L’antica chiesa de Roncho
di Giuseppe
Ildefonso Motta
L’importanza
storica e le antiche origini sono testimoniate dalla sua stessa dedicazione ad
Ambrogio, vescovo. Dopo molti decenni di abbandono, grazie ai lavori di
restauro, è stata riportata al suo uso.
Gli edifici storici sono, in un
certo senso, organismi viventi che nel corso dei secoli si sviluppano e mutano
per effetto di continui interventi. E’ spesso difficile riconoscere le
primitive forme in costruzioni che si sono via via trasformate, seguendo i
dettami estetici e funzionali delle successive architetture. La ricerca delle
fonti storiche, l’analisi archetipica, le tracce emerse dal restauro e dagli
scavi archeologici, ne consentono una possibile lettura. Lo scavo archeologico
effettuato nel 2011 nell’ambito dell’intervento di restauro conservativo
dell’antica chiesa di Sant’Ambrogio ‘ad
nemus’ in Ronco, ha consentito di fare luce sull’evoluzione delle sequenze
costruttive e di rinvenire interessanti reperti, confermando quanto emerso
dall’indagine documentale. Dopo decenni di abbandono, grazie ai lavori di
restauro, è stato possibile salvaguardare e recuperare un’importante
testimonianza del passato, restituendola ad un uso e ad un ruolo di valenza
storica e culturale. Entrare in questo antico edificio, è un po’ come ritrovare
il cordone ombelicale che lega Ronco alla sua storia.
La chiesina si trova nel Comune di Ronco Briantino (MB)
L’importanza storica e le antiche
origini della chiesa sono testimoniate dalla sua stessa dedicazione al vescovo
Ambrogio, che appare suggerire radici paleocristiane; il Dozio la definisce ‘edificata fino in antico’ (1). Una cronaca a
firma del parroco Bonfanti datata 13 aprile 1659 così descrive la collocazione
territoriale della chiesa e accenna alla prospettiva storica delle origini: “… questa mia chiesa è posta al piede del Monte
Brianteo e fu inclusa nel suo privilegio. Terra unita eccetto due cassine non
molto discoste una detta de Fumagalli e l’altra detta Casa dell’Amore… chiesa
antichissima alla deposizione di S. Ambrogio distante dalla terra un tiro
d’archibugio ed è successa in luogo di un’altra antichissima a foggia d’arcella
la quale si chiamava De Humiliati e possedeva cento pertiche di terra avidata” (2).
La cronaca trova alcune conferme
nelle antiche vicende riportate dai più eminenti trattisti di storia Umiliata, come
l’erudito gesuita Gerolamo Tiraboschi e il conte Giorgio Giulini, che citano un
documento di controversa datazione - 5 gennaio 1037 – relativo all’acquisto di
113 pertiche di terra avidata, avvenuto da parte dei Frati Umiliati nel luogo
di Ronco Diocesi di Milano (3).
Alla fine del XIII secolo, il Liber Notitiae Sanctorum Mediolani di
Goffredo da Bussero non comprende la chiesa di Ronco nell’elenco delle
settantacinque chiese della Pieve di Vimercate.
Giova però ricordare che
dall’opera del da Bussero, sono escluse le chiese dedicate al vescovo Ambrogio,
perché ritenute destinate ad una trattazione a parte. Il 25 gennaio 1312 si
registra un atto di Investitura semplice fatta dal Reverendo Cresimbene de’
Birizago designato Presbitero della Chiesa di Sant’Ambrogio nel loco di Roncho,
in ragione del diritto di ‘…decimare che
tiene la detta Chiesa sopra le terre e possessioni delli detti Frati Umigliati
di Brera site nel suo territorio per anni nove, pagando ogni anno al detto
Prete Cresimbene lire cinque serziole’ (4).
Sul finire del Trecento troviamo
l’elenco nominativo delle Cappelle della pieve di Vimercate nel codice Notitiae Cleri Mediolanensis de anno 1398, dove sono annotate le parrocchie e le
cappelle della diocesi di Milano con un certo reddito; tra esse vi si trova la
Cappella de Roncho (5).
Solo a partire dal XVI secolo
compaiono le prime descrizioni d’archivio relative all’architettura della
chiesa. Nel 1566 viene annotata l’esistenza, oltre che dell’altare maggiore,
anche di un altare laterale dedicato a ‘Maria
Santissima’ e nello stesso anno si introduce il divieto a seppellire i
morti sotto il pavimento della chiesa.
Nel 1570 sono riportate le
dimensioni della chiesa ad una solo navata, lunga
20 braccia (circa 12 metri) e larga
10 braccia (circa 6 m), alla sacrestia, a settentrione, è annessa la casa
parrocchiale di quattro locali. Nell’anno seguente 1571 viene edificato il
battistero in un angolo vicino alla porta dalla parte dell’aquiline (nord). Nel
1581 per la prima volta viene citata la presenza di un piccolo campanile di
forma quadrata dalla parte del vangelo, a sinistra dell’altare maggiore, sul
lato opposto rispetto all’ubicazione attuale.
Nel 1634 la chiesa è descritta ad
unica navata con tre archi, viene edificato un altro altare dedicato alla B.V.
Maria e vengono dipinte le figure dei quattro evangelisti. La descrizione forse
più completa della chiesa viene resa nel 1756, in occasione della visita del
Cardinale G. Pozzobonelli. Entrando, di fronte: Cappella Maggiore a forma tonda
e a volta con immagini di S. Ambrogio, Desiderio e Adriano, le cui reliquie
sono conservate a Ronco dal 1622. Entrando a destra: Cappella a forma quadrata
con immagine dipinta e molto antica
della Madonna col Bambino.
L’affresco del ‘500 è
attribuibile alla scuola di Bernardino Luini. Cappella di S. Antonio Abate e S.
Pietro Martire anch’essa quadrata: immagini dipinte dei due santi e della
Vergine. Entrando a sinistra: Cappella del battistero, rotonda, con dipinto del
battesimo di Gesù (6).
Nel 1724 viene autorizzata la
costruzione del nuovo campanile, nell’attuale posizione.
Nel 1837 si dà avvio a radicali
interventi di demolizione ed ampliamento della chiesa di Sant’Ambrogio,
attuandone la completa riconfigurazione nei canoni stilistici del trionfante
gusto Neoclassico, sulla base del progetto redatto dall’arch. Andrea Pizzala
(1798 – 1862). I lavori vengono completati il 18 agosto 1839 con l’edificazione
della chiesa attuale che presenta una pianta longitudinale articolata in tre
navate mediante due file di pilastri ed archivolti.
Le sequenze costruttive
Lo scavo archeologico è stato
condotto sotto la sorveglianza della Soprintendenza per i Beni Archeologici
della Lombardia dal 22 febbraio al 24 ottobre 2011 (7).
I dati emersi dall’analisi
stratigrafica degli scavi hanno confermato quanto documentato dalle fonti
storiche. Si è individuata una successione di cinque fasi cronologiche
sull’evoluzione della costruzione nel corso dei secoli, che abbiamo
rappresentato negli schemi planimetrici posti a seguire, redatti sulla base
delle risultanze archeologiche.
Fase I – La cappella altomedievale
All’interno del sedime
attualmente occupato dalla chiesa ottocentesca, si è rinvenuta la presenza di
strutture antropiche molto più antiche, riferibili ad un edificio primitivo
orientato in senso nord-sud (colore blu nel rilievo stratigrafico).
Le strutture sono conservate solo
a livello di fondazione e, in assenza di materiali datanti, è stato possibile
solo definire una cronologia di tipo relativo. Le strutture di fase I,
potrebbero coincidere con un primitivo edificio religioso di epoca
paleocristiana altomedievale, di forma rettangolare, lungo 8,20 m per una
larghezza visibile limitata a 1,40 m. Il muro di fondo in fianco meridionale
presenta un andamento a emiciclo ed è interpretabile come parte di un arco
absidale. Lo spazio sembra evocare la chiesa ‘a foggia d’arcella’, ovvero di
piccola arca, citata nella cronaca del 1659.
Fase II – La prima trasformazione medievale (XIV-XV secolo)
Le strutture di fase I vengono
parzialmente demolite per far posto ad un edificio religioso più ampio, di
forma rettangolare (11,90 x 6,20 m) ad aula unica con orientamento E-O ruotato
di 90° rispetto al precedente, con facciata ad ovest ed abside ad emiciclo
verso oriente (colore rosso nel rilievo stratigrafico).
Si conserva la parte absidale
meridionale che viene inglobata nel nuovo edificio come cappella laterale
dedicata, secondo le fonti storiche, alla Beata Vergine. Le misure dell’aula
coincidono con quelle riportate nel documento d’archivio del 1570 che riferisce
che la chiesa era lunga 20 braccia (12 m circa) e larga 10 (6 m circa).
Fase III – La trasformazione quattrocentesca (XV secolo)
Più articolato appare lo sviluppo
planimetrico delle strutture appartenenti alla Fase III databile al XV secolo,
che vede un ampliamento verso il lato orientale con demolizione della
precedente abside per far posto ad un più ampio presbiterio di forma
quadrangolare, con massicci contrafforti angolari (colore azzurro nel rilievo
stratigrafico).
In questa fase la chiesa assume
l’aspetto tipico degli edifici religiosi quattrocenteschi di area rurale,
caratterizzata da un’aula a navata unica a forma rettangolare, ritmata da
pilastri ed archivolti (menzionati nei documenti storici) posti a reggere una
copertura a struttura lignea a doppia falda. Il presbiterio quadrangolare
decorato da affreschi e coperto da volta in muratura a botte o a crociera.
Fase IV – Gli ampliamenti della chiesa medievale (XVI-XVII secolo)
Nella fase IV l’edificio
medievale si amplia assumendo la configurazione che ancora conservava all’atto
della sua demolizione ottocentesca. Verso nord veniva ampliata la casa
parrocchiale mentre verso sud si erige la nuova cappella di Sant’Antonio Abate
e la nuova sacrestia, andando in entrambi i casi ad occupare in parte la
presedente area cimiteriale che cingeva la chiesa.
Dinnanzi al portale d’ingresso
veniva costruito un protiro retto da due colonne in pietra. Infine, nel 1724,
si erge il nuovo campanile con torre a pianta quadra incorporata nella costruzione
laterale sud monofastigiata.
Fase V – La chiesa neoclassica ottocentesca (XIX secolo)
Nella prima metà dell’Ottocento,
anche l’antica chiesa de Roncho non sfugge alla grande trasformazione indotta
dalla combinazione tra lo sforzo riformatore nell’ambito dell’architettura di
culto e il significativo incremento demografico che, tra le sue conseguenze,
portò alla necessità di ampliamenti o trasformazioni delle chiese parrocchiali,
adeguandole al nuovo gusto che andava affermando una articolata riflessione
sulla pianta degli stessi edifici sacri. L’ultima fase è, quindi, rappresentata
dalla demolizione della chiesa ad aula unica di epoca medievale, risparmiando
solo il campanile settecentesco e la porzione di parete sud dell’altare
dedicato alla Beata Vergine con l’affresco cinquecentesco.
L’architettura della nuova chiesa viene organizzata con impianto
longitudinale a tre navate con settore
presbiterale rialzato rispetto all’aula mediante gradinata e abside ad emiciclo,
lungo il fianco sud del presbiterio viene edificata una nuova sacrestia.
Il restauro conservativo
Il restauro conservativo
dell’edificio è stato condotto per lotti successivi d’intervento, fino al
completo recupero funzionale, sottraendo l’immobile da uno stato di serio
degrado che metteva a grave rischio la salvaguardia futura del Bene. L’intervento
ha restituito la completa lettura del testo ottocentesco attraverso un restauro
conservativo filologico dell’apparato decorativo neoclassico della chiesa.
Il programma di valorizzazione culturale
mira ora ad un ulteriore obiettivo: l’allestimento di un Antiquarium quale spazio espositivo e di racconto destinato ad
ospitare i reperti rinvenuti nel corso degli scavi archeologici. Il progetto si
inquadra nella propensione al museo diffuso che permette di esporre e vedere i
reperti in relazione con il loro luogo di rinvenimento e consentirne così la
piena valorizzazione, promuovendone e diffondendone la conoscenza anche
attraverso una rete locale affinché il patrimonio culturale sia un privilegio
alla portata di tutti. Il programma prevede anche il restauro conservativo
dell’ottocentesco “Organo Tornaghi”,
costruito in cassa lignea in cantoria e posto sopra il portale d’ingresso della
chiesa.
Il progetto ha già ricevuto
l’approvazione delle competenti Soprintendenze e rientra tra quelli
finanziabili all’interno del “Progetto Bellezz@-Recuperiamo i luoghi
dimenticati”. Si è ora in attesa della conferma del finanziamento da parte
della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Sarà così possibile offrire
un’opportunità di diretta comprensione dell’evoluzione di una parte costitutiva
del nostro patrimonio storico locale.
Note
Articolo apparso sul periodico la curt degli Amici della Storia
della Brianza, N. 14 – settembre 2021
[1] Dozio G., Notizie di
Vimercate, Milano 1853, p.86
[2] Parroco Bonfanti, Registro
Archivio Parrocchiale, 13 aprile 1659
[3] Giulini G. Memorie
storiche di Milano e campagna, Milano 1760; Tiraboschi G. Vetera
Humiliatorum Monumenta III, p.236.
[5] Magistretti M. in Archivio
Storico Lombardo, 1900
[6] Anno 1756, volume XXXIII,
A.C.M. parroco C. A. Redaelli
[7] Relazione di intervento
sorveglianza archeologica Dr. S. Pruneri – Direzione Dr.ssa Anna Maria Fedeli.
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