di Giulio Oggioni (storico verderiese)
“La Salette”, inaugurata nel
gennaio del 1856, è stata recentemente restaurata, non più per le famiglie
contadine come una volta, ma trasformata in un residence per l’ospitalità e il
benessere, dove ci si può curare e gustare anche specialità culinarie molto
ricercate.
In questi anni torna di moda il
tema “Salviamo le cascine della Brianza”. Sono tantissime. Di alcune è già
iniziato il restauro, mentre altre sono andate distrutte.
Una tra le più belle, per la sua
imponenza architettonica, si trova a Verderio, sul confine di Bernareggio e
Ronco Briantino: è la cascina “La Salette”, costruita con grande ingegno tra
gli anni 1850 e 1855.
La sua inaugurazione risale al 1856. Fu
progettata dall’architetto milanese Gaetano Besia, su richiesta del conte Luigi
Confalonieri Strattmann di Milano. Il conte, che ebbe ben tredici
figli, oltre alla residenza milanese, non disdegnava di passare molto tempo
anche nella sua villa in centro paese, nell’allora Verderio Superiore.
Perché la chiamò “Cascina La
Salette” è subito detto. Dieci anni prima, esattamente il 19 settembre 1846, la
Vergine Maria era apparsa a due pastorelli, Melania e Massimino, in un piccolo
paese delle Alpi francesi: La Salette, non lontano da Corps, zona di Gap. La
veggente di quella apparizione si fece suora Carmelitana e alcuni documenti che
parlano di lei e dell’apparizione si trovano nel convento di Concesa (Trezzo
sull’Adda).
Il priore, padre Adeodato Bonzi, si
mise in contatto con il cugino, conte Luigi Confalonieri, che si incontrò con i
veggenti per conoscere ogni dettaglio dell’apparizione. Per la sua nuova
cascina, ordinò una pregevole statua di legno della Madonna con i due veggenti,
esattamente come l’avevano descritta e le mise in una cappella al centro delle
abitazioni.
La statua arrivò in cascina nel
mese di gennaio del 1856 e la tradizione popolare racconta che c’era la neve
alta e faceva molto freddo, ma quando fece il suo ingresso in corte, un pesco
vicino al portone d’ingresso, fiorì improvvisamente come fosse primavera
inoltrata. La gente gridò al miracolo e ne strappò i rami. Era il segnale che
la Vergine aveva gradito il gesto del conte e della sua gente. Del resto, non è
l’unico miracolo accaduto in cascina, ma molti altri si possono leggere nel
libro uscito nel 2006, in occasione del 150° anniversario della sua
costruzione.
La cascina era molto ampia e, in
passato, ha ospitato anche più di un centinaio di persone. A pianterreno, sotto
i porticati si trovavano le ampie cucine, mentre al piano rialzato,
raggiungibile con due larghe scale di granito, erano poste le camere e, sotto
il tetto, i solai. Ai due lati vennero erette anche due torri con altri locali
ad uso abitativo per le famiglie, mentre ai lati del corpo centrale vennero
costruite le stalle, i servizi igienici in comune, un pozzo e una cisterna per
l’acqua piovana.
Il pozzo aveva una caratteristica
unica: si pescava l’acqua fresca alla profondità di circa ottanta metri,
probabilmente derivante da una falda dell’Adda ed era anche curativa come
quella delle terme di oggi.
Il cortile, di erba con larghi
sentieri laterali e uno centrale di acciottolato, era molto ampio e in esso
giocavano i bambini, stendevano la biancheria al sole le mamme, starnazzavano
gli animali domestici, ma soprattutto, ci lavoravano i contadini.
Tutto questo è durato fino ad una
ventina di anni fa, poi, con l’addio dei contadini che l’abitavano, la cascina
restò disabitata e iniziò l’abbandono. Fortunatamente qualcuno si prese premura
di acquistarla per ristrutturarla completamente, trasformandola in un
residence, senza però cambiare le sue sembianze, ma restituendole la bellezza
di un tempo.
Immersa nel verde, ora è un luogo
di ospitalità e benessere, con esperti di medicina generale e sportiva, di
fisioterapia, di dermatologia e altre specialità. In essa c’è anche un
ricercato ristorante dove, su prenotazione, si possono gustare specialità e
anche organizzare pranzi di lavoro e di cerimonie varie.
Entrando, per chi ci ha vissuto a
lungo in cascina, si prova ancora la nostalgia del tempo passato, della gente
che ci abitava, dei suoi animali ruspanti.
Va dato quindi il merito a chi ha
voluto ristrutturarla evitando il crollo definitivo come è successo a molti
altri gioielli della nostra Brianza.
La cascina, esternamente e
internamente, ha conservato il suo fascino, ma soprattutto è rimasta la
cappella con la sua Madonna e i veggenti che aspettano la vostra visita per
soddisfare non solo la curiosità e le necessità fisiche, ma anche per rivolgere
alla Madre Celeste un saluto e una breve preghiera.
Nota
1. Articolo apparso sul periodico la curt, a cura dell’Associazione Amici della Storia della Brianza,
N. 10 – settembre 2017
La cascina La Salette di Verderio: https://colnaghistoriaestorie.blogspot.com/2013/09/la-madonna-di-la-salette-verderio.html
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.