Renia Spiegel, la ragazza ebrea polacca che scrisse un diario come Anna Frank
«C’è sangue
ovunque io mi giri. Lo sterminio è terribile. Ovunque morte e uccisioni. Dio
onnipotente, per l’ennesima volta ci umiliano davanti a te, aiutaci, salvaci! Signore Dio, lasciaci vivere, ti prego,
voglio vivere! Ho vissuto così poco della vita. Non voglio morire. Ho paura
della morte. È tutto così stupido, così meschino, così poco importante,
così piccolo. Domani potrei smettere di pensare per sempre».
È il 31 luglio
1942 quando la diciottenne ebrea polacca Renia Spiegel, rifugiata in un
nascondiglio segreto, scrive sul suo diario queste ultime, drammatiche righe.
Poche ore dopo viene scoperta dai nazisti e uccisa a colpi d’arma da fuoco. Di
lei rimangono sette quaderni scolastici cuciti insieme: centinaia di
pagine che raccontano gli ultimi tre anni e mezzo della sua vita. Un diario fitto di appunti, ricordi,
confidenze e brevi poesie, ma anche osservazioni e pensieri sul mondo che le stava
lentamente crollando addosso.
Aveva cominciato
a compilarlo il 31 gennaio 1939, all’età di 15 anni, alcuni mesi prima
dell’invasione nazista della Polonia e dell’inizio della Seconda guerra mondiale.
All’epoca era una quindicenne appassionata di poesia, che viveva con la
famiglia nella Polonia meridionale, non lontano dal confine con l’Ucraina. Una
famiglia benestante, quella degli Spiegel: il padre Bernard proprietario
terriero, la madre Rose una donna colta e poliglotta, la secondogenita Ariana
lanciata nel mondo del cinema e del teatro. Anni spensierati, che ben presto
lasciarono il passo alla tragedia. Con l’inizio della guerra e l’avanzata delle
truppe naziste la famiglia Spiegel venne travolta dagli eventi, come moltissime
altre.
Di lì a poco sua
madre sarà costretta a trasferirsi a Varsavia per lavoro e Renia, insieme alla
sorella minore Ariana, rimarrà con i nonni a Przemysl, una cittadina popolata in
larga parte da famiglie ebree, nella parte di territorio controllata dai russi.
Un luogo che con l’arrivo dei nazisti si trasformerà in un gigantesco ghetto.
Nelle pagine del suo diario Renia documenta la vita prima dell’occupazione, poi
il lento precipitare degli eventi, l’inizio dei bombardamenti, la fame e le
privazioni, la misteriosa scomparsa delle famiglie ebree. «Ricordate questo
giorno, ricordatelo bene -,scrive il 15 luglio 1942 - Ne parlerete alle
generazioni future. Dalle otto di oggi siamo stati chiusi nel ghetto. Ora vivo
qua. Il mondo è separato da me e io sono separata dal mondo».
Alcuni giorni prima il diario riporta il
racconto del suo amore per un ragazzo di nome Zygmunt Schwarzer. figlio di un
importante medico ebreo, che cercherà invano di salvarla. Il giovane fa
scappare lei e sua sorella dal ghetto prima che entrambe vengano deportate dai
nazisti: affida Ariana al padre di un’amica e nasconde Renia nella soffitta di
una casa dove viveva suo zio. Ma i soldati tedeschi scoprono il nascondiglio e
la uccidono. Da quel momento in poi la storia di Renia scivola lentamente
nell’oblio, dove rimane fino ai giorni nostri. Soltanto in tempi recenti si è
venuti a sapere che era stato lo stesso Zygmunt a recuperare il diario, e a concluderlo
aggiungendo queste parole: «Tre colpi! Tre vite perse! Tutto ciò che sento sono
i colpi, i colpi». Dopo la guerra, sopravvissuto ad Auschwitz, il ragazzo
l’aveva restituito alla madre e alla sorella di Renia, che nel frattempo si
erano rifugiate negli Stati Uniti. Ma quelle pagine facevano riaffiorare il
ricordo della ragazza inghiottita dagli orrori dell’Olocausto ed erano troppo
dolorose per i suoi familiari, che non riuscirono neanche a leggerle e
preferirono dimenticarle. I sette quaderni furono depositati nella cassaforte
di una banca newyorkese, dove sono rimasti confinati per quasi settant’anni,
finché nel 2016 Alexandra Bellak, figlia di Ariana, e quindi nipote di Renia,
non ha deciso che era giunto il momento di rendere pubblico il diario della
zia, facendolo pubblicare da un piccolo editore polacco.
"Ero curiosa del mio passato, della mia
eredità, di questa donna speciale da cui ho preso il nome - il mio secondo nome
è Renata - anche se non parlo polacco. Mia mamma non ha mai voluto leggermelo
perché era troppo doloroso per lei", ha detto Alexandra in un’intervista
televisiva.
Quando lo legge per la prima volta Alexandra si
commuove. "Ho capito la sua profondità e maturità, la scrittura fine e la
poesia, e con l'attuale ascesa di tutti gli 'ismi' - antisemitismo,
populismo e nazionalismo - mia madre ed io abbiamo pensato di riportare in vita
il diario".
Le prime reazioni di chi ha già letto
il libro sono state travolgenti. "Tanto i giovani quanto i meno giovani ne
stanno lodando la scrittura eccezionale, il desiderio di una vita normale, la
nostalgia per sua madre", ha sottolineato Alexandra.
Renia Spiegel (Fonte Wikipedia, nel pubblico dominio)
Qualcuno ha tentato un rischioso paragone tra
il diario scritto da Renia e quello più famoso di Anna Frank. Altri hanno preso le
distanze, precisando che le due ragazze hanno vissuto vicende assai diverse,
che non consentono un paragone credibile. Renia visse pochi giorni nel ghetto,
nel quale trascorse un’esistenza difficile e di breve durata, prima di essere
uccisa nell’estate del 1942. Invece Anna Frank si trasferì insieme alla sua
famiglia nell’alloggio segreto di Amsterdam con scorte di cibo per appena un
mese. Sperava di non restarci più di poche settimane, ma alla fine vi rimase
due anni. Oltre alle differenti condizioni dell’ultima fase della loro vita, è
dunque lo scarto temporale a tracciare un solco tra i due diari. Quando Renia Spiegel muore, Anna Frank ha iniziato
a compilare il suo diario soltanto da pochi giorni. Anna viene arrestata
nell’agosto del 1944, quando la Germania è ormai in ginocchio. All’epoca Hitler
aveva deciso di far sterminare tutti gli ebrei, e in Ungheria, per fare un
esempio, c’era quasi riuscito. Anna Frank era a conoscenza della fine degli
ebrei ungheresi, perché nel suo nascondiglio ascoltava Radio Londra. In quei
lunghi mesi patisce la sofferenza della solitudine ma anche la paura, poiché
nei diari completi alcuni passaggi testimoniano i suoi timori di essere
scoperta. Lei sa che gli ebrei vengono deportati e poi uccisi nelle camere a
gas. Renia invece non può ancora avere questa consapevolezza, e infatti è
all’oscuro di tutto. Ciò non toglie che il
diario di Renia Spiegel rappresenti un documento dall’importante valore storico
e sia assai utile per conoscere la vita quotidiana degli ebrei nei
ghetti durante la Seconda guerra mondiale.
Quanto mai
toccanti sono le ultime pagine del diario: “Mio caro diario, mio caro, caro
amico! Abbiamo attraversato momenti così terribili insieme e ora il momento
peggiore è alle porte. Potrei avere paura adesso. Ma colui che non ci ha
lasciato, allora ci aiuterà anche oggi. Ci salverà. Ascolta, Israele, salvaci,
aiutaci. Mi ha tenuto al sicuro da proiettili bombe, dalle granate. Aiutami a
sopravvivere! E tu, mia cara mamma, prega per noi oggi, prega, prega
intensamente. Pensa a noi e possano i tuoi pensieri essere benedetti”.
Poche ore dopo,
come detto, Renia sarebbe stata uccisa per mano di un soldato nazista. Alla
giovane ebrea polacca sopravvisse il potente afflato delle parole affidate al
suo diario: leggendole oggi fanno pensare, e fanno commuovere.
Beniamino Colnaghi
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