venerdì 25 gennaio 2019

27 gennaio “Giorno della Memoria”
Le cartoline di Otto e Elise Hampel, nella Berlino nazista di inizio guerra
 
Secondo Antonio Gramsci “Ogni movimento rivoluzionario è romantico per definizione” (L'Ordine Nuovo, 17 gennaio 1922). Fatte le debite differenze storiche e con l’intento di contestualizzarlo dentro la tragedia che il nazismo generò in Europa, questo assunto potrebbe aver ispirato anche Otto Hampel e sua moglie Elise, autori del tentativo di contrastare il Terzo Reich attraverso una romantica rivoluzione, armata di sole parole. Alla loro coraggiosa storia, resa nota dalla penna del celebre scrittore Hans Fallada, si ispirò, con qualche modifica, il libro Ognuno muore solo, riproposto in forma cinematografica da Vincent Pérez, con il film Alone in Berlin (Lettere da Berlino, nella versione italiana).
Era il 1940 quando una missiva della Wehrmacht annunciò ai coniugi Hampel che il fratello di lei  era caduto in battaglia sul fronte francese. Questa tragica notizia cambiò irrimediabilmente la vita della coppia. Vittime del dolore, in nome di una patria e di un Führer troppo follemente innamorati di sé e del potere, i due decisero, allora, di dare un nuovo senso alle loro esistenze che, da quel momento, furono dedicate alla lotta alla tirannia nazista.

Elise e Otto Hampel (Fonte Wikipedia nel pubblico dominio)

Sostenuto pienamente da Elise, Otto, scrupolosamente attento a non lasciare tracce, diede inizio alla sua personale sfida al nazismo attraverso la redazione di cartoline che mettevano duramente in discussione Hitler. I brevi componimenti, spesso anche singole frasi, furono di volta in volta rilasciati in punti strategici della città di Berlino, secondo uno schema ben preciso che permise, per due lunghi anni, ampia copertura e vasta diffusione del silenzioso grido antinazista.
Il loro fu un grido silenzioso che partiva dal basso, con l’ambizione di diventare una rivolta civile in grado di coinvolgere i cittadini stessi. Purtroppo i tempi non erano i più appropriati: la vittoria tedesca nel territorio francese e il conseguente sentimento di riscatto della Germania dallo sfacelo della Prima guerra mondiale fecero sì che il Führer e il suo partito godessero di una diffusa approvazione da parte della maggioranza dei cittadini del Terzo Reich. Gli sforzi dei due coniugi, entrambi di modeste condizioni e umili origini, volti a cercare di destare le coscienze assopite dei tedeschi, furono vani. Gli Hampel si trovarono a dover lottare con un nemico ben più forte: l’arma della propaganda nazista. Il lavaggio delle coscienze e l’indottrinamento alla denuncia instillato nei cittadini dal partito di Hitler era invincibile e i vicini di casa e di quartiere di Otto ed Elise si tramutarono ben presto nei loro aguzzini.
I coniugi, infatti, desideravano risvegliare la coscienza del popolo tedesco, esortandolo a ribellarsi a una dittatura che perseguiva violentemente non solo gli ebrei ma, anche, tutti coloro che a essa si opponevano. In un clima di terrore tale, però, sperare in una reazione fu davvero impresa ardua. Chi trovava i biglietti, infatti, si apprestava rapidamente a consegnarli alla polizia che, intanto, era sulle tracce degli autori di quella sommossa, unica nel suo genere ma priva, nei fatti, di una vera e propria organizzazione politica di opposizione.
Dal 1940 al 1942 per la Gestapo fu praticamente impossibile risalire ai due. Quella rivolta tra le mura di casa, la cura all’anonimato, la normalità di persone come Otto ed Elise – lui falegname in una fabbrica che produceva materiale per fini bellici, lei membro dell’associazione nazionale delle donne nazionalsocialiste – resero piuttosto complicata la loro individuazione, ritenuta sempre più necessaria perché pericolosa. Nessuno doveva sapere, nessuno doveva dubitare: il regime doveva continuare ad apparire saldo.
Le cartoline composte dagli Hampel, prima che una tasca bucata del cappotto tradisse Otto, furono circa 285. Quelle riconsegnate alla polizia tedesca 267. Solo diciotto, infatti, non furono mai denunciate. Forse, la perdita del fratello, il grosso rischio di essere scoperti, la paura e il bisogno di dire basta non erano stati così inutili: nel frastuono delle bombe, qualcuno aveva sentito le urla di denuncia di due persone stanche, arrabbiate, sole.

Targa ricordo posta sullo stabile di Berlino dove vivevano gli Hampel (Fonte Wikipedia)

Gli Hampel tentarono di combattere il Führer dall’interno, in modo tanto silenzioso quanto deciso. Consci della potenza della propaganda nazista, ancor più efficace dei soldati schierati ovunque, scelsero di opporvisi imbracciando l’arma della parola, sperando in un risveglio dei loro concittadini tedeschi, tale da sovvertire lo stato delle cose. Sebbene la Gestapo abbia tentato di metterli a tacere, però, condannandoli alla decapitazione, avvenuta l’8 aprile 1943, proprio la polizia segreta con i suoi documenti, ha permesso alla loro storia di giungere fino a noi. La scrittura, l’unico mezzo a disposizione della temeraria coppia, alla fine ha vinto.
Anche se molte delle fonti ufficiali hanno sempre teso a presentarci la nazione tedesca dell’epoca come compatta e determinata nell’affermazione della presunta superiorità della razza ariana, la vicenda smentisce l’errata convinzione che Hitler non avesse oppositori in patria e ci ricorda che, ieri come oggi, nessuna rivolta, anche la più timida, anche la più apparentemente innocua, è inutile.
Ogni battaglia merita di essere combattuta, ogni regime dispotico e violento rovesciato, ogni libertà difesa. C’è un motivo per il quale il potere ha sempre temuto gli intellettuali: le parole fanno sì che le idee e i diritti non restino inespressi. Ma mentre le voci si possono mettere a tacere, la scrittura non si imbavaglia, non la si ferma in alcun modo. La sua eco supera persino il rimbombo delle armi.
Beniamino Colnaghi

Fonti
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