L’avrò
percorso centinaia di volte, il vialetto centrale del cimitero di Verderio ex
Superiore. In genere, salvo ristrutturazioni radicali ed esumazioni dovute alla
scadenza delle concessioni cimiteriali comunali, volte a creare spazio per
altre sepolture, le tombe ed i monumenti funebri più antichi, e di un certo
valore storico, sono posizionati nelle aree più vecchie dei cimiteri ed in
corrispondenza dei vialetti centrali. Difatti, la tomba dove riposa il corpo di
Ernesto Aldeghi è lì da oltre cento anni. Precisamente dal 2 aprile 1913.
Il
monumento è composto da un basamento grezzo su cui è appoggiata una colonna
spezzata in marmo bianco, che simboleggia la morte prematura di colui che è
sepolto, sulla quale sono incise le epigrafi, i dati anagrafici e la fotografia.
Il sepolcro, molto semplice, ma suggestivo, è incorniciato da una bassa
recinzione.
Ernesto
Aldeghi nacque alla Cascina Isabella di Verderio Superiore il 2 giugno 1890, da
Eugenio e Angela Mauri. Si hanno poche informazioni sul suo conto, se non
quelle riportate nei registri di stato civile del Comune di Verderio e sul monumento
funebre.
Trascorsa
l’infanzia e l’adolescenza in paese, il ragazzo venne arruolato nel servizio di
leva del Regio Esercito italiano nel marzo 1910 e, sette mesi dopo, il 29
ottobre dello stesso anno, era già sotto le armi. Il 29 ottobre 1910 furono
parecchi i giovani militari di Verderio Superiore chiamati a combattere nella breve,
ma terribile guerra Italo – Turca, conosciuta ai più come guerra di Libia.
Dopo la
battuta d’arresto di Adua, il colonialismo italiano riprese slancio negli anni
immediatamente precedenti la prima guerra mondiale. Allontanato dalla memoria
il ricordo della sconfitta con l’Etiopia, l’Italia si scoprì più convinta della
necessità e della giustezza di crearsi un impero in Africa. Mentre proseguiva
l’opera di effettiva presa di possesso delle colonie del Corno d’Africa, l’attenzione della politica e della finanza
italiana si spostò sulla Libia, a qual tempo divisa nelle due province di
Tripolitania e Cirenaica, entrambe sotto la sovranità nominale dell’Impero
ottomano.
Dopo un
acceso dibattito interno, il fronte interventista, composto da nazionalisti,
cattolici moderati e varie grandi personalità, convinte delle potenzialità
della Libia di offrire terre ai nostri contadini, riuscì infine a vincere le
diffidenze dei timorosi e l’opposizione dei socialisti. Così quando nel 1911 la
Francia estese il suo protettorato al Marocco, l’Italia decise di inviare in
Libia 35mila uomini (autunno 1911), facendo valere un accordo del 1902 che sanciva la priorità
italiana in Tripolitania e Cirenaica. La guerra fu più lunga e difficile del
previsto, poiché i turchi attuarono tattiche di guerriglia, spalleggiati dalle
tenaci popolazioni arabe locali. Per risolvere la situazione vennero inviati
altri 75mila uomini in Libia ed occupate alcune isole del Dodecaneso, nel Mar
Egeo.
In questo
contesto le operazioni militari italiane nel Dodecaneso ebbero inizio nella notte fra il 17 ed
il 18 aprile 1912, quando navi italiane tagliarono i cavi telegrafici che
univano alcune isole al continente asiatico. Il giorno 28 fu occupata l’isola
di Stampalia e il 4 maggio toccò a Rodi, l’isola più importante sia dal punto
di vista politico sia strategico. Dalle pochissime informazioni di cui si
dispone, ai combattimenti per l’occupazione di Stampalia e Rodi partecipò anche
il caporale maggiore della fanteria Ernesto Aldeghi.
Dopo l’occupazione
di alcune isole dell’Egeo, tra cui appunto Rodi, diversi corpi militari
italiani vennero spostati in Libia. Oltre che nella vasta area di Tripoli, le
truppe italiane furono mantenute in continuo stato di allarme anche nei
dintorni di Homs e del Mergèb, rinforzati con altri contingenti di fanteria, di
alpini e di bersaglieri. Altre operazioni interessarono poi la città di
Misurata e la zona di confine verso la Tunisia. Per interdire il contrabbando
di guerra proveniente dalle zone di frontiera ed al fine di dominare le carovaniere confinanti con la
Tunisia e controllarne il traffico, l'operazione fu proseguita con obiettivo
finale Zuara. Effettuate alcune ricognizioni, tutte le truppe della 5ª
divisione avanzarono lungo la linea costiera per procedere alla conquista di
Sidi Alì, che fu presa il 14 luglio. Il 6 agosto le truppe del generale Garioni
si congiunsero con la brigata del generale Tassoni, sbarcata nei pressi di
Zuara e composta dal 34º e dal 57º fanteria, da un battaglione alpini e da
alcuni reparti di artiglieria. La città venne conquistata verso la metà di
agosto del 1912.
Molto
probabilmente è in questa fase della battaglia volta a conquistare Zuara che il
nostro giovane caporale venne gravemente ferito, tanto è vero che sulla colonna
del monumento funebre viene riportato che Ernesto Aldeghi è ferito a Zuara di
Libia il 15 agosto. Non siamo in possesso di altre informazioni, se non quelle
che certificano la sua morte il giorno 1 ottobre 1912, presso l’ospedale
militare di Livorno. Questo dato è certo, perché è riportato anche sul registro
dei giovani arruolati di leva e dei combattenti presente nel Comune di
Verderio.
Trascorrono
sei mesi esatti prima che il corpo di Ernesto venga trasferito a Verderio
Superiore, ove viene inumato nel cimitero locale, nello stesso luogo ove ancora
oggi riposa. Era il 2 aprile 1913.
Il 15 giugno
dello stesso anno, il caporale maggiore della fanteria, Ernesto Aldeghi, viene
decorato della medaglia al valore militare.
Beniamino
Colnaghi
Sitografia e nota
Comune di Verderio. La guerra di Libia, le lettere di alcuni militari verderiesi: http://www.comune.verderio.lc.it/verderio/zf/index.php/servizi-aggiuntivi/index/index/idtesto/73
La guerra Italo-Turca, Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_italo-turca
L'alpino Andrea Colombo: https://colnaghistoriaestorie.blogspot.com/2018/04/verderiosuperiore-dopo-61-anni-lalpino.html
Il signor Giulio Oggioni ha scritto un volumetto dal titolo "Verderio, 1915-1918, Tre anni della nostra storia e la Prima Guerra Mondiale", all'interno del quale è contenuto un capitolo dedicato alle "Lettere dal fronte libico (1911-1912) di alcuni verderiesi". Il libretto non è stato dato alle stampe.
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