Il Congresso di Vienna si svolse tra il 1814
e il 1815. Venne convocato con il compito di dare un nuovo
assetto politico all’Europa dopo la sconfitta della Francia napoleonica, cui
presero parte tutti gli stati europei, ma che in realtà fu dominato dalle
maggiori potenze uscite vittoriose dalla guerra. Per la prima volta nella
storia dell’Europa moderna tutti i sovrani e i loro ministri partecipavano ad
un grande congresso in prima persona. Pur essendo tutti d’accordo sulla
necessità di fondare il nuovo ordinamento politico-territoriale del continente,
su un equilibrio politico che fosse garante della pace futura e neutralizzasse la Francia , i lavori andarono
a rilento, causa idee diverse e contrastanti sulle modalità di realizzazione
pratica di tali obbiettivi.
Quando arrivò a Vienna la notizia
dello sbarco di Napoleone in Francia, i partecipanti al Congresso accelerarono,
facilitando la ricerca di un compromesso fra le parti. In poco più di due mesi
si giunse alla redazione dell’atto finale del Congresso, firmato dalle quattro
potenze antinapoleoniche e dalla stessa Francia, dal Portogallo, dalla Svezia e
poi da tutti gli stati minori. Le basi su cui si fondò l’accordo erano due: il
principio di ‘legittimità’, in forza del quale su ogni trono doveva tornare il
legittimo sovrano, e il principio di ‘equilibrio’, che prevedeva per vari stati
una grandezza territoriale tale da favorire una pace europea duratura.
Dopo che le risoluzioni politiche
e territoriali del Congresso furono attuate concretamente, un’amplissima area
del continente europeo si trovò divisa tra quattro grandi realtà statuali:
l’impero ottomano, l’impero austriaco, l’impero russo ed il regno di Prussia
(poi impero germanico). Due secoli dopo, ossia oggi, la frammentazione di quei
territori, causata principalmente dalle guerre combattute nel secolo scorso, ha
visto il formarsi di una trentina di stati. Se volessimo comparare questa
realtà con quella che potremmo definire nord-occidentale, ossia quell’area che
si spinge fin sulle coste del Mare del Nord e dell’Oceano Atlantico, potremmo
osservare come sia stata profondamente diversa la storia di queste due parti
dell’Europa dal punto di vista della formazione degli stati.
L'Europa nel 1815 dopo il Congresso di Vienna
I quattro grandi imperi si sono
dunque frantumati nel corso dei secoli XIX e XX, a causa, in prima istanza, della
guerra tra Russia e Turchia del 1877-1878, conclusasi con le determinazioni del
Congresso di Berlino, e poi a seguito degli accordi scaturiti dal patto di Versailles, il trattato di
pace che pose ufficialmente fine alla prima guerra mondiale, alla conferenza di
Yalta del 1945, al crollo dell’Unione Sovietica ed alle guerre intestine nella
ex Jugoslavia.
Tuttavia, la divisione e la
frantumazione dell’area in questione non si può spiegare solo con le risultanze
delle guerre e dei conseguenti trattati di pace, ma per definire la nascita dei
nuovi stati-nazione e individuarne i confini è necessario analizzare altri
criteri, che concorrono, tutti insieme, a definire quella parte d’Europa. Se
però dovessero essere presi singolarmente, i criteri sottoesposti potrebbero
essere non sufficienti. Occorrerebbe anche aggiungere, per completare il
quadro, che la delimitazione dell’Europa orientale potrebbe variare a seconda
dei punti di vista, dato che questa idea è solamente un concetto astratto
legato all'organizzazione umana.
Alcuni criteri di natura storica
ed economica che servono ad individuare l’area europea orientale sono basati
sul ritardo di centralizzazione degli stati di quell’area e sulla presenza di
spinte centrifughe, soprattutto da parte della Prussia, dell’Austria e della
Russia. L’aspetto economico mette in luce il forte ritardo con cui quegli stati
siano entrati nei processi della rivoluzione industriale ed abbiano mantenuto
un’organizzazione agricola decisamente arretrata. Il criterio politico-sociale
farebbe appartenere all’area europea orientale tutti quei paesi che hanno avuto
governi ispirati dal Marxismo e dalla Rivoluzione bolscevica. Da questo
criterio sono escluse però la
Grecia , Cipro e, naturalmente, la Turchia , geograficamente
appartenente al continente asiatico.
Per quanto riguarda il criterio
etnico-linguistico osserviamo come la gran parte dei popoli dell’Europa orientale
appartiene al gruppo linguistico indoeuropeo di lingue slave, che nei secoli si
sono incontrati e contaminati con altre popolazioni indoeuropee e con popoli
che parlavano la lingua ugro-finnica. Tuttavia, nell’area europea orientale
sono compresi stati le cui popolazioni non parlano lingue slave, come la Romania , l’Ungheria, la Lituania ecc. Un altro criterio è quello religioso che
divide l’area sostanzialmente in tre parti: quella cristiana greco-ortodossa
(Serbi, Russi, Greci ecc.), quella slava cattolica (Polacchi, Cechi, Lituani
ecc.) e quella musulmana nel sud.
Per analizzare la storia di
questa parte d’Europa sono partito dal Congresso di Vienna, un evento ricordato
su tutti i testi storici e politici, del quale quest’anno ricorre il duecentesimo
anniversario. Risulta del tutto evidente che la storia era iniziata qualche
secolo prima, ossia dal grande rimescolamento di popoli e culture avvenuto a
seguito della fine dell’Impero Romano di Occidente. Non tutte le regioni
dell’area europea orientale appartenevano all’Impero Romano. Le regioni, per
fare un esempio, poste a nord del corso del Danubio non conobbero l’occupazione
romana, ad eccezione della Transilvania. Queste ultime regioni, senza la
protezione romana, furono attraversate da emigrazioni di popoli che
contribuirono, successivamente, a creare la crisi dell’Impero. Alla morte
dell’imperatore Teodosio l’Impero Romano venne diviso tra Impero Romano
d’Occidente, nel quale era prevalente la cultura latina, e Impero Romano
d’Oriente, nel quale la cultura greca era dominante.
La prima cristianizzazione nei
territori dell’Impero corrisponde al periodo in cui l’Impero si divise. I
cristiani d’Occidente obbedirono al vescovo di Roma, quelli d’Oriente ebbero
come riferimento il patriarca di Costantinopoli. A seguito di questa
spaccatura, nacque una rivalità tra la Chiesa di Roma e quella di Costantinopoli la
quale, nel 476 d.C., caduto l’impero Romano d’Occidente, pretese che tutte le
chiese cristiane gli fossero fedeli. Naturalmente la Chiesa romana si oppose
strenuamente al volere del patriarca di Costantinopoli, finché, tre secoli
dopo, con Carlo Magno, re dei Franchi, fece rinascere il Sacro Romano Impero.
La contrapposizione tra le due Chiese provocò uno scisma, che, insieme agli
avvenimenti causati dalle crociate, aumentò ulteriormente la divisione. La
spaccatura tra la Chiesa
di Roma e la Chiesa
di Costantinopoli fu, da allora, definitiva. Da questi ultimi avvenimenti la
differenza di fede contribuì a creare una barriera tra le diverse regioni
d’Europa.
In quei secoli, le due Chiese furono
molto impegnate nell’opera di evangelizzazione delle popolazioni, non solo quelle
presenti nei rispettivi territori di competenza, ma anche quelle che stanziavano
oltre, verso nord ed est dell’antico Impero Romano.
Dopo la caduta di Costantinopoli,
nel mondo ortodosso nacque il mito di Mosca-Terza Roma, che rivendicò il
primato sia della Chiesa ortodossa sia della Russia. Questo mito ha un ruolo
importante nella politica russa dal Cinquecento in poi e legittima anche l’uso
politico della religione ortodossa ed è una delle fonti del panslavismo e
dell’opposizione dell’Oriente all’Occidente. Nella parte orientale dell’Europa
il sovrano di rango imperiale o regale bizantino, il sultano ottomano e lo zar
russo concentrarono nelle loro mani sia il potere temporale sia quello
spirituale. A differenza dell’Oriente bizantino e russo-ortodosso, l’Europa occidentale
fu segnata dalla separazione tra potere temporale e spirituale.
Oltre agli aspetti religiosi, un
altro criterio, quello economico, già accennato poco sopra, ci aiuta a capire
le differenze, spesso profonde, tra le due parti dell’Europa. In Occidente i
grandi cambiamenti del commercio e della struttura economica e amministrativa
determinano la fine del sistema feudale e l’avanzata, a volte impetuosa, della
nuova economia capitalista. Questi scenari permettono la nascita dell’idea di
stato nazionale. Nell’area orientale europea la situazione è molto diversa,
perché lo sviluppo è più lento, il sistema conserva le sue caratteristiche
feudali, è assente una rivoluzione agraria e si registra la permanenza di un
mondo contadino arcaico.
Un’altra diversità di notevole
portata riguarda, soprattutto a partire dal XVII secolo, l’omogeneità interna
alle due aree interessate. Nella parte occidentale gli stati si presentano
abbastanza omogenei dal punto di vista sociale, economico ed etnico.
Nell’Europa orientale questa omogeneizzazione non si è invece realizzata, dove
gruppi etnici diversi continuano a vivere fianco a fianco. L’Europa orientale è
definita da von Mises “come insieme di territori plurilingui in cui si
instaurano legami particolari tra arretratezza (ma arretratezza connessa da più
di un punto di vista col perdurare delle invasioni e quindi non solo
socioeconomica), nazionalità e tipi di nazionalismo; costruzione statale e
tentativo di modernizzazione”. Queste distinzioni coincidono con quella del
diverso sviluppo tipico dell’Europa centro-orientale e occidentale, che ha dato
origine a due diversi modelli di identità nazionale e idea di nazione.
Una mappa dell'Europa nel 1912
Un ultimo punto, connesso alla
particolare situazione degli stati che appartengono all’Europa
centro-orientale, è costituito dalla difficoltà a recepire sistemi e forme di
governo tipiche di una democrazia parlamentare e rappresentativa. Già nel 1919
von Mises scriveva che “il liberalismo è riuscito ad affermarsi soltanto
nell’Europa occidentale e in America. Nell’Europa centrale e orientale, dopo
una breve fioritura, è stato nuovamente respinto; il suo programma democratico
è sopravvissuto soltanto nei programmi e più di rado nelle azioni dei partiti
socialisti”.
Nel primo dopoguerra, dopo un
iniziale periodo parlamentare, si assiste, negli anni Trenta, al progressivo
instaurarsi di regimi di tipo autoritario, stati di polizia e dittature.
Fascismo e nazismo fanno la loro comparsa in Europa centro-orientale negli anni
Trenta. Ovunque sorgono organizzazioni paramilitari violente, si diffondono i
loro programmi, vengono praticate devastazioni e massacri. In parallelo i
governi si spostano a destra, i regimi divengono monopartitici, si introducono
il corporativismo e le leggi antisemite. Ma i partiti di questa regione, legati
a Roma e soprattutto a Berlino, rimangono all’opposizione fino allo scoppio
della seconda guerra mondiale.
L’identità nazionale è per i
paesi dell’Europa centro-orientale un problema di recente origine e grande
complessità. I confini nazionali vennero disegnati con i vari trattati di pace
del 1919 e 1920, confini successivamente cancellati dall’occupazione tedesca
prima e sovietica poi. Si dovranno attendere gli sconvolgimenti del 1989, il
crollo del Muro di Berlino e l’implosione dell’Unione Sovietica a far sì che
questi paesi iniziassero a ridefinire la propria identità e costruire una nuova
pagina della propria storia.
Beniamino Colnaghi
Bibliografia
·
Armando Pitassio, Storia dell’Europa Orientale, Perugia, Morlacchi Editore, 2011· Massimo Libardi e Fernando Orlandi, Mitteleuropa, mito, letteratura, filosofia, Scurelle (TN), Silvy edizioni, 2011
· Ludvig von Mises, Stato, nazione ed economia: contributi alla politica e alla storia del nostro tempo, Torino, Bollati Boringhieri, 1994
· Francesco Tuccari, La nazione, Roma-Bari, Laterza, 2000
Vari siti internet che trattano argomenti di storia e politica
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