Quella che viene di seguito proposta è una storia che ancora oggi avvolge l’antica comunità ebraica praghese. Nel post si raccontano la vita e le opere di uno dei più importanti rabbini della capitale boema, Judah Loew ben Bezalel, noto anche come Jehuda Löw ben Bezalel. Figlio di Bezakek ben Chajim, uomo molto stimato nella città di Worms sul Reno, in Germania, nacque probabilmente nel 1512 nella stessa Worms, oppure a Poznań, una città sul fiume Warta, nella parte occidentale della Polonia. Morì a Praga il 17 settembre 1609. Rabbi Löw operò per molti anni a Poznań come rabbino, per poi trasferirsi a Praga alla corte dell’imperatore Rodolfo II, dove venne eletto rabbino capo, carica che mantenne fino alla sua morte. Fu sepolto presso il Vecchio Cimitero ebraico di Praga, luogo in cui si conserva tuttora la sua tomba con la pietra tombale intatta.
La tomba di Rabbi Löw |
Jehuda Löw abitava nel vicolo principale del quartiere ebraico di Praga, la Breite Gasse. Sulla porta della sua casa fece scolpire su una pietra un leone con un grappolo d’uva come simbolo della sua discendenza.
Negli anni in cui Rabbi Löw si stabilì a Praga, moltissimi ebrei provenienti dalla Russia e dai Balcani immigrarono in quella città, che divenne anche meta di fuggitivi dalla Spagna e dal Portogallo, i quali cercavano riparo dalla feroce Inquisizione scatenata in quelle terre. Altri coloni e sbandati arrivarono da città tedesche e dall’Europa Centrale.
Rabbi Löw visse con angoscia quegli anni così difficili per il suo popolo, durante i quali si moltiplicarono gli attacchi antisemiti e le devastazioni popolari, con conseguenti massacri e saccheggi, avvenuti spesso nell’indifferenza delle autorità.
Il suo nome è inoltre legato alla leggenda del Golem, pubblicata oltre due secoli dopo la sua morte, secondo la quale, per proteggere gli Ebrei del ghetto da attacchi antisemiti e pogrom, egli avrebbe creato un essere vivente fatto d'argilla, utilizzando le conoscenze esoteriche riguardo alla creazione di Adamo.
La statua di Rabbi Löw a Praga. |
Un giorno Rabbi Löw chiese udienza all’imperatore al fine di avere un appoggio politico per proteggere il suo popolo, ma il suo segretario lo allontanò in modo sgarbato dal palazzo. Allora attese tra la folla radunata sul Ponte Carlo, in ceco Karlův Most, il passaggio della carrozza imperiale che si stava dirigendo verso la città vecchia, in lingua ceca Staré Město. Al suo sopraggiungere gli si fermò dinnanzi con le braccia tese obbligando i cavalli ad una brusca frenata. L’imperatore, parecchio alterato, si affacciò al finestrino per vedere che cosa fosse successo. Rabbi gli si avvicinò, non prima di aver fatto un profondo inchino, e porse al regnante una lettera di supplica con preghiera di concedergli udienza. Dopo sette giorni, davanti alla casa del rabbino si fermò una lussuosa carrozza che lo portò al cospetto dell’imperatore. Sedette di fronte a lui e ad altri eruditi e nobili di corte, discutendo la questione degli attacchi contro gli Ebrei e della minacciata espulsione dalla città del suo popolo. L’imperatore capì ed ebbe clemenza. Lo stesso giorno Rodolfo II ordinò che agli Ebrei non fosse fatta nessuna ingiustizia e che ogni loro infrazione dovesse essere giudicata da un tribunale ordinario. Ordinò anche che, per colpa di un singolo, non si dovesse mai ritenere responsabile l’intera comunità.
Grazie alle sue sagge mediazioni ed alla capacità di dialogo, la sua stima andò crescendo anno dopo anno ed a Praga si cominciò a dire che fosse saggio quanto il re Salomone.
Il tempo, però, non giocò a favore del popolo ebraico. L’imperatore, per lo più occupato con i suoi interessi scientifici e le sue passioni, delegò gli affari di stato ai suoi consiglieri, i quali, non amando gli Ebrei, utilizzavano ogni occasione per contrapporre l’imperatore contro di essi. Stanco di questo stato di tensione e delle continue liti, Rodolfo II dispose, senza indugio, l’espulsione di tutti gli Israeliti dalle sue terre.
Durante una delle notti seguenti, l’imperatore ebbe uno strano sogno. Vide sé stesso viaggiare in carrozza, sudato e con difficoltà a respirare. Vedendo nei pressi un fiume, fece fermare la carrozza ed entrò a rinfrescarsi. Guadagnata la riva, vide con stupore che i suoi abiti, la carrozza ed il seguito erano scomparsi. Cominciò a camminare nel bosco, fino a notte fonda. Quando avvistò le prime luci di Praga, era ormai mattino. Scambiato per un mendicante, la gente lo coprì di insulti e lo respinse nella ricerca di cibo. Sulla strada principale che conduceva al suo castello, notò il passaggio della carrozza imperiale con a bordo un uomo. Gli fu subito chiaro che un qualche impostore si era impossessato dei suoi vestiti ed aveva preso il suo posto.
Umiliato, con i piedi feriti e lo stomaco vuoto camminò fino al ghetto e si diresse davanti alla sinagoga Vecchia-Nuova, che gli fece ricordare Rabbi Löw, il quale abitava poco distante. Si diresse presso la sua abitazione, dove venne accolto con rispetto e dove poté lavarsi e mangiare qualcosa. Ristorato, chiese aiuto al rabbino capo il quale, saggiamente, gli disse: “Tutti i malfattori tornano sempre sul luogo del delitto. Oggi farà molto caldo e sicuramente il vostro sosia andrà a farsi il bagno nello stesso fiume e luogo dove è diventato imperatore grazie all’inganno. Andate in quel luogo e fate la stessa cosa che lui ha fatto a voi”.
In cambio, Rabbi Löw chiese all’imperatore di concedere alla comunità ebraica praghese di rimanere nella terra dei suoi padri. L’imperatore predispose un nuovo decreto con il quale annullava il suo provvedimento di espulsione.
La scena si svolse come Rabbi predisse e ciò permise all’imperatore di riappropriarsi dei suoi vestiti e correre velocemente con la carrozza al castello. In quel preciso momento Rodolfo II si svegliò, disteso sul suo letto e tutto gli parve estremamente chiaro. Si avvicinò al tavolo della sua stanza e notò che sopra di esso c’era il decreto da lui stesso redatto e sottoscritto.
Rimase a lungo seduto a riflettere.
Il mattino successivo consegnò ai suoi ministri il decreto di annullamento dell’espulsione, dicendo di recapitarlo a Rabbi Löw, il quale informò immediatamente la sua fedele comunità che sarebbe rimasta a Praga ancora per lungo tempo.
Francobollo commemorativo in occasione del quattrocentesimo anniversario dalla morte. |
Beniamino Colnaghi
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