martedì 12 marzo 2013

Pillole di storia lombarda: Ad U.F.A. 

Sono amico di Pietro Marchisio da oltre vent’anni. Abbiamo lavorato nello stesso ufficio per alcuni anni, durante i quali abbiamo scoperto affinità culturali e interessi comuni. Uno di questi attiene la passione per la storia e per le antiche tradizioni italiane, ma non solo. Con questo post inizia la collaborazione di Pietro Marchisio con il blog “Storia e storie di donne e uomini”.
(b.c.)

Vi siete mai chiesti da dove deriva il famoso detto lombardo “mangiare Ad UFA“, volendo significare l’ottenimento di qualcosa senza nulla pagare?
Raccontiamo la storia e le origini del detto. 
 
Nel lontano 1387 venne presa la decisione di utilizzare il marmo di Candoglia per la costruzione del Duomo di Milano, per il cui scopo il 16 ottobre venne contemporaneamente istituita la Veneranda Fabbrica del Duomo, l’ente che si occupa ancor oggi della gestione e amministrazione dei lavori riguardanti la costruzione e la conservazione del Duomo.
 
Candoglia, cava madre del Duomo di Milano (foto tratta dal sito www.lagomaggiore.it)
 
Il 24 ottobre 1387 il signore di Milano, Gian Galeazzo Visconti, cedette in uso alla Veneranda Fabbrica le cave di Candoglia, site nel comune di Mergozzo, in provincia di Verbano Cusio Ossola, in Val d’Ossola, per lo sfruttamento del pregiato marmo. Il marmo di Candoglia ha un colore bianco-rosa, da chiaro a intenso, con venature sul grigio. Tuttora la Fabbrica del Duomo gestisce l’estrazione e la lavorazione del marmo per la realizzazione degli elementi scultorei di sostituzione e per i continui restauri della grandiosa cattedrale milanese.
 
Il Duomo di Milano in una bellissima foto di Giacomo Brogi del 1870 circa
 
La scelta, oltre che per la qualità del materiale, fu dettata dalla comodità di far scendere fino a Milano, per via fluviale, i pesanti blocchi di marmo con il minimo danneggiamento e la minor fatica: dal fiume Toce al lago Maggiore, dal Ticino fino al Naviglio Grande.

I blocchi di marmo estratti dalle cave venivano fatti scivolare nel fiume Toce con un sistema di grandi slitte chiamate lizze, costituite da tronchi e assi trattenuti da grosse corde di canapa, caricati su grossi barconi e poi immessi nelle calme acque del lago Maggiore, in quello specchio d’acqua denominato Golfo Borromeo. A Sesto Calende i barconi si immettevano nel fiume Ticino e, dopo aver superato imperiose rapide, giunti in località Tornavento, infilavano il Ticinello (Naviglio Grande) che scivolava verso Milano passando per Turbigo, Abbiategrasso, e Gaggiano arrivando fino al laghetto di Sant’Eustorgio, corrispondente all’attuale darsena di Porta Ticinese, per poi raggiungere il laghetto di Santo Stefano utilizzando i canali e i fossi della cerchia interna, precedentemente costruiti a difesa della città di Milano.


Milano, la darsena con i bastioni spagnoli nel 1880 (da wikipedia.org)
 
Imbocco del laghetto di Santo Stefano nel 1855 (da wikipedia.org)

Fu allora che Gian Galeazzo Visconti accordò speciali privilegi fiscali necessari al finanziamento della costruzione del Duomo ed in particolare decise l’esenzione totale dei dazi per trasporto dei marmi ed altri materiali necessari (legnami, sabbia, calce, ecc.) sui quali veniva apposta la sigla A.U.F.A., Ad Usum Fabricae Ambrosianae, che garantiva, in corrispondenza dell’incile del Naviglio Grande a Tornavento, l’esenzione totale del pagamento del dazio ed altri balzelli.

Da allora quella sigla è entrata nel gergo popolare lombardo ed ancora oggi, il detto Ad U.F.A., o sue varianti, è utilizzato per descrivere qualcuno che va a scrocco, mangia a sbafo, senza pagare.

Pietro Marchisio

Note
Le fotografie pubblicate sono nel pubblico dominio poiché il copyright è scaduto.
 

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