La
musica popolare in Brianza: dal canto alle bandelle, dai firlinfö alle bande musicali
Roberto Leydi fu un
etnomusicologo e accademico di fama nazionale che lavorò in maniera costante e
diffusa sul territorio brianzolo, per studiarne il canto e la musica
tradizionali. Questo lavoro, a dire il vero, fu estratto da un quadro d’insieme
sulla situazione del canto popolare in Lombardia, contenuto in un disco che
illustrava i principali generi dell’espressività orale e musicale popolare, del
tipo le favole e i racconti, i giochi infantili e le ninne nanne, le orazioni
religiose cantate, i canti e le ballate, le canzoni dei cantastorie, delle
osterie e delle filande e via dicendo. Per quanto riguarda i canti che le donne
cantavano nelle filande in Brianza, il Leydi li considera e li inserisce come
documento di storia sociale, in quanto sono parte di un territorio segnato
dall’integrazione tra economia agricola e industria manifatturiera almeno
dall’800. I canti vengono contestualizzati ed integrati con altri tipi di fonti
per analizzare condizioni di vita, relazioni familiari e di lavoro, aspetti
della mentalità dei vari soggetti sociali che si muovono nella provincia
lombarda. La presenza delle filande in Brianza è stata fondamentale per
favorire la pratica del canto femminile. Da diverse testimonianze orali,
raccolte da studiosi e scrittori nel secolo scorso, alcune operaie delle
filande raccontavano che si cantava continuamente, magari intercalando qualche
preghiera, per far trascorrere le interminabili giornate di un lavoro spesso
duro e noioso. Bisogna anche dire che alcuni padroni favorivano il canto nelle
filande e negli stabilimenti della lavorazione della seta, perché, se
cantavano, le donne non potevano parlare con le altre lavoratrici vicine,
distraendosi quindi dal lavoro e generando possibili interruzioni nella
produzione. C’erano dei cartelli che recitavano: “È
lecito cantare / è proibito parlare”. Molte canzoni che cantavano le
filandiere arrivavano sia da membri della famiglia e da realtà del piccolo
borgo di residenza sia dalla produzione dei cantastorie, suonatori e cantori
professionisti che, durante le loro esibizioni nei mercati, nelle fiere e sulle
piazze dei paesi, distribuivano i fogli con le parole dei pezzi presentati.
Un altro luogo straordinario di
diffusione della cultura popolare era l’osteria, luogo di ritrovo, di
pettegolezzi, di allegria e di invettiva, di produzione del canto popolare
tradizionale. L’osteria, negli ultimi decenni, anche se nel frattempo stava
scomparendo, è stata analizzata e rivalutata da storici, antropologi e
folkloristi perché, insieme alla piazza, è stata il luogo dove è stato
possibile dare voce al popolo, dargli spazio e libertà per le sue esibizioni
spontanee. A partire dal secondo dopoguerra,
l’osteria ha rappresentato un estremo momento di resistenza della cultura
popolare verso le radicali trasformazioni della società contadina e operaia,
nella quale si cantava molto di più rispetto ad oggi, perché il canto svolgeva
una funzione sociale dovuta ai vari cicli della vita.
È
nei vari contesti sommariamente sopraccennati che trovano posto in Brianza
fenomeni socio-musicali legati ad eventi e momenti della tradizione, come, ad
esempio, i coscritti di leva, i musici mendicanti, oppure le cosiddette
bandelle ed i suonatori di firlinfö. Questi fenomeni non erano
tuttavia ben visti da tutti, soprattutto dai maestri delle bande musicali,
perché distraevano i musicanti dagli impegni delle bande, dal clero locale e
dalle autorità politiche, che vedevano in queste allegre compagnie possibili
focolai di ribellione e protesta.
La Brianzola di Olgiate Molgora in una foto recente
Le bandelle erano formate da non
più di sette o otto elementi, provenienti dalle più grandi bande musicali, che
soddisfacevano le esigenze di svago e di divertimento delle classi popolari
brianzole. Facevano ballare la gente nelle osterie e nelle piazze dei piccoli
borghi, accompagnavano coloro che si recavano in pellegrinaggio ai santuari o facevano
gite e escursioni, suonavano durante le numerose festività religiose, facevano
serenate alle ragazze e suonavano ai matrimoni ed alle feste civili. Era pura
passione e divertimento, c’era voglia di allegria per combattere la vita dura
di quegli anni. In ogni paese della Brianza c’erano i musicisti, tutti di
livello dilettantistico, che avevano imparato a suonare uno strumento dal
padre, da un amico, da un vicino di casa. Con ogni probabilità le
orchestrazioni e gli arrangiamenti erano frutto di improvvisazione, di tecnica
e creatività estemporanee ed il direttore musicale, di solito, era il suonatore
più anziano, quello che era ritenuto il più bravo.
Per quanto attiene invece il flauto
di Pan, che in Lombardia veniva indicato con termini come firlinfü, fregamüsòn,
orghenìi, sìful, si ricorda che era già presente in Brianza tra il
XVIII e il XIX secolo, come strumento di cascina e di osteria, collocato in
piccole bande. Il firlinfö si afferma nella sua dimensione orchestrale a
partire dalla fine dell’Ottocento, per poi svilupparsi e diffondersi dagli anni
Venti e Trenta del Novecento. I pochissimi gruppi folcloristici oggi esistenti sono
presenti principalmente nelle province di Bergamo, Como e Lecco. Il flauto di Pan è uno strumento musicale molto antico. Ci
sono prove della sua esistenza intorno al 2500 a.C. nel Mar Egeo e nelle
Cicladi. È composto da cinque o più tubi di lunghezza progressivamente
crescente e legate tra loro come una zattera. I tubi di Pan sono strumenti
realizzati a mano con cura ed esperienza, sono solitamente costruiti in canne
comuni o di bambù, disposte in linea o riunite in fascio, con un unico foro su
cui vengono appoggiate le labbra per l’insufflazione. Lo si può considerare
come l'antenato dell'armonica a bocca e dell'organo a canne. Sulla presenza del flauto di Pan in area lombarda,
segnatamente in un’area compresa tra la Brianza comasca, lecchese e milanese e
la provincia bergamasca, si hanno poche documentazioni sia iconografiche sia
scritte. Alcune persone residenti in Lombardia hanno lasciato testimonianze
circa l’uso del flauto di Pan da parte di alcuni ragazzi, che formavano vere e
proprie bande musicali, durante varie occasioni di vita comunitaria e feste
locali, quali, per esempio, matrimoni, cerimonie pubbliche, coscritti o solo
musiche da suonare sotto le finestre delle future spose. Che il flauto di Pan potesse essere già presente in
Lombardia dalla seconda metà del XVIII secolo è confermato da una serie di
documenti iconografici, quali dipinti di pittori lombardi e stampe di sapore
romantico conservate presso alcuni musei o raccolte private. In quegli anni lo
strumento ebbe un fine quasi esclusivamente pastorale o contadino che serviva
ad allietare le povere serate della gente di campagna e i giorni di festa nelle
cascine e nelle osterie dei paesi. Verso la metà dell’Ottocento, durante la dominazione
austriaca, i primi costruttori di firlinfö
cominciarono a fornirli ai nascenti gruppi di appassionati che formarono
così le prime bande musicali. In Brianza e in area bergamasca nacquero così
intere famiglie appassionate allo strumento. La formazione dei gruppi musicali
di firlinfö anticipò di poco
l’esordio delle prime bande di ottoni. Da questi primi nuclei contadini e
popolari, nati come detto dalla necessità di aggregazione e divertimento, si
sono diramate poi le varie correnti musicali in ossequio allo spirito ed alle
“mode” del tempo.
Nei primi decenni del Novecento il fenomeno assunse
caratteri più associativi e di massa che generarono tracce di spettacoli in
grande stile. All’interno di queste esibizioni musicali fecero il loro ingresso
altri strumenti, quali la fisarmonica, il tamburello e la chitarra, oppure si
vide la presenza di balletti femminili e l’uso di costumi tradizionali che
ricordano gli abiti e le figure di Renzo e Lucia. Nell’intera Brianza sorsero e
si svilupparono decine e decine di bande di canne, confermando che il flauto di
Pan era talmente radicato nella tradizione brianzola da essere considerato una
delle più autentiche espressioni di cultura popolare.
Accanto ai gruppi organizzati e censiti, ve ne furono
moltissimi altri non ufficiali e nati spontaneamente, che l’avvento delle due
guerre mondiali del Novecento e la nascente “modernizzazione” dei costumi e dei
gusti degli italiani, decimarono.
Suonatori del flauto di Pan
Le
bande musicali, o corpi bandistici, sono state realtà fortemente radicate nel
territorio e nella considerazione della gente, proprio perché rappresentazione
e fulcro del momento festivo celebrato dalla comunità. La banda si esibiva in
occasione di sagre, feste patronali e celebrazioni di carattere civile,
accompagnava le processioni nelle solennità religiose e i cortei funebri. Non
più quindi rappresentazioni minori e “dilettantistiche” di cultura paesana ma
anche mezzi per la diffusione della musica colta e di dignitoso rilievo
artistico ed estetico. Come afferma lo stesso Roberto Leydi, le bande sono state
quasi ovunque “il veicolo attraverso il quale la musica moderna ha potuto
raggiungere vastissimi strati della popolazione. In questo la banda ha operato,
dapprima accanto agli strumenti meccanici, ai cantastorie e ai suonatori da
ballo, poi, a partire dal periodo fra le due guerre mondiali, al disco e
soprattutto alla radio…”. Le bande musicali hanno rappresentato per la
popolazione una delle rare occasioni di ascoltare musica di un certo livello,
che non fosse quella liturgica. Le prime formazioni nacquero nei
primissimi anni dell’Ottocento, ma sarà nel corso della seconda metà del secolo
che avrebbe visto la luce la maggior parte delle formazioni musicali. Un buon
numero di queste compagini furono l’espressione dei circoli operai, altre, in
particolare quelle fondate all’inizio del secolo scorso, delle parrocchie e del
mondo cattolico. Le bande musicali hanno
rappresentato per la popolazione una delle rare occasioni di ascoltare musica
di un certo livello, che non fosse quella liturgica.
In Lombardia, e particolarmente
nelle province pedemontane, le origini dei corpi bandistici vanno ricercate
lungo le sponde dei fiumi e nelle valli delle Prealpi.
Anche qui in Brianza c’è stata
una forte diffusione delle bande musicali, le quali hanno allietato la vita delle comunità, prima
contadine e poi operaie e artigiane, almeno fino alla fine del secolo scorso.
Vorrei elencarne solo alcune di
esse, di cui ho avuto conoscenza diretta durante gli anni della mia giovinezza oppure
delle quali sono riuscito a reperire documentazione attendibile.
Partiamo
da Merate (Lecco)
La
storia della Banda Sociale Meratese è
una storia popolare. Oggi non c'è più nessuno che possa raccontare le origini
della banda o rammentare episodi di quell'epoca; dovremo quindi accontentarci delle
notizie che ci sono state tramandate per iscritto e ipotizzare l'evoluzione di
questo complesso basandoci su riferimenti della vita di Merate. Si sa che la
Banda nasce ufficialmente nel 1848 per l'interessamento del conte Rescalli, ma
già nei quattro anni precedenti un gruppo di musicanti svolgeva una certa
attività in paese. È difficile pensare che allora potesse esistere una scuola
di musica per strumenti a fiato come oggi la intendiamo; quel che si può
supporre è una sorta di ritrovo periodico tra appassionati autodidatti che, tra
una chiacchierata ed un bicchiere di vino, cercassero una certa forma del
suonare insieme. Cosa avvenne in quegli anni non lo si sa. Si conosce la
situazione storica, il subbuglio generale, le rivoluzioni, ma non è automatico
che tutto ciò possa aver inciso sulla vita quotidiana dei Meratesi.
Probabilmente la banda, nelle sue prime uscite, si occupava di servizi
religiosi e civili, legati alle circostanze del tempo. La metà
dell'800 ha rappresentato il momento più alto dello sviluppo dell'opera
italiana, che affondava le sue radici nella forma popolare; essa era, per una
serie di motivi, estremamente vicina all'idea bandistica che stava via via
formandosi. Possiamo allora immaginare che l'interesse dei musicanti si muovesse
in tale direzione, che diverrà poi una delle più importanti nella storia del
movimento bandistico; in principio si suonavano quasi certamente motivi
conosciuti, romanze imparate ad orecchio per passare poi a spartiti
appositamente scritti a mano.
Fino
alla fine del secolo poi tutto è assai difficile da ricostruire. Il primo
documento fotografico è del 1902 per la presenza della banda all'inaugurazione
della nuova chiesa di Verderio Superiore. Una foto ufficiale risale al 1922,
con la presenza del Presidente Tettamanti e bisogna giungere all'anniversario
del 1948 per avere un'altra fotografia. Sappiamo che fra le due guerre la Banda
ha trascorso vicende alterne dividendosi in due gruppi detti "bandin"
e "bandun", come è peraltro accertata l'esistenza di una fanfara di
ottoni addetta ai servizi imposti dal regime fascista. Ciò che segue la guerra
è storia recente, più conosciuta, grazie alle testimonianze dirette. La svolta
avviene nella seconda metà degli anni '80. Fino a quel momento continuò ad
essere un gruppo amatoriale. Non c'erano persone diplomate. Le nozioni e la
pratica venivano tramandate. Chi aveva più esperienza contribuiva a formare le
nuove leve. Spesso era un'unica figura ad insegnare più strumenti.
Nel
1988 Pierantonio Merlini divenne il primo direttore diplomato. È sotto la sua
direzione che cominciò una fase nuova. Il repertorio da quel momento ebbe un
taglio più moderno. Il prof. Merlini attinse a composizioni di musica
contemporanea originale per banda. In quella fase, allo studio più metodico si
affiancavano anche momenti aggregativi al di fuori della sede. Erano i tempi
delle gite sociali e dei gemellaggi artistico-culturali con bande straniere. È
un'occasione per socializzare, ma anche per raccogliere dei fondi per sostenere
le proprie attività musicali. La gestione dell'osteria è ormai rodata. I pranzi
e le cene presso la sede di via Manzoni sono da tutto esaurito.
Uno dei
vanti della banda meratese è la Scuola Allievi. Gli insegnanti sono diversi
sulla base dello strumento
scelto. Sono tutti diplomati e impartiscono le lezioni singolarmente. L'attuale
presidente Andrea Arlati ricorda: «Un tempo per chi voleva suonare c'era solo la banda.
Ora ci sono anche le scuole di musica, ma sono due cose diverse. Lì c'è solo lo
studio. Da noi entri a far parte di un gruppo». Da qualche anno
per i bambini c'è anche la miniband, che prevede anche un piccolo esame. Per
attrarre nuovi allievi organizzano un open
day di presentazione all'anno. Si recano anche alle scuole medie per farsi
conoscere. Alcuni poi si avvicinano alla banda su consiglio di amici o parenti
che ne fanno già parte.
La Banda Sociale di Merate esegue quattro
concerti all'anno, uno a stagione. In estate e in autunno si svolgono
all'aperto, così come le manifestazioni classiche civili e i servizi religiosi.
Un altro appuntamento tradizionale è l'immancabile Piva natalizia. Per tre
giorni i musicanti suonano per le vie delle frazioni le melodie del Natale. Concludono
il giorno della vigilia in città.
Cernusco
Lombardone (Lecco)
Forse era la festa di San Giovanni del 1928. Non c'è
alcun documento che lo possa testimoniare, ma in quel giorno debuttava il Corpo Bandistico S. Cecilia: la banda di
Cernusco Lombardone. L'occasione della festa
religiosa radunava le bande di Bernareggio e Robbiate, già attive da tempo, e
la formazione da poco nata di Cernusco. Era
dunque il periodo del fascismo, durante la sua fase di transizione verso la
dittatura, quando spesso e volentieri il tempo libero degli adulti era mutuato
dall'Opera Nazionale Dopolavoro e per i giovani dall'Opera Nazionale Balilla.
Gli scioperi erano banditi e proprio in quell'anno l'organo supremo del regime,
il Gran Consiglio del Fascismo, assunse competenze e ambiti di intervento
maggiori. L'idea di far sorgere una banda a Cernusco era di pochi
mesi prima, esattamente dell'aprile del 1928, quando Alessandro Claudio
Pirovano si trasferiva da Albiate Brianza a Cernusco. Cominciarono subito le
lezioni teoriche di musica, in attesa degli strumenti: per questi non bastavano
la passione e la volontà, ma ci volevano i soldi. I benemeriti furono Giuseppe
Ancarani, Luigi Villa ed il dott. Severino Ferrario. Gli allievi erano circa 50
e le prove si svolgevano presso un'aula delle scuole elementari, per poi trasferirsi
presso l'attuale sede OMNI e quindi presso l'oratorio femminile. La
cittadinanza seguiva con interesse sia le prove sia le uscite pubbliche. Non ci sono resoconti o
documenti ufficiali ma solo foto e testimonianze orali, dai quali ricostruire
la storia. Oggi, il Corpo Musicale Alessandro Pirovano è un'organizzata
associazione senza fini di lucro, con un proprio statuto, un proprio consiglio
e soprattutto con un ottimo organico di giovani appassionati. È apprezzata
nel proprio territorio per la qualità della propria musica e per la serietà
dell'organizzazione: offre infatti la possibilità di avvicinarsi al mondo della
musica con corsi e lezioni di insieme tenuti da validi professionisti. Svolge
un’importante attività di educazione alla cultura musicale presso i piccoli allievi
delle scuole del territorio.
La banda di Cernusco Lombardone verso la fine degli anni '70
Alessandro
Claudio Pirovano, il fondatore, diresse la banda fino al 1977, anno della sua
morte. Dalle testimonianze dirette delle sue tre figlie si capisce
l'inclinazione naturale che aveva verso la musica. «Ci è stato raccontato
- ha rammentato una di loro - che fin da ragazzino andava in giro alla ricerca di
strumenti e amici con cui suonarli insieme». È stato uno degli
ultimi a prendere parte all'esperienza fiumana. Lì si narra abbia conosciuto
Gabriele d'Annunzio.
Al
termine del periodo bellico cominciò a suonare nelle ville e forse ebbe qualche
passaggio in conservatorio. Imparò però a suonare tanti strumenti da
autodidatta e studiò per conto suo i principî per l'orchestrazione e la
composizione. Per questa ragione nel suo paese natale lo chiamavano "testa
d'oro". Il suo mestiere era quello di artigiano e tessitore. Era organista
in chiesa e col tempo organizzò una nuova cantoria. «Era religiosissimo
- hanno ricordato all'unisono le figlie - e per lo più svolgeva le processioni e le
altre celebrazioni religiose. Il suo armonium era sempre aperto, ma suonava un
po' tutti gli strumenti. Non poteva vivere senza musica». E
all'epoca non esistevano - e in seguito non erano ancora diffusi - la radio, i
dischi né tantomeno la televisione. Chi voleva ascoltare la musica, doveva
produrla da sé. Erano altri tempi. Le donne - comprese le figlie del maestro
Pirovano - non si avvicinavano agli strumenti musicali. Non veniva reputato
opportuno. L'intero mondo della musica era prerogativa maschile.
Dopo la
Seconda guerra mondiale Alessandro Pirovano avviò un'orchestrina di dieci
elementi a Cernusco Lombardone. Fondò la banda di Airuno. Portò la musica anche
a Montevecchia e a lui ricorrono le bande di Olgiate, Calco, Missaglia e Ronco
Briantino. Diresse le cantorie di Lomagna e Osnago. Oltre alle trascrizioni per
coro o per banda, compose di suo pugno alcuni spartiti. Erano per lo più marce,
pastorali e brani di ispirazione religiosa.
Robbiate (Lecco)
Il Corpo Musicale
Robbiatese fa la sua prima apparizione per la Piva di Natale del 1984. L’atto di fondazione viene fatto risalire al gennaio 1984, quando fu eletto il
primo Consiglio Direttivo. Tuttavia, se questa fosse la sceneggiatura di un
film, sarebbe opportuno inserire un flashback,
un salto all’indietro, per menzionare il passato musicale di questo paese.
Bisognerebbe tornare alla metà degli anni Venti del secolo scorso, quando
Robbiate si trovò ad avere una sua formazione di strumenti a fiato. Non è
rimasto molto di quel periodo. Si sa che venne istituita per volontà del medico
Mignoli e che accantonò le proprie pretese musicali con lo scoppio della
guerra. Pochi sono i ricordi – oggi rimasti senza testimoni diretti –
sufficienti però a far scattare una scintilla di riscossa negli anni Ottanta. Va
chiarito che è stato uno spunto iniziale. Quarant’anni di stop sono troppi per
parlare di continuità, e del resto nemmeno gli attuali musicanti e dirigenti la
avvertono. Alcuni cittadini sentirono l’esigenza di avere una associazione di
musica che si unisse alle già presenti attività culturali, sociali e sportive
del paese. Furono
in particolare Vincenzo d’Angelo e Vincenzo Panettiere, a cui si aggiunsero
Carlo Sozzi e Giovanni Riva, a imprimere la prima fiammata. «Ricordo ancora il
volantino che mi trovai tra le mani sul banco delle scuole elementari
– ha raccontato Riccardo Corno, che ha aderito fin da subito al progetto – nel quale veniva
pubblicizzata la nascente scuola di musica a indirizzo bandistico».
Era l’ottobre del 1983. Le prime lezioni si svolsero proprio in un’aula delle
elementari e nel giro di poco tempo si iscrissero 52 persone. L’amministrazione
comunale riconobbe subito l’importanza dell’iniziativa e la sovvenzionò con 15
milioni di lire. Forse anche per questo ancora oggi il labaro riporta lo stemma
del Comune. Come primo presidente fu eletto Vincenzo Panettiere.
La
prima uscita pubblica fu in occasione della “Festa dello sport” del giugno
1984. Nel Natale di quell’anno fu portata la Piva in giro per Robbiate. L’8
settembre 1985 si svolsero i primi due servizi ufficiali: l’inaugurazione della
biblioteca al mattino e la processione alla festa patronale. Durante il primo
concerto del 21 settembre 1985 i musicanti indossarono anche la prima divisa.
Giacca azzurra, pantaloni o gonna grigi e camicia bianca. A dirigere c’era il maestro
Vincenzo Bardaro, che rimase al timone fino al 1997. Fu dunque il primo
direttore stabile. Si era diplomato al Conservatorio di Napoli, sua terra
d’origine, ma il legame con il paese brianzolo lo portò a comporre nel 1987 la
marcia “La Robbiatese”. Nel libro “Corpo Musicale Robbiatese. 1984-2009, 25
Anni di Musica a Robbiate” a cui abbiamo attinto, viene segnalato come anno
particolare il 1986, quando la partecipazione della banda alla vita pubblica
divenne più consistente, anche al di fuori del paese. A giugno partecipò per la
prima volta al raduno provinciale che si svolse a Osnago, mentre nel mese
precedente svolsero la prima gita sociale a Busseto, la città natale di
Giuseppe Verdi. Gli anni Novanta sono stati anni di cambiamenti. Il presidente
divenne Paolo Bassano nel 1994, figlio di un altro musicante/insegnante e fino
ad allora maestro di percussioni a Robbiate.
La
svolta avvenne anche per la conduzione artistica. Il maestro divenne nel 1997
Massimo Mazza, che aveva una profonda conoscenza musicale, della quale vantava
numerosi successi. Con l’inizio del nuovo millennio la bacchetta cambiò
nuovamente di mano altre due volte. Nel 2003 la banda si trasferì nella sede dell’ex sala civica
(l’auditorium Monteverdi), dove tutt’oggi svolge le prove. Il successivo maestro
Alessandro Castelli introdusse i concerti a tema.
Colnago di Cornate D’Adda (Monza e Brianza)
Correva
l'anno 1891 quando per la prima volta si riunì la "banda" di Colnago.
Era composta principalmente da contadini che imparavano a suonare lo strumento
e la propria parte a memoria, poiché non sapevano leggere alcun spartito e non
conoscevano le note musicali. Bisogna andare indietro fino all'Ottocento,
quando la Chiesa svolgeva una funzione sociale di aggregazione molto più forte
di adesso, per narrare gli esordi della prima filarmonica di Colnago. Non sono
pervenute ai nostri giorni documentazioni scritte che lo certifichino, ma la
tradizione orale fa risalire la sua nascita ,appunto, al 1891. Avvenne per
volontà dell'allora ufficiale sanitario Luigi Resnati, originario di Milano, e
costituì il primo esempio di passatempo culturale per gli abitanti del posto.
Era lo stesso dottore, appassionato di filodrammatica, ad impartire le prime
lezioni teoriche e pratiche presso la sua abitazione, nella corte di via Biffi.
A sorreggere l'iniziativa fu il parroco don Luigi Martinenghi, grazie al quale
il sodalizio di strumentisti assunse la denominazione di Corpo Filarmonico (o Musicale) parrocchiale S. Alessandro. L'appoggio
della parrocchia non mancò nemmeno successivamente con l'arrivo di don Antonio
Vismara. In quel periodo - dal 1901 al 1909 - la direzione musicale fu
dell'organista della chiesa, Luigi Biffi. I musicanti aumentarono così come la
qualità delle loro esecuzioni. Da Milano arrivò il francese Luigi Barrochet
che, guidando la banda, riuscì a far completare l'organico in ogni sezione.
Pare che l'attività non si interruppe neppure durante i due conflitti mondiali. Nel
primo dopoguerra venne guidata da Giovanni Carta una fanfara di ottoni che, pur
ridimensionando il repertorio e il numero dei musicanti, garantì lo stesso il
proprio contributo durante le feste. I direttori venivano tutti da fuori, anche
con i maestri Tulli, Conti e Frigerio, che proprio a causa delle distanze
tenevano le lezioni di musica ogni quindici giorni. Invece nella prima metà
degli anni Quaranta il corpo musicale fu diretto da un membro della banda,
Michele Marcandelli.
La prima divisa risale al periodo tra il 1930 e il 1935.
Forse risentendo del clima politico, il colore dell'abito era nero con bottoni
dorati. Più tardi si passò a un frak con un cappello dal folto piumaggio. A
causa delle difficoltà economiche, dal 1948 don Giuseppe Visconti smise di
elargire denaro alla banda. Le andarono incontro le persone che spesso cedevano
parte del proprio raccolto di frumento, venduto poi al mugnaio. Negli anni
Cinquanta ancora non tutti i musicanti avevano dimestichezza con la lettura dello
spartito. L'allora maestro Attilio Nava si premurava facendo imparare la parte
su imitazione della sua esecuzione al clarinetto. I tempi di apprendimento
erano comprensibilmente piuttosto lunghi. Dal 1965 il maestro fu il figlio di
Attilio Nava, Franco. Mantenne l'incarico per quasi quarant'anni, fino al 2002.
La scuola Allievi nel frattempo crebbe e nel 1975 furono chiamati per la prima
volta due insegnanti separati per le sezioni ance ed ottoni. Erano i fratelli
Luigi e Costantino Ponti, musicanti professionisti.
Quello
stesso anno possiede un altro primato. Si iscrissero infatti delle ragazze, che
erano ben 7 su 13 allievi totali. L'afflusso maggiore di musicanti lo si
registrò nell'anno del centenario, il 1991, con 43 elementi, quando la media
storica era di una trentina di componenti. In occasione dei 100 anni di storia,
i membri hanno avuto l'onore di essere ricevuti in udienza privata da papa
Giovanni Paolo II. Gli ultimi gemellaggi risalgono al 120° anniversario.
Nell'ultima quindicina d’anni i maestri che si sono avvicendati alla direzione sono
stati il giovane Luca Ponti, Alessandro Vismara e per ultimo Paolo Luigi Belotti.
Cantù
(Como)
Fra le
più antiche formazioni del territorio brianteo è da annoverare il corpo
musicale La Brianzola di Cantù, la
cui costituzione venne approvata dall’Imperial Regio Governo con Dispaccio
datato 16 giugno 1843: si autorizzava la costituzione nel borgo di Cantù di
“una Società Filarmonica, ossia Banda municipale tra gli individui nominati
nell’elenco”, che porta in calce la firma di ventotto giovani che componevano
il gruppo originario. Tuttavia l’inizio del sodalizio è fatto tradizionalmente
risalire al 1836, anche se non esistono documenti. Nel 1888, il direttore
dell’epoca, Angelo Broggi, affermava che la banda denominata La Brianzola fu fondata nell’anno 1840.
A complicare ulteriormente la controversia intorno alla data di nascita del
corpo musicale è il festeggiamento del primo centenario di fondazione,
celebrato presso i giardini pubblici di Cantù il 26 settembre 1937. Promotori
della costituzione della banda furono i fratelli Samuele e Giuseppe Salterio. Come
attestato dallo Statuto del 1885, “la banda musicale già diretta dal signor
Giuseppe Salterio avrebbe assunto il nome di Banda Sociale Musicale La
Brianzola”. La nuova compagine si dotò di un’uniforme ed iniziò a riunirsi
periodicamente nei locali dell’ex convento di Santa Maria.
In
seguito ai fatti rivoluzionari del 1848 e del 1849, i controlli esercitati dal
governo asburgico sui gruppi costituiti si fecero gradatamente più coercitivi.
Le autorità politiche intendevano verificare se i membri delle diverse
associazioni fossero implicati nei moti patriottici manifestatisi in tutte le
città lombarde, e che avevano investito anche Cantù. Samuele Salterio
intervenne prontamente a tutela della compagine, difendendola da ogni sospetto
di pratica politica. Ma, neppure tre anni più tardi il commissario distrettuale
presentava in Comune una nota di rammarico circa il comportamento
antipatriottico della banda musicale che, secondo l’uomo politico, non eseguì
l’Inno Nazionale.
Sotto
la direzione del maestro Pagani, il corpo canturino ebbe modo di affermarsi in
tutta la provincia di Como. Nell’agosto del 1859 la banda venne invitata, in
insieme ad altre, a Como in occasione della visita di Vittorio Emanuele II. Si
trattò del più alto riconoscimento che la banda di Cantù avesse ricevuto fino a
quel momento. All’indomani della unificazione nazionale il Comune di Cantù,
come compenso per i buoni servigi che la “Banda Musicale prestava in tutte le
feste ed occasioni solenni…”, decideva di stanziare un contributo economici a
sostegno delle sue attività. Nel
1866 la popolazione canturina, insieme al corpo musicale, accolse trionfalmente
Giuseppe Garibaldi, giunto in Brianza con lo scopo di arruolare volontari per
quella che sarebbe stata denominata la III guerra d’Indipendenza.
La banda Ranscett in una storica foto del 1872
Nel
1872, però, all’interno della compagine si aprirono forti dissidi su alcuni
aspetti che portarono al distacco dal gruppo originario dei musicisti più
giovani ed alla formazione di un nuovo corpo musicale, che assunse la
denominazione di Ranscett. I 32
musicanti transfughi sottoscrissero l’atto costitutivo della nuova formazione
presso il Municipio di Cantù. Paradossalmente, la rivalità fra i due gruppi fu
in qualche modo efficace e contribuì ad accrescere la qualità musicale dei due
organici, nonché ad ampliare il rispettivo repertorio.
Nei
primi anni del Novecento altre formazioni si aggiunsero alle due esistenti. Il
1911 segna una svolta decisiva nella storia musicale canturina grazie alla
costituzione del corpo musicale La Cattolica, la cui formazione conquisterà
ben presto una posizione di preminenza nel panorama locale. Il 15 maggio 1913 si costituì la Fanfara Ciclistica, poi diventata Banda Musicale Sociale di Vighizzolo,
che nel 1921 prese definitivamente il nome di Corpo musicale Giuseppe Verdi di Vighizzolo.
Corpo musicale Giuseppe Verdi
Una statistica comunale redatta nel 1936 ci fornisce un
quadro dettagliato dei gruppi musicali operanti in quel momento a Cantù: la Musica Sociale Ranscett era composta da 40
musicanti ed era diretta dal maestro Enrico Annoscia. Altrettanti elementi
costituivano La Brianzola, diretta
dal maestro Achille Lizzi. Il maestro Franco Filippi dirigeva i 35 componenti La Cattolica, mentre la banda di
Vighizzolo era diretta dal maestro Antonio Facci. Ai quattro corpi bandistici
attivi si affiancava il gruppo dei Frega
Muson, il quale, sulla scia di una tradizione ormai consolidatasi in
Brianza, si avvaleva unicamente dell’antichissimo flauto di Pan.
Negli
anni fra le due guerre mondiali, l’attività delle quattro formazioni
bandistiche canturine conobbe un considerevole fervore di esecuzioni, sia
relativamente alle celebrazioni religiose sia per ogni tipo di ricorrenze
civili. Malgrado il grande consenso della popolazione, sul finire degli anni
Trenta cominciarono ad aggravarsi i conti economici delle bande, in modo
particolare quelli della Brianzola e
dei Ranscett, che le portarono al
mesto scioglimento: quasi 100 anni di gloriosa storia musicale sembravano
esaurirsi in una mera questione di bilanci. Molte persone si mobilitarono, su
diretta disposizione delle autorità politiche, e, nel 1938, le due disciolte
formazioni vennero riunite in un nuovo corpo bandistico che venne denominato Corpo Musicale Cittadino. Tempo un paio
di anni, la nuova formazione entrò in crisi per le medesime problematiche, e si
sciolse. All’indomani della fine del conflitto La Brianzola e il corpo musicale Ranscett ricostituirono i loro organici.
La
Brianza, nel senso più esteso del termine, ossia quel territorio compreso tra
le attuali province di Como, Lecco e Monza Brianza, è quindi stata una terra di
grandi tradizioni canore e musicali, un’area nella quale piccole e grandi
formazioni, dalle bandelle ai corpi bandistici, hanno interpretato al meglio
delle loro possibilità, considerate le difficoltà di quei tempi, ciò che
emergeva dalla cultura popolare di genti umili e laboriose, diffondendole e
portandole a conoscenza di tutte le realtà presenti sul territorio.
Beniamino Colnaghi
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