Il Ghisallo, dal santuario della Madonna, patrona dei ciclisti, al museo del ciclismo
Collocata
sul Belvedere Romeo, punto panoramico
verso le Alpi Centrali, le Prealpi e il Lago di Como, la piccola chiesa è nata
da umili origini poco dopo l’anno
mille. Era una cappella lungo la strada posta a protezione dei
viandanti. Tra questi si parla anche di un certo conte Ghisallo, sorpreso e
minacciato a morte dai briganti durante una partita di caccia. Egli pregò e
trovò salvezza presso questa Madonna, che da lui poi prese il nome di “Madonna
del Ghisallo”. Da quel tempo la sua fama crebbe. Nel secolo XIV fu costruita
una cappella più ampia, che in seguito andò in rovina. Nel 1623 venne edificata la chiesa
attuale, ma senza porticato. Quello fu aggiunto una cinquantina di anni
più tardi, nel 1681, con i tre archi. Permane l’immagine della Madonna, datata al secolo XVI, che
comunque è una copia di quella precedente, andata perduta.
Il
ciclismo arrivò sul Ghisallo appena la bicicletta fu inventata. Alla fine del
diciannovesimo secolo quella salita apparve subito come palestra ideale per i nuovi atleti che volevano allenarsi. Anche
la posizione geografica risultava strategica.
Alla
fine della Seconda guerra mondiale fu Don Ermelindo Viganò che presentò la
domanda a Papa Pio XII, al fine di eleggere la Madonna del Ghisallo a Patrona ufficiale dei ciclisti. La fiaccola
perenne venne accesa nel 1948 e il documento papale (breve pontificio) arrivò
l’anno successivo.
La
devozione che nacque da parte di ciclisti e appassionati verso la loro Patrona
scatenò una gara a portare omaggi e cimeli verso la chiesetta che, ben presto,
si riempì di oggetti votivi di vario genere, fiaccole, gagliardetti, trofei e, naturalmente,
biciclette. Altri oggetti, in quantità notevolmente superiore a quelli esposti,
ed in continuo aumento grazie alla solidarietà dei nuovi campioni, sono
conservati in altro luogo non aperto al pubblico per la carenza di spazio
presente nel Santuario. Oggi la chiesa è una meta di pellegrinaggio di tanti
fedeli e di numerosissimi appassionati di ciclismo che vengono a rendere
omaggio da tutto il mondo.
Frigerio Rinaldo - La sua storia è raccontata nel link in calce
La facciata del santuario è ora
preceduta dal portico, sul fronte del quale sono stati posti tre mosaici, dei
quali, quello centrale, riproduce l’affresco conservato all’interno del
santuario, mentre sul lato sinistro sono presenti la sacrestia e il campanile.
Il piazzale antistante ospita tre
cippi con i busti di Alfredo Binda, Gino Bartali, Fausto Coppi e il Monumento
al ciclista, opera in bronzo di Elio Ponti del 1973.
L’interno è composto da un’unica
navata, divisa dal presbiterio rettangolare da una inferriata. Al centro è
stata collocata una fiaccola benedetta dal Papa nel 1949, opera dello scultore
Carmelo Cappello. Nel presbiterio sono conservate alcune testimonianze della
chiesetta precedente: l’ancona marmorea e l’affresco che racchiude,
raffigurante una Madonna del latte,
databile alla metà del XVI secolo, realizzato da un artista anonimo, che venne
staccato e riportato su tela nel 1950.
Il
Museo del ciclismo nasce da una associazione costituita, nel 1994, da ex
atleti, dirigenti e appassionati di ciclismo. L’iniziativa del gruppo aveva
preso le mosse dalla considerazione che il santuario seicentesco della Madonna
del Ghisallo accoglie al suo interno cimeli di particolare valore per la storia
del ciclismo, che per carenza di spazio avrebbero richiesto una sede adeguata.
Grazie
all’impegno comune di enti e associazioni politiche, istituzionali,
imprenditoriali e sportive, nell’ottobre 2006 viene inaugurato il museo del ciclismo,
in un luogo speciale per il significato sportivo e ambientale. Non esiste un
luogo più significativo di questo in Lombardia, dove si contano quasi 700
società ciclistiche, migliaia di tesserati e moltissime gare nel corso
dell’anno.
La parte
del museo dedicata ai Cimeli raggruppa
gli oggetti, dotati di un particolare valore simbolico e affettivo, che i
campioni e gli appassionati hanno donato al museo.
La
parte Grande Enciclopedia del Ciclismo
offre al visitatore i profili dei più grandi campioni di sempre, con
informazioni sulle loro imprese e sui mezzi con cui le hanno compiute.
24 + 24
è la parte del museo in cui i quarantotto ciclisti dai maggiori palmares
vengono ricordati singolarmente e proposti agli occhi del pubblico all’interno
di due ambienti circolari: da Girardengo a Guerra, da Coppi a Bartali, da
Gimondi a Motta, da Merckx a Moser a Hinault.
La
sezione Ciak e campioni – 100 film sul
ciclismo propone una selezione di 100 film, documentari, cortometraggi in
cui si narra il ciclismo sportivo sullo sfondo della storia del Paese.
Oltre a
una biblioteca specializzata, il museo offre ai suoi visitatori manifestazioni
e mostre temporanee che illustrano vari aspetti della storia, della pratica
diffusa e dell’attività agonistica, legati alla bicicletta. Tra questi eventi
si segnalano gli incontri con il pubblico di campioni e protagonisti, intitolati
Storie di ciclismo. I protagonisti e i
testimoni raccontano.
Come è
facile comprendere, il Museo non è dedicato ad un campione in particolare o
solo al mezzo della bicicletta. Non a caso si definisce un museo del ciclismo,
un fenomeno sociale complesso e non facile da spiegare a chi non pratica questo
sport e a chi non frequenta l’ambiente delle due ruote. Si tratta in ogni caso
di museo dedicato agli uomini e alle donne che hanno usato e usano la
bicicletta nella vita quotidiana e nelle competizioni sportive; ma anche un
museo che è impegnato a far conoscere coloro che attorno al mondo delle due
ruote lavorano e vivono: gli atleti, i produttori del mezzo, gli organizzatori,
i dirigenti di società, i giornalisti… senza dimenticare i turisti e gli appassionati.
Dunque ci interessano i mezzi fisici e i materiali, ma anche le idee, le
passioni, i progetti, i valori, i rapporti sociali, gli interessi economici, le
istituzioni, le organizzazioni che coinvolgono le persone che hanno a che fare
con la bicicletta.
Si è
detto che il museo rappresenta un tempio moderno all’umanità che vi viene
celebrata per le sue virtù e il suo valore: si tratti di artisti, di tecnici,
di scienziati, di protagonisti della grande storia. Un luogo in cui si vogliono
far conoscere e ricordare i meriti di coloro che ci hanno preceduto,
lasciandoci in eredità un insegnamento, i risultati conquistati a prezzo di
fatiche e sacrifici, ma anche le capacità di suscitare emozioni e talora una
vera passione.
Al
Museo del ciclismo del Ghisallo c’è tanto da vedere e ascoltare, al punto che
ci si deve tornare come hanno la fortuna di poter fare coloro che vivono nelle
province limitrofe ed in Lombardia, magari con i ragazzi più giovani a cui i
genitori, gli insegnanti e i dirigenti sportici potranno far conoscere la
bicicletta come strumento di libertà, di conoscenza e di formazione.
Come
ebbe a dire Alfredo Martini, indimenticato commissario tecnico della Nazionale
dei professionisti e protagonista di uno degli incontri tenutisi qualche anno
fa presso il Museo: “… mia madre, quand’ero bambino, mi portava a letto dicendo
“Segnati”… lo diceva sempre. Poi io non ho trovato più nessuno che mi ha
insegnato a segnarmi… Ma, entrando qui, mi è venuta in mente mia madre, perché
qui c’è davvero da segnarsi, perché questo è un tempio, che rappresenta le
grosse fatiche di tanta gente! Ogni oggetto che vediamo si riferisce sempre
alle biciclette, all’impegno di tanti giovani che hanno cercato di non deludere
il pubblico… Ecco, entrando qui, ho provato questa impressione. E me lo
chiedevo anche prima di arrivare: quando sarò nel museo, cosa dovrò guardare di
più? Qui si vorrebbe guardar tutto, ma ci vuole tempo…”
Beniamino Colnaghi
Per
informazioni sul Museo: Tel. 031.965885 – http://www.museodelghisallo.it/
Tutte
le immagini che corredano il testo sono state scattate da chi scrive.
Rinaldo Frigerio, post del 5 maggio 2017: http://colnaghistoriaestorie.blogspot.com/2017/05/il-29-giugno-1952-rinaldo-frigerio.html
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