Mentre la
Grande Guerra si stava concludendo, l'Italia organizzò nella capitale il
"Congresso delle Nazionalità oppresse dall'Impero austro-ungarico". I
lavori si svolsero a Roma nei giorni 8, 9 e 10 aprile 1918 e nella sala degli
Orazi e Curiazi del Campidoglio venne formulato il "Patto di Roma",
con il quale il nostro Paese elaborò un disegno di politica estera di ampio
respiro, delineando quale assetto avrebbe potuto avere il continente europeo
dopo la fine del conflitto.
Il Patto di Roma è poco conosciuto in Europa,
e, purtroppo, lo è ancor di meno nel nostro Paese. Eppure, quel momento storico
vide l’Italia abbandonare qualsiasi velleità imperialistica e diventare protagonista
in Europa nella ricerca di una elaborazione politica e strategica che superasse
i contenuti del Patto di Londra, in base al quale l’Italia entrò in guerra. Gli
accordi scritti a Roma furono veramente momenti “alti” della storia
italiana, assieme al Risorgimento e alla fondazione, nel secondo dopoguerra,
della Comunità Europea, con Francia, Germania occidentale e Benelux. Con il
Patto, l’Italia si pose al centro di un grande processo storico e di cambiamento
radicale in Europa. Decidendo di mettersi alla testa di tutti quei comitati
delle nazionalità soggette all’Impero austro-ungarico, sorti all’estero dopo
l’inizio del conflitto e che ne volevano la dissoluzione, il nostro Paese cambiò
la sua strategia politica, non più rivolta solo all’annessione di alcune
regioni, ma diretta ormai all’abbattimento della Monarchia. Di qui il Congresso
di Roma dell’8-10 aprile, che vide uniti assieme agli italiani i cechi, gli
slovacchi, i polacchi, gli jugoslavi, i romeni, ma anche esponenti inglesi,
francesi, americani, e la successiva Dichiarazione o “Patto”, con il quale si
riconosceva l’aspirazione all’indipendenza dei popoli dell’area danubiano-balcanica,
quale era stata prefigurata nel corso del Risorgimento da Giuseppe Mazzini.
Ma questa
aspirazione all’indipendenza non fu poi così scontata se, fino al 1914 i
responsabili delle varie componenti nazionali della Monarchia erano disponibili
al suo mantenimento in vita, anche perchè non avevano molte alternative
praticabili. Da una parte c’era la Germania, che emergeva potente,
dall’altra c’era la Russia zarista. Essi volevano una ristrutturazione
dell’Impero in senso federalistico, in modo tale da avere voce in capitolo nel
governo. Si era coniata da tempo l’espressione “austroslavismo” per indicare la
disponibilità degli slavi a collaborare. Gli stessi socialisti erano d’accordo,
vedevano nell’area asburgica la prima possibilità di realizzare
l’internazionalismo proletario. Ma le classi dominanti austro-tedesche e
magiare non intendevano perdere la loro supremazia, lo Stato non riusciva a
trasformarsi da apparato repressivo, di polizia, a Confederazione di popoli. A
poco a poco però emerse un’autocoscienza nazionale in tutti i popoli, un processo unitario.
L'Italia, in questo contesto, diventò capofila del
riscatto nazionale di queste popolazioni. Certo, vi furono motivi ideali ma
anche contingenti e di opportunità. C’era una situazione estremamente difficile al fronte.
La disfatta di Caporetto aveva spostato la guerra a ridosso di Venezia. La
Russia nel marzo si era ritirata negoziando la pace di Brest Litovsk e quindi
tutta la potenza di fuoco dell’esercito austro-ungarico poteva venire
concentrata sull’area italiana, uno sfondamento in questo settore sarebbe stato
decisivo per le sorti del conflitto. Ma tutto questo ha oscurato la presenza e
l’attivissimo lavorio della componente politica dell’interventismo democratico
che intendeva portare avanti una strategia alternativa a quella del ministro
degli Esteri Sonnino e riprendere la tradizione mazziniana di un’alleanza
organica con i movimenti di rinascita nazionale delle popolazioni slave (e
anche non slave, pensiamo agli albanesi ed ai romeni) dell’Europa centrale.
Oltre
agli uomini di governo italiani ed ai politici di diversi schieramenti, i principali
promotori dell’assise romana, appoggiati da numerose associazioni, furono
alcuni uomini di cultura italiani, intellettuali, scrittori quali Giani
Stuparich, Umberto Zanotti-Bianco, Leonida Bissolati, Francesco Ruffini, Andrea
Torre, Giovanni Amendola, Gaetano Salvemini, Giuseppe Prezzolini.
Per comprendere un po’ meglio i motivi che indussero l’Italia a promuovere
e organizzare l’assise romana occorrerebbe anche aggiungere che, prima dello
scoppio della guerra, il quadro geopolitico europeo cambiò radicalmente nel
giro di pochi anni. Nel ’15 l’Italia entrò in guerra per acquisire certe
regioni con le quali avrebbe completato il suo processo unitario, ma non per
abbattere la Monarchia, perchè si temeva che si creasse un vuoto nell’area
danubiano-balcanica. Il corso della guerra dimostrò comunque che non si
potevano scindere i destini dell’Austria-Ungheria da quelli della Germania, e
quindi non si poteva battere questa e salvare l’altra. La strategia di politica
internazionale andava quindi completamente rimodulata, e ciò doveva avvenire, e
di fatto avvenne a Roma nell’aprile del 1918, appoggiando i comitati che
agivano per la creazione di nuovi stati. Questi comitati portavano avanti
una prospettiva di integrazione tra le diverse etnie presenti nelle nuove
entità statali. Si parlò di integrazione e convivenza, quindi, non di
separazioni e intenti nazionalistici.
Roma, 24.05.1918. Lo slovacco Štefánik, al centro, durante la cerimonia di consegna della bandiera
Ma chi furono i maggiori esponenti delle
popolazioni coinvolte ed i rappresentanti degli Stati successori all’Impero che sottoscrissero il
Patto di Roma? Due su tutti. Tomáš G. Masaryk, primo presidente e fondatore della
nuova Cecoslovacchia, che scrisse La Nuova Europa. Il punto di vista slavo, proprio
nel corso del conflitto, che costituisce una delle analisi più lucide delle
cause dello scontro in atto e mostra quali alternative positive si potessero
aprire dalla dissoluzione della Monarchia asburgica. Lui vide in prospettiva la
creazione di nuove aggregazioni di popoli su base democratica e nuove forme di
integrazione in Europa centrale, non più legate all’aspetto dinastico, ma
espressione di libere scelte. Divenne già negli ultimi anni dell’Ottocento un
punto di riferimento culturale e politico non solo per cechi e slovacchi, ma
anche per gli slavi del sud e tutta l’intellighenzia dell’Europa centrale,
profondo conoscitore della Russia e legato al liberalismo progressista
occidentale. E poi Milan Rastislav Štefánik. esponente slovacco, astronomo,
aviatore, naturalizzato francese e diventato generale dell’Armée, ma che
operò intensamente anche in Italia. Fu lui a organizzare la Legione
ceco-slovacca e avrebbe voluto che l’Italia giocasse un ruolo decisivo nello
scacchiere danubiano-balcanico anche dopo il conflitto. Morì prematuramente
proprio mentre stava ritornando in patria con un aereo Caproni, in vista di
Bratislava, il 4 maggio 1919.
Il monumento di T. G. Masaryk al "Castello" di Praga
Dopo la conclusione del primo conflitto mondiale, da parte di alcuni
politici e storici italiani si parlò di “vittoria mutilata” dell’Italia. Ma
molti non furono d’accordo con questo “luogo comune”, con questa pretestuosa
invenzione. Una falsità storica. L’Italia ottenne tutto, sul confine
settentrionale, con l’acquisizione del Trentino e del Sud Tirolo, e su quello
orientale dell’intera Istria, di Fiume (non compresa nel Patto di Londra) e di
Zara. Si tentò di censurare il Congresso di Roma e la pacificazione, ossia l’intesa
che in quell’occasione vi fu con gli slavi, perchè si voleva indebolire fin
dall’inizio il nascente Stato dei serbi, croati e sloveni, che si chiamerà
Jugoslavia dopo il 1929.
Beniamino Colnaghi
Note e bibliografiaL’Europa orientale e la nascita degli stati: http://colnaghistoriaestorie.blogspot.it/2015/02/leuropa-orientale-radici-storia-e.html
Le terre orientali dell’Impero
austro-ungarico: http://colnaghistoriaestorie.blogspot.it/2015/07/le-terre-orientali-dellimperoaustro.html
Cronologia 1918: http://cronologia.leonardo.it/storia/a1918e.htm
Francesco Leoncini, Il Patto di Roma e la legione Ceco-Slovacca. Tra Grande Guerra e Nuova
Europa, Kellermann Editore, 2014.
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