La Resistenza nella Bassa Brianza monzese
A confermare il grande spirito antifascista della Brianza furono
i risultati elettorali del 1924, ove, già in pieno regime fascista ed in una
elezione piena di brogli e atti intimidatori, il Listone fascista fu sonoramente
sconfitto. Mentre a livello nazionale la somma delle due liste fasciste
raggiunse il 65% dei voti, in Brianza non toccò nemmeno il 19%. I risultati nel
circondario brianzolo furono i seguenti: PPI (Partito popolare italiano) 35,9%,
PSU (Partito socialista unitario) 19%, Lista fascista 18,7, Pcd’I (Partito
comunista d’Italia) 13,4%, PSI massimalisti 11%.
Per il Duce fu una sconfitta bruciante. La furia dei
gerarchi fascisti si manifestò con una raffica di violenze che colpì le
istituzioni, sia cattoliche sia socialiste e comuniste. Con l'aiuto di squadre
fasciste giunte dalla Bassa milanese e da Milano, a Monza furono devastate le
sedi de «Il Cittadino», della Camera del Lavoro e di 14 circoli cattolici e 12
socialisti. Inoltre, nel circondario brianteo cooperative, circoli e biblioteche di
ben 43 paesi subirono la stessa sorte.
I risultati delle elezioni evidenziarono il grande spirito antifascista
delle popolazioni brianzole, non solo di quelle orientate a sinistra, ma in
misura consistente anche di quelle cattoliche.
L’antifascismo in Brianza fu radicato e profondamente unitario e di popolo. La Resistenza vide la partecipazione di tutte le diverse organizzazioni partigiane. Una serie di resoconti, dati e testimonianze sono dettagliatamente illustrati nei libri di Pietro Arienti, La Resistenza in Brianza; di Emilio Diligenti e Alfredo Pozzi, La Brianza in un secolo di storia d’Italia; di Carlo Levati, Ribelli per amore della libertà e dell’ANPI di Desio, 60 liberazioni – album di famiglia.
Alla vigilia dell’insurrezione è stato calcolato che in Brianza, compresa la zona del lecchese, erano operanti oltre 30 brigate e formazioni partigiane, di diverso orientamento politico e culturale, per un totale di oltre 8.000 uomini. A Pizzo D’Erna, sopra Lecco, si è svolta, tra il 17 ed il 20 ottobre 1943, la prima battaglia della Resistenza nell’Italia settentrionale, alla quale parteciparono anche dei brianzoli, che, a seguito della controffensiva tedesca, si sono poi spostati in altre zone d’Italia, in particolare in Val D’Ossola. Una bellissima targa, posta all’arrivo della funivia dei Piani D’Erna, con la foto del comandante partigiano Invernizzi, ricorda quegli avvenimenti.
Per questa posizione geografica e per la vicinanza del confine elvetico, la zona lecchese non poté fare a meno di diventare nella regione il centro organizzativo del nuovo movimento armato antifascista ed anti-tedesco.(1)
L’antifascismo in Brianza fu radicato e profondamente unitario e di popolo. La Resistenza vide la partecipazione di tutte le diverse organizzazioni partigiane. Una serie di resoconti, dati e testimonianze sono dettagliatamente illustrati nei libri di Pietro Arienti, La Resistenza in Brianza; di Emilio Diligenti e Alfredo Pozzi, La Brianza in un secolo di storia d’Italia; di Carlo Levati, Ribelli per amore della libertà e dell’ANPI di Desio, 60 liberazioni – album di famiglia.
Alla vigilia dell’insurrezione è stato calcolato che in Brianza, compresa la zona del lecchese, erano operanti oltre 30 brigate e formazioni partigiane, di diverso orientamento politico e culturale, per un totale di oltre 8.000 uomini. A Pizzo D’Erna, sopra Lecco, si è svolta, tra il 17 ed il 20 ottobre 1943, la prima battaglia della Resistenza nell’Italia settentrionale, alla quale parteciparono anche dei brianzoli, che, a seguito della controffensiva tedesca, si sono poi spostati in altre zone d’Italia, in particolare in Val D’Ossola. Una bellissima targa, posta all’arrivo della funivia dei Piani D’Erna, con la foto del comandante partigiano Invernizzi, ricorda quegli avvenimenti.
Per questa posizione geografica e per la vicinanza del confine elvetico, la zona lecchese non poté fare a meno di diventare nella regione il centro organizzativo del nuovo movimento armato antifascista ed anti-tedesco.(1)
La targa commemorativa ai Piani D'Erna
A partire dal 1942, anche in Bassa Brianza, per intenderci
nel territorio appena sopra Monza, tra Seveso, Seregno, Meda, Lentate, Cesano
Maderno, dove iniziano le prime dolci ondulazioni, come un po’ ovunque,
cominciarono a scarseggiare i viveri di prima necessità, che vennero razionati,
e si verificarono i primi bombardamenti. A seguito dei massicci bombardamenti
alleati di Milano, arrivarono nei comuni brianzoli i primi sfollati. La vita
della gente divenne ancora più precaria. In un tale quadro si può comprendere
quindi come, nel diffuso malcontento popolare, si ebbero i primi sintomi di
fermento: diversi giovani partirono dai loro paesi per aderire alle formazioni
partigiane già costituitesi. Si formarono gruppi clandestini e nuclei di
antifascisti cominciarono a nascondere armi. I rapporti tra gli occupanti
tedeschi e la popolazione civile s’inasprirono ulteriormente. Si assistette ad
una escalation di sequestri
illegittimi, arbitrarie perquisizioni domiciliari, precettazioni ed angherie di
ogni sorte. Il clima divenne sempre più di paura e di sospetto. Aumentarono le
denunce anonime e le delazioni, la repressione si inasprì, si allargò a macchia
d’olio la borsa nera.
Ma anche i partigiani intensificarono la propria attività,
moltiplicarono le riunioni clandestine, aumentarono gli atti di sabotaggio, si
procurarono le armi, compirono azioni di disturbo. In questi comuni
l’organizzazione della Resistenza fu, dal punto di vista militare, di tipo
tradizionale. Non meno rilevante fu il lavoro politico portato avanti
parallelamente all’azione bellica. Le fabbriche della zona diedero il loro contributo,
organizzando scioperi memorabili, come quelli del marzo 1943. Le azioni
politiche e sindacali si coordinarono con il centro strategico di Milano e Sesto
San Giovanni e le zone di Varese e Como-Lecco.
Nell’ottobre del ’43 iniziarono ad operare in Brianza le
prime Squadre di Azione Patriottica, impegnate soprattutto a procurare armi ed
a compiere atti di sabotaggio contro installazioni germaniche. In numerose
fabbriche della Brianza si svolsero gli scioperi del marzo 1944: Hensemberger e
Singer di Monza, Bianchi di Desio, Gilera e Bestetti di Arcore, Incisa di
Lissone, Linificio e Canapificio di Vimercate. Significativi furono quelli
nelle fabbriche tessili con manodopera prevalentemente femminile.
La Resistenza nella Bassa Brianza fu probabilmente meno
esaltante e rilevante sotto l’aspetto militare, rispetto ai combattimenti
avvenuti in montagna, ma non per questo meno utile e priva d’interesse. Nel
loro bel libro sopraccennato, Diligenti e Pozzi hanno scritto: “La Brianza ha
dato più di quello che finora è apparso negli studi storici sulla Resistenza in
Italia, più di quello che gli stessi brianzoli pensano di avere dato”.
In questa terra “… dove operai, contadini e artigiani
vivono a contatto con i propri dirigenti e compagni di lavoro, e dove la Chiesa
si appoggia alle case e vive la vita che la anima, è naturale che la resistenza
al nazifascismo nascesse e si sviluppasse come una realtà pluralistica, pur
nella comune unità di intenti e di scopi”.(2)
Questi comuni sono stati impregnati di una profonda tradizione culturale
cattolica, come del resto lo è stata tutta l’area brianzola. Questo elemento,
unito alla significativa presenza della tradizione socialista e
dell’associazionismo cooperativo, è assai importante per capire la naturale
ripulsione di questa terra verso la dittatura fascista. “In questa dimensione sociale si incontrano
gli uomini di tutti i partiti e di tutte le opinioni politiche, il che aiuta a
comprendere come la lotta per la Liberazione trovò accomunati cattolici,
comunisti, socialisti, liberali, uomini del partito d’azione e apolitici”.(3)
La caratteristica con la quale il fascismo si manifestò
nella Bassa Brianza non fu sostanzialmente diversa da quella conosciuta da gran
parte degli italiani, soprattutto nelle aree del centro-nord. Non vi furono,
nei territori in questione, eccidi e stragi paragonabili a quanto avvenne in certe
zone dell’Emilia Romagna, della Toscana ed a Roma, ma vennero compiuti, da
parte dei fascisti repubblichini e dei nazisti, violenze e atti criminali nei
confronti di partigiani e cittadini innocenti.
Come a Lissone, quando, l'11 giugno 1944, due membri
della Legione Muti, in servizio presso il Comune e sempre scatenati alla
ricerca di renitenti, furono uccisi dal lancio di bombe a mano. Per ritorsione
vennero arrestati cinque·partigiani, i quali non era sicuro fossero gli autori
dell' attentato. Ma ormai la guerra era totale, per loro non ci fu scampo.
Pierino Erba e Carlo Parravicini vennero condotti nella piazza centrale del
paese. I fascisti chiamarono a raccolta con gli altoparlanti la popolazione ignara di ciò che stava accadendo. Dopo pochi
minuti i due giovani furono fucilati pubblicamente. Altri due fermati, Remo Chiusi e Mario Somaschini, furono invece
incarcerati e seviziati alla Villa Reale a Monza dove, il giorno seguente, subirono
la stessa tragica sorte.
Verso la fine di quello stesso mese, a Desio si
assistette all’omicidio di Luigi Biondi, partigiano dell' Atm di Milano,
prelevato da casa sua in viale Monza a Milano e trucidato nella cittadina
brianzola.
A Seveso, il 13 luglio 1944, durante un allarme
aereo, la ronda della Gnr (Guardia Nazionale Repubblicana) uccide per la
leggerezza di un suo componente una signora inerme, Antonia Vago. A sparare è
stato il milite Paolo Cogliati, che è subito trasferito. Un mese dopo viene
ucciso in circostanze non chiarite, mentre era di servizio sulla provinciale
Saronno-Monza.
Il 31 agosto, a Cesano Maderno, un’altra squadra
della Gnr e della Brigata nera si reca presso un deposito di armi allestito dai
partigiani del luogo. I fascisti perquisiscono così Baruccana, frazione di
Seveso, dove rinvengono armi, manifestini antifascisti e parecchie carte
d'identità in bianco. Mentre è in atto il sopralluogo giunge il partigiano
Pietro Arienti, che viene immediatamente immobilizzato. Ha indosso due pistole,
il suo destino è segnato. Viene caricato su di un camion e trasferito alla
caserma di Cesano. Pietro non si dà per vinto e salta improvvisamente dal mezzo,
un milite se ne avvede e con una scarica lo abbatte, i proiettili vaganti
colpiscono anche una passante, uccidendola.
Il 18 luglio, nel Canturino, la polizia fascista è
alla caccia di elementi particolarmente attivi nella ribellione; uno degli
obiettivi è Cucciago, dove abita Bruno Battocchio, uno dei primi sappisti della
zona. Giunti alla casa di questi non pensano a dare degli avvertimenti, agiscono
immediatamente. Sfondano la porta e lanciano all’interno della casa delle bombe
a mano uccidendo degli inermi. Il ricercato non era nemmeno in casa. Muoiono
senza colpe Giovanni Battocchio, fratello di Bruno, la moglie Maria Borghi e
Giuseppe Meroni.
Il 25 aprile 1945 fu il giorno dell’insurrezione, della
Liberazione dell’Italia del Nord.
A Milano, alle ore 8
del mattino, presso il collegio dei salesiani di via Copernico si riunì
il Comitato di liberazione nazionale dell’Alta Italia (Clnai) che approvò
all’unanimità la proclamazione dell’insurrezione ed emanò tre decreti. Nel
primo si stabilì l’assunzione di tutti i poteri, civili e militari, da parte
del Clnai e dei Cln regionali e territoriali e vennero istituiti i tribunali di
guerra, disciolti i reparti armati fascisti, assicurato il trattamento di
prigionieri di guerra a quelli germanici. Con il secondo decreto, “per
l’amministrazione della giustizia”, vennero nominate le commissioni di
giustizia per la funzione inquirente, i tribunali di guerra e le corti d’assise
popolari per quella giudicante. Si stabilì, inoltre, che “i membri del governo fascista e i
gerarchi del fascismo colpevoli
di aver contribuito alla soppressione delle garanzie costituzionali, di aver
distrutto le libertà popolari, creato il regime fascista, compromesso e tradito
le sorti del paese e di averlo condotto all’attuale catastrofe, sono puniti con
la pena di morte e nei casi meno gravi con l’ergastolo”.
Anche in Brianza il popolo scese in strada festeggiando la
fine della guerra e la libertà ritrovata.
Il 25 aprile rappresentò certo un punto di arrivo, ma anche
un punto da cui partire. Sconfitto il fascismo e riconquistata la libertà,
gravi e drammatici problemi si presentarono di fronte ai Cln ed a tutta la
popolazione italiana. Dalla urgente risoluzione di quei problemi dipendeva la
nascita della nuova Italia democratica, repubblicana, costituzionale.
I valori e i meriti della Resistenza, del movimento
partigiano, dei militari schieratisi nelle file della lotta di Liberazione e
delle risorte Forze Armate italiane, restano incancellabili, al di fuori di
ogni retorica mitizzazione. La Resistenza, l’impegno per riconquistare all’Italia
libertà e indipendenza, fu nel suo insieme un grande moto civile e ideale, cui
parteciparono in vario modo le popolazioni delle regioni occupate dalle forze della
Germania nazista. Ma fu innanzitutto popolo in armi, mobilitazione coraggiosa
di uomini e donne, giovani e giovanissimi, che si ribellavano all’oppressione
straniera, di italiani che uscivano dalle dure vicende della guerra fascista e
riprendevano le armi per la causa della liberazione dell’Italia e dell’Europa
dal totalitarismo nazifascista.
Beniamino Colnaghi
Bibliografia e sitografia
Anpi Monza e
Brianza - http://www.anpimonzabrianza.it/storia.html Anpi Lissone – http://anpi-lissone.over-blog.com/article-22172662.html
Pietro Arienti, La Resistenza in Brianza, Missaglia, Bellavite Editore, 2006.
Corriere della Sera - http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerThread.php?threadId=25aprile
Giorgio Lazar, A conquistare l’azzurra primavera, i Quaderni della Brianza, numero 38/39, gennaio/aprile 1985, pp. 33-57.
Note
(1) Mario De Micheli, Uomini sui monti, Editori Riuniti, Roma, 1953, pag. 38.
(2) Gianfranco Bianchi, Della Resistenza, edito a cura della Provincia di Milano, 1975.
(3) Ibidem
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