martedì 12 maggio 2020

La Salette, il fascino di una cascina salvata(1)

di Giulio Oggioni (storico verderiese)

“La Salette”, inaugurata nel gennaio del 1856, è stata recentemente restaurata, non più per le famiglie contadine come una volta, ma trasformata in un residence per l’ospitalità e il benessere, dove ci si può curare e gustare anche specialità culinarie molto ricercate.

 
In questi anni torna di moda il tema “Salviamo le cascine della Brianza”. Sono tantissime. Di alcune è già iniziato il restauro, mentre altre sono andate distrutte.
Una tra le più belle, per la sua imponenza architettonica, si trova a Verderio, sul confine di Bernareggio e Ronco Briantino: è la cascina “La Salette”, costruita con grande ingegno tra gli anni 1850 e 1855.
La sua inaugurazione risale al 1856. Fu progettata dall’architetto milanese Gaetano Besia, su richiesta del conte Luigi Confalonieri Strattmann di Milano. Il conte, che ebbe ben tredici figli, oltre alla residenza milanese, non disdegnava di passare molto tempo anche nella sua villa in centro paese, nell’allora Verderio Superiore.
Perché la chiamò “Cascina La Salette” è subito detto. Dieci anni prima, esattamente il 19 settembre 1846, la Vergine Maria era apparsa a due pastorelli, Melania e Massimino, in un piccolo paese delle Alpi francesi: La Salette, non lontano da Corps, zona di Gap. La veggente di quella apparizione si fece suora Carmelitana e alcuni documenti che parlano di lei e dell’apparizione si trovano nel convento di Concesa (Trezzo sull’Adda).
Il priore, padre Adeodato Bonzi, si mise in contatto con il cugino, conte Luigi Confalonieri, che si incontrò con i veggenti per conoscere ogni dettaglio dell’apparizione. Per la sua nuova cascina, ordinò una pregevole statua di legno della Madonna con i due veggenti, esattamente come l’avevano descritta e le mise in una cappella al centro delle abitazioni.
La statua arrivò in cascina nel mese di gennaio del 1856 e la tradizione popolare racconta che c’era la neve alta e faceva molto freddo, ma quando fece il suo ingresso in corte, un pesco vicino al portone d’ingresso, fiorì improvvisamente come fosse primavera inoltrata. La gente gridò al miracolo e ne strappò i rami. Era il segnale che la Vergine aveva gradito il gesto del conte e della sua gente. Del resto, non è l’unico miracolo accaduto in cascina, ma molti altri si possono leggere nel libro uscito nel 2006, in occasione del 150° anniversario della sua costruzione.
La cascina era molto ampia e, in passato, ha ospitato anche più di un centinaio di persone. A pianterreno, sotto i porticati si trovavano le ampie cucine, mentre al piano rialzato, raggiungibile con due larghe scale di granito, erano poste le camere e, sotto il tetto, i solai. Ai due lati vennero erette anche due torri con altri locali ad uso abitativo per le famiglie, mentre ai lati del corpo centrale vennero costruite le stalle, i servizi igienici in comune, un pozzo e una cisterna per l’acqua piovana.
Il pozzo aveva una caratteristica unica: si pescava l’acqua fresca alla profondità di circa ottanta metri, probabilmente derivante da una falda dell’Adda ed era anche curativa come quella delle terme di oggi.
Il cortile, di erba con larghi sentieri laterali e uno centrale di acciottolato, era molto ampio e in esso giocavano i bambini, stendevano la biancheria al sole le mamme, starnazzavano gli animali domestici, ma soprattutto, ci lavoravano i contadini.
Tutto questo è durato fino ad una ventina di anni fa, poi, con l’addio dei contadini che l’abitavano, la cascina restò disabitata e iniziò l’abbandono. Fortunatamente qualcuno si prese premura di acquistarla per ristrutturarla completamente, trasformandola in un residence, senza però cambiare le sue sembianze, ma restituendole la bellezza di un tempo.
Immersa nel verde, ora è un luogo di ospitalità e benessere, con esperti di medicina generale e sportiva, di fisioterapia, di dermatologia e altre specialità. In essa c’è anche un ricercato ristorante dove, su prenotazione, si possono gustare specialità e anche organizzare pranzi di lavoro e di cerimonie varie.
Entrando, per chi ci ha vissuto a lungo in cascina, si prova ancora la nostalgia del tempo passato, della gente che ci abitava, dei suoi animali ruspanti.
Va dato quindi il merito a chi ha voluto ristrutturarla evitando il crollo definitivo come è successo a molti altri gioielli della nostra Brianza.
La cascina, esternamente e internamente, ha conservato il suo fascino, ma soprattutto è rimasta la cappella con la sua Madonna e i veggenti che aspettano la vostra visita per soddisfare non solo la curiosità e le necessità fisiche, ma anche per rivolgere alla Madre Celeste un saluto e una breve preghiera. 

Nota
1. Articolo apparso sul periodico la curt, a cura dell’Associazione Amici della Storia della Brianza, N. 10 – settembre 2017
 
Sitografia
La cascina La Salette di Verderio: https://colnaghistoriaestorie.blogspot.com/2013/09/la-madonna-di-la-salette-verderio.html
  

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