Il
pagamento degli affitti e gli sfratti dei contadini
Nato in Pannonia (un’antica regione
dell’attuale Ungheria) intorno al 316 d.C., Martino seguì le orme paterne
intraprendendo la carriera militare, arruolandosi giovanissimo nell’esercito
romano delle Gallie. Nei pressi di Amiens compì il suo gesto più clamoroso,
destinato a fissarsi nei secoli: incrociato un povero mendicante, Martino,
già attratto dal cristianesimo, tagliò il suo mantello e ne donò la metà al
povero. La notte stessa sognò Gesù che veniva a restituirglielo. E poiché al
risveglio lo ritrovò integro, il miracolo rafforzò la fede del giovane, che si
fece battezzare ed iniziò a percorrere la Gallia per evangelizzarne le
popolazioni. Gli abitanti di Tours lo elessero vescovo, edificati dal fatto che
egli prediligesse i servi ed i contadini, dei cui bisogni spirituali il clero
poco si curava. Morì nel 397 diventando subito uno dei pochi e primi non
martiri venerati come santi.
"El San Martìn di poveritt", Milano, 1920
Fino a pochi decenni fa, nel giorno di
san Martino, l'11 novembre, e comunque prima
del 1950, anno in cui venne varata la vera e propria riforma agraria, scadevano
i contratti di locazione delle terre e
delle abitazioni dei coloni. Ciò avveniva principalmente nelle regioni del nord
e della Pianura Padana, con punte nel Mezzogiorno. I contadini erano obbligati a pagare gli affitti, ma, per svariati motivi (economici, politici, morali...) ciò non li garantiva in pieno contro il rischio di essere cacciati dai poderi e dalle cascine dei grandi
proprietari terrieri. In
quella data, quindi, si verificava un grande spostamento di famiglie, in quei
tempi anche molto numerose, che collocate le proprie povere cose su un carro
trainato dai buoi o dai cavalli si apprestavano ad andare a servire altri proprietari,
accontentandosi, molto spesso, come compenso per il lavoro, di cibo per sfamare
la famiglia. Subito dopo gli spostamenti di san Martino il lavoro dei campi rallentava, anche se proseguivano le attività con gli animali nelle stalle e altri lavori che permettevano ai contadini di mantenere la famiglia. Perché la vita dei lavoratori della terra era in sintonia con la natura, che ogni anno compie il suo ciclo.
San Martino è radicato anche nella
tradizione brianzola, non solo per la torchiatura dell’uva e neanche in qualità
di protettore dei legionari, dei mercanti e dei cavalieri, ma soprattutto, come
abbiamo visto poco sopra, per il pagamento dell’affitto al padrone. Chi non
fosse stato in grado di pagarlo, veniva immediatamente cacciato dai poderi e
dalle abitazioni. Ciò provocava ulteriore miseria nelle famiglie dei coloni e
dei contadini, disperazione per la perdita del lavoro e della casa e tensioni
crescenti tra i lavoratori della terra ed i proprietari terrieri. Questi
ultimi, anche a causa del crescente consenso delle idee socialiste nel mondo
agricolo, iniziarono ad assoldare squadre di fascisti che reprimessero le
proteste e ristabilissero l’ordine.
Emblematica di ciò che avvenne in quegli
anni è una scena del film Novecento,
di Bernardo Bertolucci, una delle più drammatiche e significative di quel
clima, che si rifà al giorno di san Martino, giorno in cui scadevano i
contratti d’affitto. Il lavoro nei campi era finito, il raccolto era stato
completato, silos e cantine erano a posto, fino alla primavera non c’era più
bisogno di lavoranti. Il padrone dunque decideva chi poteva restare e chi
doveva andarsene; e per molte famiglie iniziava la miseria. Dovevano caricare
tutto quello che avevano su un carro e andarsene da un’altra parte. Non era
problema del padrone. Una barbarie disumana, ma ciò è durato per secoli.
Nel film la scena è ancora più drammatica: un contadino sfrattato, Oreste, si ribella allo sfratto e fronteggia una squadra di militari a cavallo chiamati dai padroni. Si mette a urlare e ad imprecare, e, sostenuto da Olmo (Gérard Depardieu) e Anita (Stefania Sandrelli), vengono chiamati a raccolta gli altri contadini che stanno traslocando, percorrendo gli argini del fiume Po, i quali, scesi dai carri, si muniscono di bastoni e forconi per combattere contro i soldati. Ma, inaspettate, davanti a loro, le donne contadine, guidate da una fiera e battagliera Anita, si sdraiano sull’alzaia e fermano i soldati a cavallo, che preferiscono indietreggiare e ritirarsi, piuttosto che compiere una carneficina.
Nel film la scena è ancora più drammatica: un contadino sfrattato, Oreste, si ribella allo sfratto e fronteggia una squadra di militari a cavallo chiamati dai padroni. Si mette a urlare e ad imprecare, e, sostenuto da Olmo (Gérard Depardieu) e Anita (Stefania Sandrelli), vengono chiamati a raccolta gli altri contadini che stanno traslocando, percorrendo gli argini del fiume Po, i quali, scesi dai carri, si muniscono di bastoni e forconi per combattere contro i soldati. Ma, inaspettate, davanti a loro, le donne contadine, guidate da una fiera e battagliera Anita, si sdraiano sull’alzaia e fermano i soldati a cavallo, che preferiscono indietreggiare e ritirarsi, piuttosto che compiere una carneficina.
Novecento, grande film,
grande regista, cinema d'autore.
Beniamino
Colnaghi
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