lunedì 9 gennaio 2017

Il flauto di Pan: mitologia e tradizioni in Brianza

Sono numerose le leggende che si narrano attorno alla figura del dio Pan. Una leggenda narra che fosse figlio di Zeus e della ninfa Callisto, secondo un’altra, la più accreditata, pare fosse il figlio del dio Ermes e della dea Persefone, che subito dopo averlo messo al mondo lo abbandonò tanto era rimasta inorridita dalla sua bruttezza. Infatti, Pan era più simile a un animale che a un uomo, in quanto il corpo era coperto da ispido pelo, dalla bocca spuntavano delle zanne ingiallite, il mento era ricoperto da una folta barba, in fronte aveva due corna e al posto dei piedi aveva due zoccoli caprini.
Ermes, impietositosi da questo bambino, al quale la natura non aveva certo fatto dono di alcuna grazia, decise di portarlo nell'Olimpo al cospetto degli altri dei, dove, nonostante il suo aspetto, fu accolto con benevolenza. Pan infatti aveva un carattere gioviale e cortese e tutti gli dei si rallegravano alla sua presenza.
Pan era fondamentalmente un dio silvestre che amava la natura, amava ridere e giocare. Amò e sedusse molte donne tra le quali la ninfa Eco e Piti, la dea Artemide e Siringa, figlia della divinità fluviale Ladone, della quale si innamorò perdutamente. La fanciulla però non solo non condivideva il suo amore ma quando lo vide fuggì inorridita, terrorizzata dal suo aspetto caprino. Siringa iniziò a pregare il proprio padre affinché le mutasse l'aspetto in modo che Pan non potesse riconoscerla. Ladone, straziato dalle preghiere della figlia, la trasformò in una canna nei pressi di una grande palude. Pan, afflitto, abbracciò le canne ma più nulla poté fare per avere Siringa. A quel punto recise la canna, la tagliò in tanti pezzetti di lunghezza diversa e li legò assieme. Fabbricò così uno strumento musicale al quale diede il nome di "siringa", che ai posteri è anche noto come il "flauto di Pan".

Un affresco di Pan alla Reggia di Caserta
 
Il flauto di Pan è uno strumento musicale molto antico. Ci sono prove della sua esistenza intorno al 2500 a.C. nel Mar Egeo e nelle Cicladi. È composto da cinque o più tubi di lunghezza progressivamente crescente e legate tra loro come una zattera. I tubi di Pan sono strumenti realizzati a mano con cura ed esperienza, sono solitamente costruiti in canne comuni o di bambù, disposte in linea o riunite in fascio, con un unico foro su cui vengono appoggiate le labbra per l’insufflazione. Lo si può considerare come l'antenato dell'armonica a bocca e dell'organo a canne.  
Questo strumento viene utilizzato nella musica popolare ed è suonato ancora oggi in paesi come il Perù, la Colombia e l’Ecuador. Il paese europeo dove lo strumento conosce il maggior successo è probabilmente la Romania, affiancato dalla Germania, dall’Austria e dalla Svizzera tedesca. Ma è proprio in quest'ultima che viene utilizzato di più dai cantanti, tanto da renderlo uno degli strumenti tipici della cultura svizzera.

La sala dei flauti di Pan presso il Meab(1) di Camporeso di Galbiate (Lecco)

Sulla presenza del flauto di Pan in area lombarda, segnatamente in un’area compresa tra la Brianza comasca, lecchese e milanese e la provincia bergamasca, si hanno poche documentazioni sia iconografiche sia scritte. In Brianza(2) e nel bergamasco una variante tradizionalmente usata del flauto viene chiamata, a seconda delle zone, firlinfeu, firlinfö, fregamüsùn, orghenì, sìfol.
Alcune persone residenti in Lombardia hanno lasciato testimonianze circa l’uso del flauto di Pan da parte di alcuni ragazzi, che formavano vere e proprie bande musicali, durante varie occasioni di vita comunitaria e feste locali, quali, per esempio, matrimoni, cerimonie pubbliche, coscritti o solo musiche da suonare sotto le finestre delle future spose.
Che il flauto di Pan potesse essere già presente in Lombardia dalla seconda metà del XVIII secolo è confermato da una serie di documenti iconografici, quali dipinti di pittori lombardi e stampe di sapore romantico conservate presso alcuni musei o raccolte private. Il flauto è raffigurato su dipinti di Giacomo Francesco Cipper, detto il Todeschini, nel Settecento e, successivamente, di Giovanni Segantini. In quegli anni lo strumento ebbe un fine quasi esclusivamente pastorale o contadino che serviva ad allietare le povere serate della gente di campagna e i giorni di festa nelle cascine e nelle osterie dei paesi.  
Verso la metà dell’Ottocento, durante la dominazione austriaca, i primi costruttori di firlinfö cominciarono a fornirli ai nascenti gruppi di appassionati che formarono così le prime bande musicali. In Brianza e in area bergamasca nacquero così intere famiglie appassionate allo strumento. La diffusione di queste bande musicali preoccupò non poco le autorità politiche e il clero locale che temettero attività illecite, disattenzione verso le pratiche religiose e possibili focolai di rivolta.
La formazione dei gruppi musicali di firlinfö anticipò di poco l’esordio delle prime bande di ottoni. Da questi primi nuclei contadini e popolari, nati come detto dalla necessità di aggregazione e divertimento, si sono diramate poi le varie correnti musicali in ossequio allo spirito ed alle “mode” del tempo.
Nei primi decenni del Novecento il fenomeno assunse caratteri più associativi e di massa che generarono tracce di spettacoli in grande stile. All’interno di queste esibizioni musicali fecero il loro ingresso altri strumenti, quali la fisarmonica, il tamburello e la chitarra, oppure si vide la presenza di balletti femminili e l’uso di costumi tradizionali che ricordano gli abiti e le figure di Renzo e Lucia. Nell’intera Brianza sorsero e si svilupparono decine e decine di bande di canne, confermando che il flauto di Pan era talmente radicato nella tradizione brianzola da essere considerato una delle più autentiche espressioni di cultura popolare. Con l’avvento del fascismo e con la nascita dell’Opera Nazionale Dopolavoro(3), a partire dalla metà degli anni Venti del secolo scorso, le bande strumentali e musicali, tra le quali le bande di can vennero istituzionalizzate e catalogate come gruppi folkloristici.

 Il gruppo folkloristico e musicale "La Brianzola" di Olgiate Molgora (Lecco)

Nel canturino nacque, pare nel 1895, un gruppo stabile di suonatori che diede poi origine al gruppo folcloristico “Città di Cantù”, denominato in dialetto fregamüsun, che significa sfregare il muso sullo strumento, gruppo tuttora in attività malgrado il lento declino. All’epoca era attivo presso alcune cascine della zona e in una chiesa di Cantù. Caratteristiche peculiari del gruppo musicale furono la presenza di un numero considerevole di suonatori e il vasto repertorio di brani musicali.
Un altro gruppo di suonatori di flauto di Cantù, sorto nella frazione di Vighizzolo, nacque nel 1928 grazie alla passione ed alla capacità di Natale Brambilla, un commerciante canturino, il quale diventò direttore musicale e diede il proprio nome al gruppo.     
Nell’area lecchese alcuni membri di antiche famiglie locali diedero origine, già nei primi anni dell’Ottocento, a quelli che in seguito divennero il “Gruppo folkloristico Promessi Sposi” di Oggiono e un gruppo di suonatori di firlinfö di Valgreghentino.
A Lecco città nacque nel 1904 il gruppo “Renzo e Lucia” mentre altri sorsero nel territorio provinciale, tra i quali “La Brianzola” di Olgiate Molgora,  “L’Allegra Brigata” di Mandello del Lario”, “Firlinfö” di Pusiano, “Fit-Fucc” di Canzo.
Accanto a questi gruppi organizzati e censiti ve ne furono moltissimi altri non ufficiali e nati spontaneamente, che l’avvento delle due guerre mondiali del Novecento e la nascente “modernizzazione” dei costumi e dei gusti degli italiani decimarono.

Beniamino Colnaghi

Note

2. Sulla diffusione e la costruzione del flauto di Pan in Lombardia, si evidenzia l'opera monografica di Giorgio Foti, Il Flauto di Pan in Brianza e nel Lecchese, Oggiono – Lecco, 1993, e i saggi etnomusicali di Paolo Mercurio, Flauto di Pan: Vittorio Pozzi (Bottanuco, BG), Maestro di Urghenì, per passione e per amore verso la tradizione, BF Magazine, maggio 2014; Flauto di Pan: Camillo Brambilla (Bernareggio, MB) , tre generazioni al servizio della musica popolare lombarda, BF magazine, giugno 2014.
3. Il Dopolavoro di Paderno d’Adda: http://colnaghistoriaestorie.blogspot.it/2012/02/il-dopolavoro-di-paderno-dadda-gestito_22.html

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