27 gennaio: “Giorno della Memoria”
La strage nazifascista
di Fragheto, compiuta il 7 aprile 1944
L’articolo 1 della legge 20 luglio 2000
n. 211 definisce così le finalità del Giorno della Memoria:
«La Repubblica italiana riconosce il
giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz,
"Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah
(sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei
cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia,
la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono
opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato
altre vite e protetto i perseguitati».
Nei primi mesi del ’44, quando furono avviati i lavori della Linea Gotica, la Germania nazista stava già riscontrando delle difficoltà nella conduzione del conflitto, e cominciava a scarseggiare in uomini, armi e mezzi. Così, le fortificazioni vennero costruite soprattutto sfruttando le risorse naturali presenti in loco, rinunciando quasi ovunque alle grandi opere in cemento armato. Stesso discorso per la manodopera: gli operai tedeschi dovettero essere integrati con quasi 50mila lavoratori italiani; reperiti spesso in modo coatto. Si trattò, insomma, di un apprestamento difensivo costruito “alla meno peggio”, ma alla prova dei fatti comunque efficace: strutturato come un sistema di posizioni su allineamenti progressivi, bloccò gli Alleati per ben otto mesi. Nel complesso, la costruzione della Linea Gotica e le battaglie che vi si combatterono, determinarono un lungo periodo – circa un anno e mezzo – durante il quale l’Italia centrale fu scenario di primo piano degli eventi bellici. La cosa non fu senza conseguenze, specie per i civili. A cominciare dal fatto che per rendere sicure le aree interessate dai lavori, i nazifascisti misero in atto contro partigiani e popolazione locale una vera e propria strategia del terrore: reparti addestrati compirono eccidi e stragi in molte località di Toscana, Marche ed Emilia-Romagna.
Tra l’8 settembre del ’43 e l’aprile del 1945 la violenza dei tedeschi contro i civili italiani fece registrare oltre 400 stragi, 280 nella sola Toscana. Alla fine, il bilancio fu di circa 15.000 vittime. Una lunga scia di sangue che accompagnò le truppe tedesche nella lentissima ritirata da Sud a Nord. A commettere tali esecuzioni collettive non furono soltanto i nazisti delle SS, ma anche i soldati della Wermacht e della Luftwaffe, l’aviazione militare tedesca. L’opera di questi reparti si dispiegò, principalmente, in prossimità di posizioni che lo stato maggiore tedesco in Italia aveva scelto come linee di arresto della avanzata alleata. E’ accertata anche la partecipazione attiva dei fascisti della Repubblica Sociale, dei “ragazzi di Salò”, la cui complicità alimenta un ricordo lacerante che resiste a ogni tentativo di “pacificazione”. Vennero poi i bombardamenti degli Alleati e, per finire, le distruzioni operate dai tedeschi al momento della ritirata. Al termine, tra macerie e desolazione, restò solo una lunga scia di sangue. E a farne le spese furono quasi sempre le popolazioni dei piccoli paesi dell’Appennino, adiacenti a questa Linea difensiva nazista.
Breve considerazione finale.
L’eccidio di Fragheto causa il 7 aprile 1944 la morte di 30 civili, circa la metà della popolazione del piccolo centro, senza che sia riservata alcuna distinzione o pietà per l’età, per il sesso o per le condizioni di salute delle persone trucidate. Il giorno successivo (8 aprile) presso il ponte di Casteldelci, previe sevizie, otto giovani, presunti partigiani, vengono fucilati, senza procedere ad alcuna identificazione e i loro corpi oltraggiati. Ciò che è accaduto in quei giorni rappresenta uno degli episodi più dolorosi e gravi che abbia subito quel territorio durante la seconda guerra mondiale. Quella tragedia costò, quindi, 38 vite umane tra la popolazione civile, 38 omicidi perpetrati su donne, anziani, bambini, senza risparmiare neonati, infermi, ragazze in attesa. La strage di Fragheto è il più rilevante ed emblematico episodio di una serie di crimini perpetrati su cittadini inermi durante il periodo dell’occupazione nazifascista. Uno stillicidio di violenze accompagnato da una scia di sangue che hanno lasciato profonde ferite nelle comunità locali. Poi il dolore, l’inerzia delle istituzioni statali, la frenesia della ricostruzione hanno spesso, negli anni successivi alla guerra, relegato nell’oblio o su una muta lapide il ricordo dell’orrore vissuto.
Beniamino Colnaghi
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