domenica 22 luglio 2012

Auroville, Città dell’Aurora



Questo è il simbolo di Auroville


Il punto al centro rappresenta l'Unita', il Supremo;

il cerchio interno rappresenta la creazione, la concezione della Citta';
i petali rappresentano il potere di espressione, la realizzazione.

Auroville si trova in India, nello Stato del Tamil Nadu, a 150 km a sud di Madras e a circa 15 km dalla città di Pondicherry, ex colonia francese. Dista 7 km dall’Oceano Indiano.
La Città di Auroville è situata in un ambiente rurale composto da oltre 90 insediamenti, sparsi su un’estensione di 25 km2, di cui circa 10 appartengono alla Comunità. Nell’area di proprietà di Auroville si trovano anche diversi villaggi Tamil, i cui residenti autoctoni lavorano la terra, allevano bestiame, vivono di pesca e artigianato.

Auroville non è un luogo turistico ove trascorrere le classiche vacanze ma la concretizzazione di uno straordinario progetto pensato e voluto da Sri Aurobindo e Mirra Alfassa, chiamata in seguito Mère, La Madre.
 
Sri Aurobindo

Mère, La Madre

 
Sri Aurobindo nacque a Calcutta il 15 agosto 1872, Mère a Parigi il 21 febbraio 1878.

Sebbene le loro famiglie fossero di tendenze materialistiche e quando ancora bambini gli unici contatti con la religione produssero in loro una forma più di rigetto che attrazione, entrambi, soprattutto Mère, iniziarono a crescere spiritualmente fin da piccoli. Questo sviluppo, che avvenne spontaneo, fu incomprensibile a coloro che gli erano vicini.

Quando Mère era ancora ragazza, stabilì una specie di contatto con Aurobindo a livello interiore, nonostante non si conoscessero affatto e vivessero su due continenti distanti tra loro.
La Madre sentì parlare di Sri Aurobindo per la prima volta nel 1913 e capì che avrebbe dovuto incontrarlo. Nel marzo del 1914 si recò appositamente a Pondicherry per conoscerlo. Subito intuì che era la persona con la quale si sentiva in contatto a livello interiore fin da bambina e che con esso avrebbe svolto un importante e intenso lavoro per la Terra.

Il sogno
Ci vorrebbe un posto sulla Terra in cui nessuna nazione possa reclamare come proprio; un posto di pace, amicizia e armonia e un luogo in cui tutti gli istinti dell’uomo possano essere usati per vincere le cause delle sue sofferenze e delle sue miserie, per abbattere la sua debolezza e l’ignoranza.

Un luogo dove i bisogni dello spirito e l’ansietà di progresso precedano la soddisfazione di desideri, passioni, piaceri e godimenti materiali. Un luogo in cui i bambini possano crescere e svilupparsi integralmente senza mai perdere il contatto con la propria anima. L’educazione sarebbe data non per superare degli esami od ottenere diplomi e posti di lavoro, ma per arricchire le facoltà esistenti e generarne delle nuove, promuovendo la bellezza in tutte le sue forme artistiche.

In questo luogo ideale il denaro non dovrà essere più sovrano padrone, il valore individuale avrà un´importanza ben maggiore di quella delle ricchezze materiali e della posizione sociale. Il lavoro non sarà più il mezzo per guadagnarsi da vivere, ma il modo per esprimere se stessi e per sviluppare le proprie capacità e potenzialità, rendendo nel contempo servizio all´insieme del gruppo.

In breve, sarà un posto in cui la collaborazione e la fratellanza nelle relazioni sociali, scalzeranno la competizione e la lotta fra gli uomini.

"L'uomo e' un essere transitorio, non definitivo. L'evoluzione non si e' conclusa; la ragione non e' l'ultima parola, ne' l'animale raziocinante la figura suprema della Natura," osserva Sri Aurobindo. "C'e' qualcosa che egli ancora non e', ma che sara'; un percorso verso qualcosa di non ancora realizzato, la sua intera vita e' una preparazione, un indirizzo della Natura verso qualcosa che e' piu' avanti."

Auroville vuol essere veicolo essenziale di questa ricerca nell'evoluzione, ed eventualmente una piattaforma per la trasformazione.

La realtà
Un crescente numero di persone provenienti da tutti i paesi del mondo intrapresero un lavoro paziente e tenace per la costruzione di una città nuova, di un nuovo modo di vivere, di un nuovo modo di essere. Furono molti gli italiani che andarono in India e parteciparono a questo progetto. Una buona parte di essi rimase e diventò aurovilliana.

Il 28 febbraio 1968 Auroville fu inaugurata alla presenza di oltre 5000 persone, provenienti da tutto il mondo. Rappresentanti di molti Paesi e di Stati indiani posero una manciata di terra dei rispettivi luoghi d’origine in un’urna a forma di loto al centro di Auroville. Sri Aurobindo non poté essere fisicamente presente perché lasciò il corpo molti anni prima, il 5 dicembre 1950.

Mère, che aveva da poco compiuto 90 anni, lesse un messaggio alla radio indiana, che così recitava: “Saluti da Auroville a tutte le persone di buona volontà. Sono invitati ad Auroville tutti coloro che hanno sete di progresso ed aspirano ad una vita più alta e più vera”.

Il tessuto connettivo di tutto ciò è la sfida di vivere una vera unità umana.

Con la scelta stessa di esserci, gli aurovilliani si stanno impegnando a partecipare attivamente alla creazione di "una città universale dove uomini e donne di tutti i paesi sono capaci di vivere in pace ed in un'armonia di progresso, al di sopra di ogni credo, di ogni politica e di ogni nazionalità ". Essi sono consapevoli che "il proposito di Auroville e' di realizzare l'unita' umana" così che, di conseguenza, la nostra specie possa progredire.

Mère se ne andò il 17 novembre 1973.

Il Matrimandir
Il centro spirituale di Auroville è il Matrimandir, un grande tempio a forma di globo, l’anima della città che sembra appoggiarsi sulla terra o emergere da essa. Coloro che l’hanno pensato e progettato hanno voluto simboleggiare la nascita di quella nuova coscienza che vuole manifestarsi. E’ il tempio del silenzio e della meditazione, che nel progetto della Madre doveva essere il “simbolo della risposta del Divino all’aspirazione umana alla perfezione”.





Il Matrimandir visto da diverse prospettive e distanze
Il Matrimandir è circondato da giardini meravigliosi ed ognuno di essi è l’espressione di uno stato di coscienza diverso. Adiacente ai giardini sorge il famoso “Banyan”, l’albero che indica il centro della città.

Il grande banyan del Centre Guest House

La mia esperienza.
Sono partita una prima volta per Auroville il giorno di Natale del 1992 insieme ad alcune amiche di Monza. E’ stata dura. Il primo impatto con l’India vera, non quella dei circuiti turistici per gli occidentali, ma quella dei villaggi rurali, delle tradizioni millenarie, della fortissima spiritualità di quel popolo, è stato per me un trauma, perché non avevo i soliti e confortanti punti di riferimento. Mi mancavano i miei spazi e le mie sicurezze. Poi ho capito che gli agi e le cose materiali non erano indispensabili, il modello di vita insegnato da Sri Aurobindo e Mere è altro.

Negli anni sono ritornata ad Auroville altre cinque volte e ogni volta ho imparato qualcosa di nuovo.

Ringrazio Auroville di esistere e soprattutto Mère, i cui insegnamenti ed il cui pensiero mi hanno aiutata a cambiare la mia vita.

Patrizia Colnaghi

lunedì 16 luglio 2012

Perché ancora Gramsci. Il codice genetico della politica

Ho ricevuto dall’amico Ambrogio Biglia questo pezzo sul pensiero di Antonio Gramsci, uomo politico, pensatore e intellettuale del primo ‘900.
Nato ad Ales, in Sardegna, il 22 gennaio 1891, morì a Roma il 27 aprile 1937 a causa di gravi malattie, peggiorate durante il prolungato periodo carcerario cui fu sottoposto dal regime fascista.

Perché il nostro paese ha avuto i più grandi pensatori politici da Machiavelli a Gramsci e una prassi politica che fa schifo? Forse il pensiero politico è come un fiore , nasce se c’è letame.

Per darmi una risposta più convincente mi sono riletto alcuni appunti presi dopo un discorso commemorativo di Mario Tronti , da me rielaborati , e sto leggendo il nuovo libro di Giuseppe Vacca, “ Vita e pensieri di Antonio Gramsci”, Einaudi editore.



Gramsci aveva cercato in Machiavelli il codice genetico della politica e l’aveva collocato nel contesto storico tra Umanesimo e Rinascimento..
Come Machiavelli aveva interpretato la Prima decade di Tito Livio, così Gramsci interpreta Il Principe in modo geniale: il partito politico come moderno principe.
Scrive: “ Il moderno principe, il mito principe, non può essere una persona reale, un individuo concreto; può essere solo un organismo; un elemento di società complesso nel quale già abbia inizio il concretarsi di una volontà collettiva, riconosciuta e affermatasi parzialmente nell'azione. Questo organismo è già dato dallo sviluppo storico ed è il partito politico; la prima cellula in cui si riassumono dei germi di volontà collettiva che tendono a divenire universali e totali “ . Quell'aggettivo "totali" fa riflettere. La storia del Novecento ha elaborato progetti universali, ma , per eterogenesi dei fini, ha raccolto regimi totalitari .

Però precisava : "il partito non come categoria sociologica, ma il partito che vuole fondare lo Stato". Fondare lo Stato, non farsi Stato. Gramsci aveva previsto le possibili degenerazioni del partito che si fa Stato, cioè della parte che si fa tutto. E ne aveva sofferto, in carcere, non solo intellettualmente. Il suo problema politico era , nei terribili anni Trenta, come sfuggire alla trasformazione delle masse in folle manovrate e delle élites in oligarchie ristrette.

Il problema di Gramsci è stato la costruzione di un rapporto virtuoso tra classe dirigente e classi sociali. Il mito del partito-principe è l'organizzazione di una volontà collettiva, come l'unica forza in grado di contrastare l'avvento della personalità autoritaria.

Vede il pericolo di una delega diretta al decisore politico, un individuo e non un organismo democratico , da parte di una moltitudine formata dalla gente, dai forti umori antipolitici. Gramsci , insieme a Sturzo , Dossetti e Einaudi, ha contrastato le malattie contagiose delle democrazie contemporanee: l'antipolitica, il populismo. Con la sua vita e la sua opera, ci aiuta a richiamare la politica, alla sua vocazione originaria che, da Aristotele a Weber, è stata collocata tra due splendidi estremi, la passione e la sobrietà.

Scrisse dal carcere fascista: "Io sono un combattente, che non ha avuto fortuna nella lotta pratica". L'insegnamento che Gramsci ci lascia, si può sintetizzare così: come un uomo di parte diventò una risorsa della nazione, senza annullare la propria appartenenza, ma operando nell'interesse di tutti; Gramsci ci dice che la politica si nobilita sollevandosi ad un progetto altamente umano. Il Gramsci giovane è ancora attuale.

Un suo articolo del 1917 comincia con le parole: "Odio gli indifferenti". “Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze virili della mia parte già pulsare l'attività della città futura che la mia parte sta costruendo”. Poi ci sarà un altro articolo famoso e scandaloso: La rivoluzione contro il Capitale. la rivoluzione dei bolscevichi ", contro il Capitale di Carlo Marx.

“All'individuo capitalista si contrappone l'individuo-associazione, al bottegaio la cooperativa: il sindacato diventa un individuo collettivo che svecchia la libera concorrenza, la obbliga a forme nuove di libertà e di attività”. Ne "L'ordine nuovo", che Gramsci fonda il 1 maggio 1919 , si organizza il gruppo che darà vita al Partito comunista d'Italia, che nascerà non solo contro i riformisti ma anche contro i massimalisti. A Torino c’era il biennio rosso, l'occupazione delle fabbriche, l'esperienza dei Consigli operai. Parte da lì, non da quelli che oggi si chiamano non-luoghi. Gramsci scrive nel 1920: “ L'operaio comunista che per settimane, per mesi, per anni, disinteressatamente, dopo otto ore di lavoro in fabbrica, lavora altre otto ore per il Partito, per il sindacato, per la cooperativa, è, dal punto di vista della storia dell'uomo, più grande dello schiavo o dell'artigiano che sfidava ogni pericolo per recarsi al convegno clandestino della preghiera…

Il fatto stesso che l'operaio riesca ancora a pensare, pur essendo ridotto a operare senza sapere il come e il perché della sua attività pratica, non è un miracolo?”.

Non ci sono due Gramsci. L'operazione di valutare il Gramsci studioso e di svalutare il Gramsci politico è sbagliata. Specialista + politico è la formula gramsciana risolutiva.

Dalla tecnica-lavoro alla tecnica-scienza e di qui alla concezione umanistica- storica, senza la quale si rimane "specialista" e non si diventa "dirigente". Il modo di essere del politico sta nel mescolarsi attivamente nella vita pratica, come costruttore, organizzatore, persuasore, non solo oratore. Quindi, per Gramsci, il politico è dirigente armato di cultura tecnica, scientifica, umanistica. Qui c'è la preziosa distinzione gramsciana tra direzione e comando, tra guidare e imporre. Questo vale per il gruppo dirigente nei confronti del partito, vale per il partito nei confronti dello Stato, vale per lo Stato nei confronti della società. Egemonia non è solo cosa diversa, è cosa opposta a dittatura. Non c'è pratica di egemonia senza espressione di cultura.

Praticare egemonia è una cosa complessa: vuol dire essere alla testa di un corso storico già in movimento, e che fa movimento anche in virtù delle idee-guida che ci mette dentro.

Scriveva nei Quaderni: “ Il grande politico non può che essere "coltissimo", cioè deve "conoscere" il massimo di elementi della vita attuale; conoscerli non " librescamente", come "erudizione", ma in modo "vivente", come sostanza concreta di "intuizione" politica “.
Tuttavia - aggiungeva -: "Istruitevi, istruitevi e poi ancora istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza".

Nelle "Lettere dal carcere" scrive al figlio Delio:” Io penso che la storia ti piace, come piaceva a me quando avevo la tua età, perché riguarda gli uomini viventi e tutto ciò che riguarda gli uomini, quanti più uomini è possibile, tutti gli uomini del mondo in quanto si uniscono in società e lavorano e lottano e migliorano se stessi non può non piacerti più di ogni altra cosa “

Oggi non sappiamo con chi e con che cosa sostituire quelle componenti popolari, di matrice cattolica, socialista, comunista più quelle élites di ispirazione social-liberale, che, tutte insieme, componenti popolari ed élites non oligarchiche, hanno fatto la storia del nostro paese: perché non erano società civile, erano società reale, ordinamento storico concreto.

Ci sono pochi, diceva Hölderlin, che sono costretti ad afferrare il fulmine a mani nude .

Ecco, tra quei pochi dobbiamo "cercare ancora" Gramsci.
Ambrogio Biglia