27 gennaio:
“Giorno della Memoria”
Tre civili inermi uccisi a Cucciago il 18 luglio 1944 dai repubblichini
fascisti
L’articolo 1 della legge 20 luglio 2000 n. 211 definisce così le
finalità del Giorno della Memoria:
«La Repubblica italiana riconosce il
giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz,
"Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio
del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini
ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte,
nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al
progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite
e protetto i perseguitati».
A quasi 80 anni dalla fine della Seconda guerra
mondiale, continua a persistere la sensazione che alcuni momenti della nostra
storia siano destinati a non passare mai, a riaffiorare periodicamente come
carne viva, come ferite mai rimarginate. Il peso che il ventennio fascista, in
particolare il tragico biennio di guerra civile, esercita ancora sul nostro
presente, continua ad alimentare polemiche e vergogna. Odio, persino. Qui in
Italia risulta ancora difficile elaborare una memoria collettiva di quegli avvenimenti, che mantengono intatta
la capacità di esacerbare gli animi, segno che il nostro Paese non è riuscito a
fare i conti con il proprio recente passato, come ha fatto, meglio di noi, la
Germania con il nazismo.
Dalla metà del 1942 alla Liberazione dell’aprile
1945 in alcune località della Brianza vi fu un susseguirsi di fatti drammatici,
attentati, eccidi che coinvolsero anche cittadini innocenti e inermi. “Nella
primavera del 1944, nel Canturino, si organizzano e agiscono sul territorio
diversi Gap/Sap, tra i quali il Gap di Cascina Amata, comandato da Luigi Mauri,
quello di Cascina Cavanna, guidato da Adelino Borghi, la Sap diretta da Nello
Frigerio che agisce all’interno e all’esterno delle fabbriche” (https://www.straginazifasciste.it/wp-content/uploads/schede/CUCCIAGO%2018.07.1944.pdf.)
Uno dei fatti
di sangue che riguardò i civili fu l’assassinio di Maria Borghi, del marito
Giuseppe Meroni e di Giovanni Battocchio, soprannominato Carnera per la sua prestanza fisica, avvenuto nel centro di
Cucciago, provincia di Como, per mano di tre repubblichini fascisti, appartenenti alla
famigerata banda Paone
Gli autori del massacro erano sulle tracce di alcuni
fiancheggiatori di partigiani accusati di aiutare ebrei e renitenti alla leva a
espatriare. Se il processo svoltosi nel novembre 1945 condannò
inoppugnabilmente i colpevoli, il ruolo delle tre vittime non fu
sufficientemente chiarito, lasciando scoperto l’alone del dubbio.
La stampa locale, ovviamente in mano al regime,
riferì l’eccidio di quel tragico 18 luglio come un’eroica azione condotta da
tre agenti della questura di Como contro un gruppo di banditi armati che “per
lucro o per basso calcolo si pongono fuori di ogni legge”. Carnera sarebbe
stato ucciso nel tentativo di fuggire, “ma raggiunto dal fuoco preciso dei
giovani agenti, poco dopo stramazzava sulla strada, ucciso da cinque proiettili
nella schiena.” Nel tentativo di sottrarsi all’arresto i coniugi Meroni
avrebbero assalito uno degli agenti. “Questi - riferì il quotidiano comasco –
in procinto di essere sopraffatto fece uso dell’arma colpendo mortalmente i due
coniugi”.
“In realtà i fatti pare si svolsero diversamente e
presentano notevoli discrepanze rispetto alla cronaca riportata dalla stampa
allineata alle direttive del regime. I capi di imputazione del processo
svoltosi a Como presso la Corte di assise speciale fra il 21 novembre e il 5
dicembre 1945, ricostruiscono i diversi momenti di quella tragica giornata,
insieme al profilo dei tre assassini e del loro comandante, che nel corso di
quei mesi si macchiarono di un inaccettabile numero di crimini.” (1)
Ecco i loro nomi: Giuseppe Paone era dirigente
dell’ufficio politico della questura e comandava il reparto speciale della
polizia di Como. Gli astigiani Eugenio Pugno e Pietro Accornero insieme a
Gianfranco Bartoletti, all’epoca dei fatti appena diciottenne, furono gli
esecutori materiali del triplice assassinio. La “banda Paone”, una delle tante
formazioni di polizia speciale che agiva alle dipendenze del capo della
provincia, prendeva il nome dal suo comandante, Giuseppe Paone. Si distinse in
operazioni di infiltrazione, rastrellamento ed in esecuzioni particolarmente
efferate di partigiani. Aveva sede in via Malta, 124, luogo di detenzione e
tortura. I crimini compiuti da Paone e dai suoi agenti furono riconosciuti nel
dopoguerra dalla Sezione speciale della Corte d’assise di Como.
“Secondo la ricostruzione emersa nel corso del
dibattimento - continua Casartelli - alle prime luci dell’alba del 18 luglio
1944 giunsero da Como (a Cucciago ndr) una quindicina di agenti in abiti
borghesi, appartenenti alla squadra “speciale” del tenente Paone. Com’era ormai
abituale, si trattava di un’azione finalizzata all’individuazione di
fiancheggiatori di partigiani. In prossimità del paese il Paone suddivise i
suoi uomini, i quali, fingendosi militari sbandati intenzionati ad unirsi a
qualche gruppo di partigiani, si dispersero nelle diverse direzioni. Una
giovane donna si lasciò suggestionare da Accornero e Pugno e, convinta di
aiutare due giovani sbandati, si offerse di accompagnarli all’osteria del
Dopolavoro, in centro al paese, dove avrebbero potuto avere informazioni più
precise.”
Maria Borghi e Giuseppe Meroni in una foto giovanile
I militi fascisti avevano informazioni che a Cucciago
abitava il gappista Bruno Battocchio, “Secondo”,
fratello di Giovanni. I gestori dell’osteria erano Giuseppe Meroni e la moglie
Maria Borghi. Entrati nell’osteria parlarono con il Meroni, il quale “…li
rassicurò asserendo che avrebbe potuto aiutarli a varcare il confine oppure a
entrare in clandestinità, ma in questo caso avrebbe dovuto metterli in contatto
con una persona in grado di provvedere a tutto”. I due fascisti, dopo essersi allontanati con
una scusa, ritornarono accompagnati dal Bartoletti e trovarono il Meroni in
compagnia di Giovanni Battocchio “Carnera”,
da poco entrato nelle fila della Resistenza. A quel punto ebbe inizio la
strage. Uno dei tre repubblichini estrasse due pistole e sbarrò l’uscita del
locale. Il Battocchio, a mani alzate, cercò di andare verso l’uscita ma venne
colpito da alcuni colpi di pistola, mentre gli altri due militi fascisti,
l’Accornero e il Pugno, spararono contro il Meroni. La moglie di quest’ultimo,
cercando di fargli da scudo con il proprio corpo, venne colpita anch’essa da un
colpo di pistola. L’eccidio era consumato, tre cadaveri erano al suolo.
L’intera scena si svolse in brevi istanti. L’eccitazione
della sparatoria aumentò l’ostilità dei militi che minacciarono di incendiare
il paese, covo, così affermarono, di partigiani e fiancheggiatori e di esporre
i tre poveri corpi nel centro di Como, come monito per la popolazione di tutta
la provincia. Fortunatamente, poco dopo la strage, intervenne Carlo Porta, un
giovane del posto nominato da poco tempo commissario prefettizio, il quale
impose la propria autorità politica ai militi fascisti e placò l’eccitazione e
la rabbia dei presenti.
Rinviati a giudizio alcuni mesi dopo la Liberazione,
nel corso del dibattimento gli imputati accamparono scuse e pretesti per
giustificare le loro terribili gesta ma vennero categoricamente smentiti da
tutte le testimonianze dei testimoni. “Hanno ucciso solo per uccidere – affermò
la testimone Teresa Morelli – senza alcuna necessità, neppure di difesa.”
Con sentenza del 21 gennaio 1946,
Giuseppe Paone e altri 7 agenti del suo reparto speciale di polizia vennero condannati
dalla Sezione sociale della Corte di Assise di Como. Paone e i tre responsabili
dell’uccisione di Giovanni Battoccchio, Giuseppe Meroni e Maria Borghi, vale a
dire Bartoletti, Accornero e Pugno furono condannati alla pena capitale. Con
sentenza del 10 marzo 1948, la Corte di assise di Milano commutò la pena di morte
in ergastolo.
In Piazza Martiri della Libertà a Cucciago è stata posta una
lapide con la seguente scritta: “A Giuseppe Meroni Maria Borghi e Giovanni
Battocchio martiri dell’eterna libertà, qui trucidati dai fascisti il 18 luglio
del 1944, il ricordo di tutti gli uomini che in Italia e nel mondo cercano la
giustizia, la libertà, la pace. Cucciago, 25 aprile 2009”.
Beniamino Colnaghi
Note
(1)
Tiziano Casartelli, 18
luglio 1944 – 75 anni fa la strage di tre inermi civili a Cucciago, Canturium,
2019
Stragi nazifasciste, episodio di Cucciago del 18 luglio 1944:
https://www.straginazifasciste.it/wp-content/uploads/schede/CUCCIAGO%2018.07.1944.pdf
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