venerdì 24 gennaio 2020

27 gennaio “Giorno della Memoria”
Renia Spiegel, la ragazza ebrea polacca che scrisse un diario come Anna Frank

«C’è sangue ovunque io mi giri. Lo sterminio è terribile. Ovunque morte e uccisioni. Dio onnipotente, per l’ennesima volta ci umiliano davanti a te, aiutaci, salvaci! Signore Dio, lasciaci vivere, ti prego, voglio vivere! Ho vissuto così poco della vita. Non voglio morire. Ho paura della morte. È tutto così stupido, così meschino, così poco importante, così piccolo. Domani potrei smettere di pensare per sempre».
È il 31 luglio 1942 quando la diciottenne ebrea polacca Renia Spiegel, rifugiata in un nascondiglio segreto, scrive sul suo diario queste ultime, drammatiche righe. Poche ore dopo viene scoperta dai nazisti e uccisa a colpi d’arma da fuoco. Di lei rimangono sette quaderni scolastici cuciti insieme: centinaia di pagine che raccontano gli ultimi tre anni e mezzo della sua vita. Un diario fitto di appunti, ricordi, confidenze e brevi poesie, ma anche osservazioni e pensieri sul mondo che le stava lentamente crollando addosso.
 
 
Aveva cominciato a compilarlo il 31 gennaio 1939, all’età di 15 anni, alcuni mesi prima dell’invasione nazista della Polonia e dell’inizio della Seconda guerra mondiale. All’epoca era una quindicenne appassionata di poesia, che viveva con la famiglia nella Polonia meridionale, non lontano dal confine con l’Ucraina. Una famiglia benestante, quella degli Spiegel: il padre Bernard proprietario terriero, la madre Rose una donna colta e poliglotta, la secondogenita Ariana lanciata nel mondo del cinema e del teatro. Anni spensierati, che ben presto lasciarono il passo alla tragedia. Con l’inizio della guerra e l’avanzata delle truppe naziste la famiglia Spiegel venne travolta dagli eventi, come moltissime altre.
Di lì a poco sua madre sarà costretta a trasferirsi a Varsavia per lavoro e Renia, insieme alla sorella minore Ariana, rimarrà con i nonni a Przemysl, una cittadina popolata in larga parte da famiglie ebree, nella parte di territorio controllata dai russi. Un luogo che con l’arrivo dei nazisti si trasformerà in un gigantesco ghetto. Nelle pagine del suo diario Renia documenta la vita prima dell’occupazione, poi il lento precipitare degli eventi, l’inizio dei bombardamenti, la fame e le privazioni, la misteriosa scomparsa delle famiglie ebree. «Ricordate questo giorno, ricordatelo bene -,scrive il 15 luglio 1942 - Ne parlerete alle generazioni future. Dalle otto di oggi siamo stati chiusi nel ghetto. Ora vivo qua. Il mondo è separato da me e io sono separata dal mondo».
Alcuni giorni prima il diario riporta il racconto del suo amore per un ragazzo di nome Zygmunt Schwarzer. figlio di un importante medico ebreo, che cercherà invano di salvarla. Il giovane fa scappare lei e sua sorella dal ghetto prima che entrambe vengano deportate dai nazisti: affida Ariana al padre di un’amica e nasconde Renia nella soffitta di una casa dove viveva suo zio. Ma i soldati tedeschi scoprono il nascondiglio e la uccidono. Da quel momento in poi la storia di Renia scivola lentamente nell’oblio, dove rimane fino ai giorni nostri. Soltanto in tempi recenti si è venuti a sapere che era stato lo stesso Zygmunt a recuperare il diario, e a concluderlo aggiungendo queste parole: «Tre colpi! Tre vite perse! Tutto ciò che sento sono i colpi, i colpi». Dopo la guerra, sopravvissuto ad Auschwitz, il ragazzo l’aveva restituito alla madre e alla sorella di Renia, che nel frattempo si erano rifugiate negli Stati Uniti. Ma quelle pagine facevano riaffiorare il ricordo della ragazza inghiottita dagli orrori dell’Olocausto ed erano troppo dolorose per i suoi familiari, che non riuscirono neanche a leggerle e preferirono dimenticarle. I sette quaderni furono depositati nella cassaforte di una banca newyorkese, dove sono rimasti confinati per quasi settant’anni, finché nel 2016 Alexandra Bellak, figlia di Ariana, e quindi nipote di Renia, non ha deciso che era giunto il momento di rendere pubblico il diario della zia, facendolo pubblicare da un piccolo editore polacco.

"Ero curiosa del mio passato, della mia eredità, di questa donna speciale da cui ho preso il nome - il mio secondo nome è Renata - anche se non parlo polacco. Mia mamma non ha mai voluto leggermelo perché era troppo doloroso per lei", ha detto Alexandra in un’intervista televisiva.
Quando lo legge per la prima volta Alexandra si commuove. "Ho capito la sua profondità e maturità, la scrittura fine e la poesia, e con l'attuale ascesa di tutti gli  'ismi' - antisemitismo, populismo e nazionalismo - mia madre ed io abbiamo pensato di riportare in vita il diario".
Le prime reazioni di chi ha già letto il libro sono state travolgenti. "Tanto i giovani quanto i meno giovani ne stanno lodando la scrittura eccezionale, il desiderio di una vita normale, la nostalgia per sua madre", ha sottolineato Alexandra.
Renia Spiegel (Fonte Wikipedia, nel pubblico dominio)
 
Qualcuno ha tentato un rischioso paragone tra il diario scritto da Renia e quello più famoso di Anna Frank. Altri hanno preso le distanze, precisando che le due ragazze hanno vissuto vicende assai diverse, che non consentono un paragone credibile. Renia visse pochi giorni nel ghetto, nel quale trascorse un’esistenza difficile e di breve durata, prima di essere uccisa nell’estate del 1942. Invece Anna Frank si trasferì insieme alla sua famiglia nell’alloggio segreto di Amsterdam con scorte di cibo per appena un mese. Sperava di non restarci più di poche settimane, ma alla fine vi rimase due anni. Oltre alle differenti condizioni dell’ultima fase della loro vita, è dunque lo scarto temporale a tracciare un solco tra i due diari. Quando Renia Spiegel muore, Anna Frank ha iniziato a compilare il suo diario soltanto da pochi giorni. Anna viene arrestata nell’agosto del 1944, quando la Germania è ormai in ginocchio. All’epoca Hitler aveva deciso di far sterminare tutti gli ebrei, e in Ungheria, per fare un esempio, c’era quasi riuscito. Anna Frank era a conoscenza della fine degli ebrei ungheresi, perché nel suo nascondiglio ascoltava Radio Londra. In quei lunghi mesi patisce la sofferenza della solitudine ma anche la paura, poiché nei diari completi alcuni passaggi testimoniano i suoi timori di essere scoperta. Lei sa che gli ebrei vengono deportati e poi uccisi nelle camere a gas. Renia invece non può ancora avere questa consapevolezza, e infatti è all’oscuro di tutto. Ciò non toglie che il diario di Renia Spiegel rappresenti un documento dall’importante valore storico e sia assai utile per conoscere la vita quotidiana degli ebrei nei ghetti durante la Seconda guerra mondiale.
Quanto mai toccanti sono le ultime pagine del diario: “Mio caro diario, mio caro, caro amico! Abbiamo attraversato momenti così terribili insieme e ora il momento peggiore è alle porte. Potrei avere paura adesso. Ma colui che non ci ha lasciato, allora ci aiuterà anche oggi. Ci salverà. Ascolta, Israele, salvaci, aiutaci. Mi ha tenuto al sicuro da proiettili bombe, dalle granate. Aiutami a sopravvivere! E tu, mia cara mamma, prega per noi oggi, prega, prega intensamente. Pensa a noi e possano i tuoi pensieri essere benedetti”.
Poche ore dopo, come detto, Renia sarebbe stata uccisa per mano di un soldato nazista. Alla giovane ebrea polacca sopravvisse il potente afflato delle parole affidate al suo diario: leggendole oggi fanno pensare, e fanno commuovere. 

Beniamino Colnaghi

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