, o l’ordine stesso della
creazione, così come oggi noi lo conosciamo.
Dio ha già parlato dalla nube di
Chernobyl!... E non solo di Chernobyl. E noi abbiamo persino inventato la bomba
al neutrone, che chiamiamo la “bomba pulita” perché uccide solo gli uomini e
conserva le cose. Che fatica, Signore, fare un elenco completo. E mancano gli
incendi delle città degli Stati Uniti d’America, e gli assassinii in nome della
razza, gli uccisi per terrorismo e per mafie d’ogni genere. E poi mancano tutti
i condannati ai campi di concentramento che non sappiamo. E poi tutto quello
che si sa… Come parlare di pace in un mondo
simile? D’altra parte, senza pace non si può vivere. Anzi, proprio per questo è
una necessità biologica, il valore più urgente, unico, salvatore.
A questo punto è lecito chiederci
cosa sarà questa pace. Per quanto mi riguarda sono disposto ad accettare
qualunque definizione di pace, a determinate condizioni però. Perché è in
questo tempo e dentro queste condizioni che io devo realizzare la pace.
La prima cosa che viene alla
mente di tutti è che la pace sia un’utopia. E dico subito: per fortuna che è un’utopia!
Utopia è un valore, un’idea che non ha trovato ancora il suo luogo di
realizzazione: è il “non dove”. Basta
dunque assegnarle un luogo, fare uno spazio, ed ecco che l’utopia diventa
realtà. Utopia è tutto ciò che noi non vogliamo sia realtà. E tuttavia, come ho
cantato nelle ballate contro le armi, è l’utopia che porta avanti il mondo.
La pace però è una conquista, è
il dovere di ogni uomo e di ogni giorno, perché è il diritto di tutta
l’umanità, il diritto della natura, il diritto di tutte le creature. Pace come
diritto e dovere, così come diritto e dovere è la vita, l’amore, la libertà, il
lavoro, la casa, eccetera. Dopo questo si può accettare ogni definizione di
pace.
La pace è un bene in solido, un
bene non soltanto mio, ma un bene di tutti: questa è la pace! Se non abbiamo
questa mentalità e questa volontà non faremo mai pace. C’è da scegliere tra “homo homini lupus” e “homo homini Deus”. O tu sei lupo per
l’uomo e sei l’immagine di Dio. La mia libertà comincia dove la tua libertà
finisce; il mio diritto comincia dove il tuo finisce, e insieme viviamo questi
doveri.
Senza pace non solo non esiste
l’uomo, ma non esiste neppure il cristiano. Cristiano non è uno che è più uomo
o meno uomo, cristiano è la rivelazione, secondo il progetto di Dio, di quello
che deve essere un uomo. Per questo si può dire che il cristiano o è un uomo di
pace o non è neppure un cristiano. Essere “operatori di pace” sta al centro di
tutte le beatitudini, come il perno su cui tutte le altre si reggono, si
giustificano e si equilibrano; ed è la solo beatitudine a darci il diritto di
essere chiamati figli di Dio.
E dunque, o l’uomo è per la pace
o non è neppure un uomo; o il cristiano è per la pace, o non è neppure un
cristiano; o la Chiesa è per la pace o non è nemmeno Chiesa.
La prima cosa da fare è creare
questa coscienza di pace. E prima di tutto, come dicevo, coscienza di pace con
la terra, di pace con se stessi, di pace con i fratelli, eccetera. Sei tu, che
devi farti, prima di tutti, uomo di pace, l’uomo in armonia con tutto il
creato. È da te che comincia la pace. Sono io che devo essere
uomo di pace e, quindi, un uomo del più “profondo ordine”, un uomo di
giustizia, del rispetto, al servizio dei fratelli. Solo così io sarò un uomo di
pace e non farò mai la guerra, ecco la coscienza che comincia a nascere: un
uomo di pace nella casa, sul lavoro, nella scuola, nella carriera…
E da individuale questa carriera
diventa collettiva, si fa coscienza della moltitudine. Quando sarà coscienza
della moltitudine sarà una forza incredibilmente invincibile, davanti alla
quale perfino le grandi potenze dovranno tornare indietro. Ma prima bisogna che
diventi coscienza di moltitudini! Una coscienza che deve diventare operativa su
molti fronti, al di là dell’impegno personale e pur quando è coscienza della
moltitudine.
Coscienza che si fa baluardo
contro la cosiddetta “manipolazione dei consensi”, frutto della mala
informazione. Coscienza che si fa critica nei confronti dell’educazione, della
scuola e della stampa. Più di due terzi della stampa mondiale, per la sua
stessa struttura economico-finanziaria, è in mano al capitale; e il capitale
non parlerà mai male di se stesso. Perciò, bisogna “salvarsi dalla stampa”,
salvarsi dalle stanchezze spirituali, dalla falsa “invocazione all’ordine”.
Coscienza sempre vigile, e attenta a denunciare i falsi culturali: ad esempio,
la politica della sicurezza. Non è la sicurezza che garantisce la pace. È
la pace che garantisce la sicurezza. Ecco cosa vuol dire cambiare mentalità:
vuol dire rovesciare le cose. “Se non cambierete modo di pensare, perirete
tutti”.
Pensate ancora ad un altro falso
politico: alla corsa agli armamenti. Una corsa che non avrà mai fine a meno
che, precisamente, non si cambi modo di pensare. E ancora, pensate ad un altro
falso politico: che l’industria degli armamenti porti ricchezza. Questa
industria porterà ricchezza per alcuni e miseria per tutti gli altri, miseria e
morte.
Ma è soprattutto un dovere la
“disobbedienza militare”, specialmente in virtù di quel documento della Chiesa
(esattamente nel 1977, consegnato alle Nazioni Unite) secondo il quale
“costruire armi è un crimine”. E dunque, se i criminali sono quelli che
decidono di queste armi, nessuno è tenuto a obbedire a un criminale. Perciò,
“l’obbedienza non è più una virtù”. Per questo non è più una virtù pagare le
tasse per gli armamenti. È necessario che almeno i
cristiani ritornino a questa cristallina coscienza delle origini. Se vogliamo
essere ancora creduti. Non dobbiamo muoverci per la paura della morte ma per la
fede nella vita. Questo, l’ideale: che la pace diventi l’orgoglio di ogni
coscienza.
* Come fare la pace dentro una cultura di guerra, dattiloscritto per
una conferenza sulla pace
David Maria Turoldo, La sfida della pace, a cura di Elena Gandolfi, in collaborazione con la Provincia di Lecco, Bellavite Editore snc,
Missaglia (Lc)
David Maria Turoldo, al secolo
Giuseppe Turoldo (Sedegliano, 22 novembre 1916 – Milano, 6 febbraio 1992)
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