Durante il periodo bellico, la
località di Valaperta, frazione di Casatenovo, a quel tempo in provincia di Como,
era costituita da poche case e cascine contadine e da un’osteria. Per i
partigiani, Valaperta era più che altro un’area di transito, utile per
l’organizzazione dei rifornimenti da portare in montagna, laddove
effettivamente si svolgevano le operazioni di guerriglia.
Il 23
ottobre 1944, a Valaperta, un gruppetto di partigiani si imbatté nel milite
Gaetano Chiarelli, appartenente al distaccamento della GNR (Guardia Nazionale
Repubblicana) di Missaglia, il quale era stato mandato a rintracciare un
giovane renitente alla chiamata fascista. Chiarelli venne intercettato e ucciso
da uno dei partigiani e seppellito in fretta e furia in un campo appena arato.
Una veduta di Valaperta |
Sull’episodio specifico le
notizie sembrano controverse: secondo il giornale indipendente “Diario”,
Chiarelli era un fascista abbastanza “mite”, usato più che altro come postino.
Al contrario, come testimoniato da un filmato girato da alcune associazioni
della zona e dall’ARCI blob di Arcore, gli anziani di Valaperta, intervistati
in merito al temperamento di Chiarelli, lo hanno tratteggiato come “uno di
quelli che quando venivano a cercare i renitenti alla leva sparava
tranquillamente ad altezza d’uomo, anche se c’erano civili attorno”.
Secondo gli abitanti, insomma,
quel giorno Chiarelli fu ucciso per via di una reazione violenta.
Un contadino del luogo che vide
la scena telefonò al brigadiere di Missaglia, avvertendolo della scomparsa del
milite fascista. A quel punto giunsero a Valaperta le guardie repubblichine e
le Brigate Nere, che già in molti episodi si segnalarono come propense a
saccheggi e azioni violente, al comando delle quali c’erano il professor
Giuseppe Gaidoni e l’ingegnere Emilio Formigoni. Secondo i testimoni oculari,
proprio il Formigoni si distinse per la propria empietà, tanto da essere
ricordato ancora come “ul pusè catif”
(il più cattivo).
I fascisti, dopo l’uccisione del
milite repubblichino, organizzarono una “rappresaglia nei confronti
dell’abitato di Valaperta di Casatenovo”, nel corso della quale si incendiò
“l’abitato stesso, delle stalle, dei fienili e delle masserizie, delle scorte
del bestiame e dei foraggi”. Si saccheggiarono “le case medesime… procedendo
all’arresto di Perego Guglielmo, Colombo Enrico, Fumagalli Pasquale, Ambrogio e
Giuseppe Viscardi e Pirovano Alessandro”.
Alcuni anziani di Valaperta hanno
sempre testimoniato il fatto che durante l’intera notte la frazione fu in balìa
delle Brigate Nere, che non esitarono a minacciare gli abitanti per farsi
consegnare il corpo del milite e i partigiani rei dell’uccisione.Anche dopo aver ritrovato il cadavere del Chiarelli, i soprusi non si fermarono e alle famiglie vennero tolte per tre mesi le tessere alimentari.
Alla
fine di dicembre quattro partigiani detenuti nel carcere di Missaglia furono
accusati dell’omicidio: Nazzaro Vitali, 24 anni di Bellano, del distaccamento
Carlo Marx della 55° Brigata Garibaldi Fratelli Rosselli; Natale Beretta, 25
anni e Gabriele Colombo, 22 anni, entrambi di Arcore, appartenenti alla 104a
Brigata Garibaldi; Mario Villa, 23 anni di Biassono.
Agli
arrestati non venne fatto alcun processo. Nazzaro Vitali, coraggiosamente, si
autodenunciò dell’uccisione di Chiarelli, chiedendo inutilmente di risparmiare la
vita agli altri partigiani. La fucilazione, ordinata da Domenico Saletta, capo
dell’ufficio politico di Como, poi condannato a morte dal Tribunale Militare e
fucilato il 24 maggio 1945, fu eseguita il 3 gennaio 1945 a Valaperta, alla presenza
del medico condotto di Casatenovo, dott. Guerrino Della Morte, del Commissario
prefettizio di Casatenovo, professor Firmiani, e di Emilio Formigoni.
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Nella sua relazione, il dott. Della
Morte scrive: “Verso le 10.30 del 3 gennaio 1945 venne per ordine del
Commissario Prefettizio di Casatenovo sig. Gennaro Firmiani, dicendomi di
recarmi a Valleaperta ove era necessaria la mia presenza. Colà giunto trovai 2
sacerdoti Don Carlo Sala e il suo coadiutore. Dall’abitato di Vallaperta usciva
il BB nero sig, Bonvecchio Giacomo, un sottotenente giovanissimo e due
militari, arrivarono poi una o due motociclette, un motofurgone, una o due
automobili e un camioncino. Dalle macchine scesero varie persone quasi tutti in
borghese armati di mitra, sul camioncino stavano 4 partigiani che dovevano
essere fucilati, notai sul loro viso atroci sofferenze. Sopraggiunto il
Commissario Prefettizio il quale era allibito di dover assistere, ma gli fu
imposto di restare. Giunti sul posto prescelto i 4 Partigiani furono spinti oltre
la curva e scomparvero alla mia vista. Il plotone di esecuzione era composto di
4 persone: erano presenti Ing. Emilio Formigoni, Raul Remigi, Achille Miglioli
maestro elementare, forse Parmiani e una persona piccola di 35/40 anni, chi
sparò era in borghese. Dietro il plotone di esecuzione vi era il brigadiere
Bonvecchio. Sentii sparare. Vi era una persona sui 45 anni di media statura con
un impermeabile grigio che incitava a mirare nel segno perché alcuni di questi
erano riluttanti e sdegnati per quanto stavano per fare.
Il Vitale Nazzaro presentava
evidenti segni di gravi sevizie subite in precedenza, gli mancavano quasi tutti
i denti, due erano morti subito. Colombo e Beretta da Arcore furono
ripetutamente colpiti col mitra e con rivoltella. Constatata la morte, segnai i
nomi dei caduti, composi le membra straziate che per quel tanto che permisero
il mio spirito scosso e la mia mente inebetita per tanta barbarie”.
Il luogo dove vennero fucilati i partigiani |
Per
rafforzare la verità storica di quanto accaduto, si segnala la dichiarazione
rilasciata dal Commissario prefettizio Gennaro Firmiani il 26 ottobre 1945, che
si riporta qui di seguito: “Il giorno 3 gennaio 1945 dovetti
recarmi a Valleaperta quale Commissario Prefettizio della zona di Casatenovo
perentoriamente chiamato dall’ingegner Formigoni Emilio, comandante delle BB
nere. Per la fucilazione di ostaggi. Io vidi Formigoni Emilio, Miglioli,
Bonvecchio non so se erano presenti Beretta Antonio e Remigi perché io ero
agitato, confuso e sgomentato di dover assistere a tanta barbarie. Gossetti Federico
non era con gli altri delle brigate nere, era con i sacerdoti e formavano un
gruppo a sé. Gossetti non faceva parte degli esecutori”.
Il 29
marzo del 1947, la Corte d'Assise speciale di Como, con sentenza n. 12/47, ascrisse
le azioni dei fascisti responsabili dell’eccidio di Valaperta ad una forma di
collaborazionismo con l'occupante tedesco. Gli imputati beneficiarono dell'amnistia.
Tra le motivazioni che condussero a questa decisione per i fatti di Valaperta,
il saccheggio e le violenze vennero giustificati come messi in pratica per
mantenere l’ordine e “reintegrare la disciplina”, quindi come un forma di
“collaborazionismo” e non di saccheggio, e in quanto tale soggetta ad amnistia.
In merito alla drammatica fucilazione
dei quattro partigiani, nessuno dei responsabili pagò alla giustizia le proprie
responsabilità.
Beniamino Colnaghi
Fonti:
www.alfiosironi.wordpress.com:
eccidio di Valaperta. www.osservatoriodemocratico.org: le corti d’assise speciali nel dopoguerra. Storie di amnistie e vergognose assoluzioni.
www.anpimonzabrianza.it/img/bp/Mostra_BP-Pannelli.pdf: Brianza partigiana 1943 – 1945.
Chi fosse interessato a
conoscere la storia di un altro giovane partigiano di 18 anni, Giovanni Bersan,
impiccato ad Aicurzio (MB), può aprire il seguente collegamento: http://colnaghistoriaestorie.blogspot.it/2012_09_01_archive.html
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