Il
Festival di Woodstock si
svolse nei giorni 15, 16, 17 agosto 1969 a Bethel, piccola località dello stato di
New York e fu probabilmente il più importante evento collettivo nella storia
della musica rock. Organizzato come un semplice rock festival di provincia,
accolse inaspettatamente per tre giorni e tre notti oltre mezzo milione di
giovani.
In marcia verso Woodstock |
La
straordinaria riuscita dell’evento dipese, oltre che dalla presenza di rockers di qualità, anche dal momento politico,
sociale e culturale: le date in cui ebbe luogo, infatti, vengono fatte
coincidere con la consacrazione mediatica della rivoluzione culturale del '68 e
il culmine dell'era hippy. Migliaia
di giovani americani, per tre giorni, abbandonarono i propri interessi
personali per dedicarsi a qualcosa che, a posteriori, venne visto come un sogno
collettivo di cambiamento della società.
Al
festival del 1969 parteciparono trentadue tra musicisti e gruppi, fra i più
noti di allora, tra cui: Joan Baez, Joe Cocker, Creedence Clearwater Revival,
Crosby, Still, Nash & Young, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jefferson Airplane,
Santana, The Who, Grateful Dead. Declinarono
l’invito a partecipare, seppur con motivazioni diverse, i Beatles, Bob Dylan, i
Doors, i Led Zeppelin, i Procol Harum, i Jethro Tull, Frank Zappa. Anche la
leggenda del rock and roll Chuck Berry avrebbe dovuto partecipare al festival ma,
all’ultimo momento, non riuscì a trovare l’accordo con gli organizzatori.
La marea di giovani presenti al festival |
Jimi Hendrix sul palco |
Peace and love |
Il
festival di Woodstock fu alimentato dal clima favorevole degli anni 1968/1969,
per molti versi anni di grandi cambiamenti, nei quali grandi movimenti di massa
attraversarono quasi tutti i paesi del mondo con la loro carica contestativa,
che fece vacillare governi e sistemi politici in nome di una trasformazione
radicale della società. La portata della partecipazione popolare e la sua
notorietà, oltre allo svolgersi degli eventi in un tempo relativamente
concentrato ed intenso, contribuirono ad identificare col nome dell’anno il
movimento: il Sessantotto, appunto.
Negli
Stati Uniti le lotte si polarizzarono contro la guerra del Vietnam, assumendo
la forma di un conflitto antimperialista. Ad essa si combinarono le battaglie
dei neri per il riconoscimento dei loro diritti civili e per il miglioramento
delle condizioni di vita e di lavoro.Proprio
la guerra del Vietnam cambiò il modo dei giovani di guardare all'America. In
questo contesto negli Usa nacque il movimento dei cosiddetti hippy. Sebbene
spesso si parli di "movimento hippy", non si trattò di un movimento
culturale vero e proprio e quindi non si dotò di propri leader e di un
manifesto. La maggior parte degli hippy ebbero uno stile di vita nomade e libero, rinunciando alla tradizionale e comoda vita borghese,
abbracciando aspetti di culture religiose non tradizionali e criticando i
valori della classe media occidentale e consumistica.
Molti
hippy mossero critiche alle istituzioni e ai valori del tempo (governi, sistemi
industriali e produttivi, morale tradizionale).
Vennero
bollati come immorali e sporchi. Ma l'onda non si fermò.
L’utopia prese forma proprio in quegli anni, quando migliaia di giovani abbandonarono le case dei genitori e le proprie città, rifiutarono il perbenismo e la monotonia della classe media statunitense e si riunirono in società agricole, definite “comuni”, dove il sesso era libero e senza inibizioni e la droga un culto. Nelle “comuni” portarono avanti la propria filosofia di vita improntata al naturalismo e all’insofferenza verso ogni forma di violenza e di ricchezza.
L’utopia prese forma proprio in quegli anni, quando migliaia di giovani abbandonarono le case dei genitori e le proprie città, rifiutarono il perbenismo e la monotonia della classe media statunitense e si riunirono in società agricole, definite “comuni”, dove il sesso era libero e senza inibizioni e la droga un culto. Nelle “comuni” portarono avanti la propria filosofia di vita improntata al naturalismo e all’insofferenza verso ogni forma di violenza e di ricchezza.
Gli
hippy vennero ribattezzati “figli dei fiori” perché indossavano vestiti
decorati con fiori o vivacissime stoffe di colori vivaci e il loro ideale di
pace e libertà venne sintetizzato nello slogan “fate l'amore, non la
guerra". La ricerca sfrenata della totale libertà fu il significato insito
nel loro stile di vita. Questo movimento toccò particolarmente l'opinione
pubblica, tanto da impressionare le pellicole di molti registi, nonché lasciare
una forte impronta nell’arte e nella musica di molti artisti.
Quindi, quei tre giorni di musica a Bethel furono una specie di isola
temporanea in cui certe regole erano abolite, tutto si faceva in funzione della solidarietà, sullo scambio, senza denaro, senza polizia, senza nessun tipo di violenza
e repressione. Tutto funzionò miracolosamente bene, considerando
l’approssimazione organizzativa e il caos che ci fu, come a dimostrazione che
un modo di vivere differente e alternativo fosse effettivamente possibile.
Tuttavia, come si verifica nel
caso di qualsiasi movimento e ideologia, vanno distinti aspetti positivi e segnali
negativi. Gli hippy furono sostenitori di un’utopia premoderna ed
anti-industriale, ma proprio questo, in un’epoca ormai fortemente ancorata allo
sviluppo economico e alla tecnologia, fu uno dei limiti del movimento. Il
rifiuto della storia, di quella stessa storia di cui gli hippy puntavano a far
parte, fece allora sì che la “ventata” di rinnovamento andò ben presto ad assorbirsi,
lasciando ad altri interpreti ed altri teorizzatori, ben più forti e potenti, il compito di proseguire in
una secolare ed infinita lotta di classe.
Beniamino Colnaghi
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