Il nome
Adda, Ada in lingua lombarda, deriva
dal celtico Abdua e significa
"acqua corrente". I vari rami sorgentizi dell'Adda nascono sulle Alpi
Retiche dal giogo dello Stelvio e dal Gruppo dell'Ortles, più precisamente a
2.237m s.l.m., sul versante meridionale del Monte del Ferro, nella Val Alpisella
(Parco Nazionale dello Stelvio). Con un percorso che si sviluppa per 313 km è
il quarto fiume italiano per lunghezza. Il corso principale
dell'Adda ricade interamente in Lombardia e tocca diverse provincie.
Nei
secoli scorsi il fiume ha rappresentato la via preferenziale per gli scambi
commerciali, soprattutto tra il lago di Como e Milano. Non a caso risalgono a
quei tempi la costruzione delle alzaie, che rendevano più veloci i trasporti
fluviali, la realizzazione del Naviglio della Martesana nella seconda metà del
XV secolo, e quello di Paderno, un canale artificiale costruito per
oltrepassare le rapide presenti in quel tratto di fiume.
Il sistema dei navigli nel XVIII secolo (cliccare sulle foto per ingrandirle)
Il fiume,
oltre a svolgere un ruolo di primo piano a livello economico, favorendo
l’industrializzazione dell’intera Lombardia, ebbe il ruolo di creare una vera e
propria frontiera e barriera, attraverso il suo corso naturale e la
costruzione, a opera dell’uomo, di fortificazioni e punti di passaggio e
attraversamento controllati. Le dispute e le rivalità sono sempre state
all’ordine del giorno. Storicamente famosa divenne la disputa sulla pesca
quando il fiume divenne confine tra il Ducato di Milano e la Repubblica di
Venezia. I ducali ritenevano il fiume interamente milanese, mentre la
Serenissima giudicava le popolazioni rivierasche libere di pescare. La controversia
indusse il governo milanese a legittimare “l’offesa senza pena alcuna” contro i
bergamaschi, scoperti a pescare nell’Adda. A causa dei frequenti “litigi”, gli
abitanti dei piccoli borghi che punteggiavano le rive del fiume non vivevano certamente
tranquilli, perché erano spesso coinvolti nelle guerre e nelle dispute in armi
tra i due potenti Stati.
Durante il
Rinascimento, e ancor fino alla loro dissoluzione, il Ducato di Milano e la
Repubblica di Venezia furono due tra gli stati tecnologicamente e culturalmente
più avanzati nell'Italia delle Signorie: questo era dovuto a diversi aspetti,
tra i quali, come abbiamo appena visto, al complesso sistema di canali
artificiali che fin dall'epoca romana irrigava la pianura milanese, rendendola
uno dei territori più fertili d'Europa. Su questo fitto reticolo di navigli,
canali e rogge si svilupparono l'industria e i commerci: l'acqua forniva
energia per mulini, filande e filatoi, folle da carta, fucine ed era via di
comunicazione per il trasporto di merci e persone dalla Valtellina e dalla
Svizzera verso Milano. A presidio furono costruiti i caselli daziari. Le acque
dell'Adda e del Ticino entravano in Milano attraverso la fossa interna dei
navigli, il Tombone di San Marco e la Darsena di Porta Ticinese: sulle loro
sponde sorgevano molteplici attività industriali.
Il fiume Adda
è uno dei luoghi dove la presenza di Leonardo da Vinci ha lasciato maggiori
tracce.
Leonardo soggiornò a Milano per due lunghi periodi e in quegli anni ebbe modo
di spostarsi e conoscere i territori bagnati dal fiume. Leonardo condusse studi
ed esperimenti per il suo trattato "Delle Acque" e ritrasse i
paesaggi del medio corso dell'Adda: il fiume tra Monasterolo e Trezzo, la Martesana e il promontorio di Concesa, il traghetto "porto" tra Vaprio e Canonica, praticamente identico a
quello tutt'oggi funzionante a Imbersago,
il castello di Trezzo. Interessante fu la sua visita alla forra d'Adda,
con il famoso scorcio dei Tre corni, che, secondo molti esperti, li dipinse
nello sfondo della Vergine delle Rocce.
Concepì e progettò migliorie e aggiornamenti tecnologici per le chiuse
idrauliche, che furono dette da allora "conche vinciane", progettò il Naviglio di Paderno per collegare il lago di Como con la città di Milano,
progetti contenuti nel Codice Atlantico, la più vasta raccolta al mondo di
disegni e scritti autografi di Leonardo da Vinci, conservato sin dal 1637
presso la Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano.
Anche Alessandro Manzoni, nel suo apprendistato
poetico giovanile, ebbe modo di scrivere un idillio intitolato Adda. Era contenuto in una lettera che
il giovane Manzoni indirizzò a Vincenzo Monti, esponente di spicco del
neoclassicismo italiano. Nell’idillio il poeta dà voce all’Adda, che diventa
quindi protagonista, la quale invita il Monti a trascorrere un po’ di tempo
nella quiete della sua valle e a trarne ispirazione poetica, ricordando che già
il lago di Pusiano[1] ispirò la vena poetica di
Giuseppe Parini. In età adulta, all’interno del suo capolavoro storico, I promessi sposi, Manzoni cita spesso il
fiume e i luoghi più caratteristici che si affacciano su di esso.
Il medio
corso dell’Adda, ossia il tratto pedemontano del fiume, quello centrale, rappresenta
un punto di riferimento fondamentale per tutta l’area che si estende a sud di
Lecco, dividendo, per un lungo tratto, le provincie di Lecco e Monza-Brianza,
da una parte, e Bergamo, dall’altra. Da Lecco a Trezzo sull’Adda il fiume
scorre veloce tra depositi alluvionali e glaciali, con un andamento abbastanza
rettilineo nel primo tratto, per poi, tra Paderno d’Adda e Porto d’Adda,
percorrere la forra d’Adda, una specie di canyon scavato nel corso di migliaia
di anni; un tratto di una bellezza paesaggistica con pochi pari.
Pescarenico
Sempre
nel romanzo I promessi sposi, il
Manzoni ambienta parecchi capitoli nel territorio lecchese, li cita e li
descrive in modo molto realistico, tanto da permettere che quelle storie
costituiscano la più significativa eredità culturale lecchese. Nel capitolo IV
del romanzo, Manzoni così descrive Pescarenico, un piccolo quartiere di Lecco:
“… è Pescarenico una terricciola, sulla riva sinistra dell’Adda, o vogliam dire
del Lago, poco discosto dal ponte: un gruppetto di case, abitate la più parte
da pescatori, e addobbate qua e là di tramagli e di reti tese ad asciugare…”. Fu
dalle sponde del lago in questo punto che Lucia si allontanò in barca per
sottrarsi alle mire di Don Rodrigo.
Seguendo
la corrente del fiume, poco a sud di Lecco, l’Adda tende ad allargarsi,
formando il lago di Garlate, sulla riva sinistra del quale, in zona panoramica,
sorge il santuario di San Girolamo Emiliani, ove sono conservate le ossa del
santo. Poco sopra il santuario si raggiunge la Rocca dell’Innominato, resa
celebre dal Manzoni. Originariamente chiamata Rocca di Tremasasso,
probabilmente di età tardo-romanica, era stata costruita sul confine del
contado di Lecco affinché, da quell’altura, si controllasse la strada per
Bergamo e parte del lago. La rocca fu teatro di aspre battaglie e contese che
videro contrapposti, tra gli altri, il Ducato di Milano e la Repubblica di
Venezia. Venne distrutta dai francesi nei primi anni del XVI secolo.
Il santuario del Lavello
Sempre
sulla sponda bergamasca, a Calolziocorte, si può visitare il santuario di Santa
Maria del Lavello, inserito nel progetto europeo “Strada dei Chiostri, che ne
ha pure consentito il restauro. Nel santuario si possono ammirare affreschi
rinascimentali e barocchi e dipinti di Domenico Scaretti di Pontida.
Il santuario della Beata Vergine Addolorata di Airuno
(fonte http://www.ibrianza.net/pagineverdi/da-vedere-in-brianza/santuario-madonna-della-rocca-airuno)
Proseguendo
il percorso verso sud, nel territorio
di Airuno, provincia di Lecco, si può salire su una collina di pietra calcare, sulla
quale, a poco meno di 400 m. di altezza, si incontra il santuario della Beata
Vergine Addolorata, o della Rocca, dal quale si gode una splendida visuale
sulla valle dell'Adda e sul paesaggio che la circonda, in un luogo suggestivo
per la straordinaria bellezza. Il nucleo originario del santuario era
costituito da una chiesetta posta entro le mura di una rocca fortificata. Di
questa si ha notizia in un documento testamentario del 960 redatto da Alcherio,
nobile di origine longobarda capostipite della famiglia dei Capitani di Airuno,
detentori del controllo del fiume Adda tra Calolziocorte e Arlate. Fu questa
famiglia che probabilmente nel Trecento costruì la chiesa che fu ampliata in
forme tardo gotiche in epoca sforzesca. Bisogna comunque risalire al 1558 per
avere la prima notizia documentata dell'esistenza della chiesetta. Nella
relazione della visita di san Carlo Borromeo nel 1571 viene annotato che la Chiesa
di S. Maria della Pace o della Rocca era posta dentro le mura di un castello e
che fu restaurata e forse ampliata in seguito all'abbattimento di un'altra
chiesetta dedicata a san Michele. Si deduce che il culto mariano fosse già
radicato in queste terre e che, nel corso dei secoli XVI e XVII, per il
particolare contesto storico-sociale in cui la Brianza e l'intero Milanese
vennero a trovarsi, segnato da guerre, carestie e pestilenze, tale culto si sia
rafforzato e qui, in particolare, abbia promosso il restauro e l'abbellimento
della chiesa.
Il castello di Brivio
Poco dopo Airuno, l’Adda entra nel territorio del
Comune di Brivio, luogo di nascita di Cesare Cantù. Secondo alcuni storici,
Brivio deriva da briva, che in
celtico significa “passaggio”, “ponte”. Brivio è conosciuto prevalentemente per
il suo castello, che conserva ancora un suo magico imponente aspetto con il
baluardo costruito alla fine del XV secolo a rinforzo e protezione del maschio
a nord-est, verso il fiume e, quindi, verso il confine con la Serenissima. Il baluardo
presenta pianta triangolare, con «i lati sfuggenti all’impeto della corrente
del fiume» e, come suggerisce Galileo Galilei nel Trattato di Fortificazione, «due
cannoniere orientate in maniera diversa», una verso nord e l’altra verso sud,
per controllare il fiume a monte e a valle; la seconda appare trasformata in
porta d’accesso fin da epoca sconosciuta. Presenta inoltre il pozzo, ancora da
ispezionare, «necessario per soddisfare le necessità dei soldati e raffreddare
i cannoni dopo l’uso», che avrebbe potuto pescare l’acqua da una cisterna o
direttamente dal fiume. Alla stessa epoca devono risalire le modifiche alle
murature, con inserimento di feritoie. Dalla parte del paese invece il castello
si presenta come una vasta corte circondata da edifici di civile abitazione e
da fabbricati già a destinazione commerciale, affiancata da una signorile
palazzina degli anni Venti del Novecento.
Il
monastero di Arlate, dedicato a san Colombano, è esplicitamente citato per la
prima volta nel 1162. Venne costruito sull'apice di una collina che domina la
valle dell'Adda, secondo lo stile romanico e con l’utilizzo di materiali del
posto: la pietra "molera" della Brianza. Secondo alcuni storici, la
fondazione, probabilmente posteriore al 1125, potrebbe esser connessa ai
signori de Calcho feudatari del luogo. La prima menzione di una badessa, e
quindi la certezza di un monastero femminile, è del 1311. Anche le fonti
cluniacensi ricordano questo priorato nel XIV secolo, quando fu unito a
Pontida. Non è dunque dato sapere se sia stato cluniacense fin dall'origine, ma
l'impianto della chiesa del XII secolo può attestarlo con una certa
plausibilità, per l'analogia con altri impianti dei priorati lombardi. L'edificio,
pur passato attraverso cospicui interventi di restauro, soprattutto quelli del
XVI e XVII secolo, conserva sostanzialmente l'impianto primitivo.
A poche
centinaia di metri dalla chiesina di Arlate sorge il santuario della Madonna
del Bosco di Imbersago, del quale, sempre su questo blog, si è già avuto modo
di parlare.[2]
Val la pena
rimanere su Imbersago per dire qualcosa sul “Traghetto di Leonardo”, che collega
questo comune all’abitato di Villa D’Adda, sponda bergamasca. Il traghetto non
è altro che un barcone di legno di 60 metri quadri circa, sul quale è posto un
albero munito di un rullo rotante e di un perno fisso entro i quali scorre una
fune d’acciaio, tesa tra le due sponde del fiume. Il traghetto, governato da un
solo manovratore, sfrutta la corrente naturale del fiume e si sposta azionando
uno speciale timone posto sotto la chiglia. Leonardo non progettò questa
imbarcazione, ma disegnò un traghetto durante la sua permanenza a Vaprio
d’Adda, chiamandolo “porto” di Canonica. Quando Leonardo arrivò a Milano,
esistevano già alcuni esemplari di traghetto che collegavano le due sponde
dell’Adda: quello che collega Imbersago a Villa d’Adda è l’unico sopravvissuto.
La diga di Robbiate e, sulla destra, l'inizio del Naviglio di Paderno
Per poter
ammirare la bellezza paesaggistica e monumentale del tratto di fiume che
collega Imbersago a Trezzo sull’Adda è consigliato percorrere l’alzaia destra con
una bicicletta, il mezzo ecologico per eccellenza.[3]
Prima che inizi la forra dell’Adda si incrociano due grandi opere di ingegneria
idraulica: la centrale Semenza, sulla sponda bergamasca, a Calusco d’Adda,
inaugurata nel 1920, e la diga di Robbiate, in territorio lecchese, che forma
un piccolo bacino, dal quale ha inizio il Naviglio di Paderno, un canale
artificiale costruito per oltrepassare le rapide dell’Adda, al fine di
consentire la navigazione continua e sicura tra il lago di Como e Milano. Agli
inizi del Cinquecento la realizzazione del Naviglio fu affidata a Leonardo da
Vinci. Alla sua morte, il progetto si interruppe per alcuni anni per poi
riprendere e fermarsi più volte nel corso dello stesso secolo. I lavori
ripresero solo nel 1773,
sotto l'egida di Maria Teresa d'Asburgo e dopo innumerevoli
progetti con nuove disposizioni per mediare tra gli interessi contrastanti
della popolazione di Milano e quella di Como, si conclusero nel 1777. Il Naviglio permise
l’incremento dei commerci, ma alla fine dell’Ottocento cadde in rovina. La
società Edison, nel 1898, modificò il primo tratto del corso del canale per
poter sfruttare le caratteristiche a vantaggio della centrale idroelettrica
Bertini di Cornate d’Adda.
Il ponte San Michele
Ma la
grande attrazione della zona è rappresentata dalla maestosa presenza del ponte
San Michele, che collega le province di Lecco e Bergamo. Il ponte fu costruito
tra il 1887 ed il 1889 dalle Officine Savigliano su progetto dell’ingegnere
svizzero Jules Röthlisberger, sopra una gola che il fiume Adda forma in
località Paderno d’Adda. Inaugurato contemporaneamente alla Tour Eiffel, è
unanimemente considerato come un vero e proprio simbolo dell’archeologia
industriale in Italia e una delle più interessanti realizzazioni
dell’ingegneria italiana nell’Ottocento. Il ponte è lungo 266 metri e si
eleva a 85 metri al di sopra del livello del fiume ed è formato da un'unica
campata in travi di ferro che sostiene, tramite 7 piloni sempre in ferro,
un'impalcatura a due livelli di percorribilità, il primo ferroviario e il
secondo stradale.
La forra d'Adda
Durante
l’ultima glaciazione i ghiacciai, oggi limitati a pochi lembi residui in zone
di alta montagna, coprivano un’estensione ben maggiore, arrivando quasi alle
porte di Milano. Le grosse “lingue” glaciali che, scendendo dalle Alpi,
invadevano la pianura, lasciarono come traccia del loro passaggio, oltre alle
valli che si sarebbero trasformate nei grandi laghi prealpini (Maggiore, Como,
Iseo e Garda), enormi ammassi di detriti: le colline chiamate “morene”. Una
delle testimonianze più evidenti di questo processo è il “ceppo dell’Adda”, la
roccia di origine glaciale che caratterizza il paesaggio del fiume fino
all’altezza di Trezzo. All’altezza di Paderno, l’Adda si insinua in uno
spettacolare canyon di ceppo, la forra d'Adda,
monumento naturale del Parco Adda Nord: perfino Leonardo ne fu affascinato al
punto da studiarlo, misurarlo, disegnarlo nei codici e ritrarlo sullo sfondo
del famoso dipinto La Vergine delle Rocce.
Il santuario della Madonna della Rocchetta
All’interno
di questo spettacolo naturale, e nel contesto ecomuseale dell’Adda di Leonardo,
fra la Conca delle Fontane e la Conca Grande, nel tratto in cui il percorso
perde di vista il fiume per costeggiare il canale un tempo utilizzato per la
navigazione, si giunge al santuario della Madonna della Rocchetta, in
territorio di Porto d’Adda, che già nel XII - XIII
secolo si chiamava Portus de Coronatae. Sullo stesso sito pare sorgesse
un castello di origini longobarde, con le macerie del quale venne costruito il
santuario. La chiesa fu eretta al tempo della
costruzione del Duomo di Milano, anno 1386, dal fisico Beltrando Cornatese, che
vi chiamò i frati eremiti dell'ordine religioso di Sant'Agostino, i quali
occuparono la località per pochi decenni, poiché all'inizio del XVI secolo
Filippo Maria Sforza trasformò l'altura rocciosa in un fortilizio, pur
lasciando intatta la chiesa. Oggi il santuario è stato restaurato ed è utilizzato
per funzioni religiose, nonché per visite culturali e turistiche.
Alcune conche e sbarramenti
La centrale idroelettrica Bertini
La centrale idroelettrica Esterle
Poco più
a valle della centrale idroelettrica Bertini, di cui si è brevemente accennato
poco sopra, ormai fuori dal canyon in cui si era infilato il fiume a Paderno, sorge
la centrale Esterle, sempre alimentata dall’acqua del canale artificiale. La
centrale è nota anche per l’architettura rinascimentale dalle imponenti
vetrate, abbellita di mattoni rossi e decorata da colonnine con ornamenti
geometrici e floreali.
La centrale idroelettrica Taccani e il castello visti dall'Adda
L’Adda
ora tende ad allargarsi, scorrendo lenta e paciosa verso Trezzo. Qui l’attende
il castello[4],
posto in posizione dominante sopra le spettacolari anse, che venne costruito,
distrutto, ampliato, modificato più volte nel corso dei secoli. Fu prima
longobardo, poi residenza imperiale di Federico Barbarossa, quindi venne
conquistato dai Visconti di Milano nel 1324 per poi essere trasformato dagli
Spagnoli in carcere. Abbandonato all’incuria, venne acquistato nel 1891 da
Cristoforo Benigno Crespi, che fece costruire la centrale idroelettrica Taccani,
oggi dell’Enel, ai piedi del castello. Nel 1982 il Comune di Trezzo ne divenne
proprietario, aprendolo al pubblico.
Beniamino Colnaghi
Note
(1) Il lago
di Pusiano: http://colnaghistoriaestorie.blogspot.it/2014/09/blog-post.html(2) Madonna del Bosco: http://colnaghistoriaestorie.blogspot.it/2014/05/la-storiella-di-bertoldo-raffigurata-al.html
(4) http://www.comune.trezzosulladda.mi.it/interne.aspx?ID=555
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.