lunedì 23 maggio 2016

Il filo spinato e le barriere erette dagli Stati che appartennero all’Impero austro-ungarico

Sull’onda delle intense migrazioni che vedono milioni di profughi e rifugiati, soprattutto provenienti dai Paesi in guerra, dall’Oriente e dall’Africa, spostarsi verso l’Europa, alcuni Paesi dei Balcani e dell’Europa dell’Est hanno provveduto a costruire barriere e reticolati al fine di respingere, o perlomeno contenere, l’ondata migratoria. Altri Paesi hanno intensificato i controlli della polizia e dei militari sui loro confini. La stessa Austria, proprio nei giorni scorsi, ha palesato l’intenzione di innalzare una barriera e ripristinare i controlli presso il confine italo-austriaco del Brennero.
Sono Paesi tutti appartenuti all’immenso Impero austro-ungarico[1], dissoltosi tra il 1918 e il 1919 a seguito della fine della prima guerra mondiale.

Le etnie dei popoli che facevano parte dell'Impero austro-ungarico nel 1910, prima della dissoluzione
(foto da Wikipedia.org nel pubblico dominio)

L’Impero austro-ungarico, un’entità dominata dall’idea sovranazionale, nel quale convissero decine di etnie, lingue e religioni, fu in realtà attraversato da profondi sospetti, vendette e odi tra i suoi popoli. Anche se i proclami ed i manifesti emanati dall’imperatore asburgico Francesco Giuseppe contenevano le parole “Ai miei popoli”, e quindi con esse si intendeva trasmettere il senso di concordia, di pacifica convivenza e di appartenenza di nazionalità e etnie tanto diverse, quei popoli erano minati da odi nazionalistici che covavano sotto la grande illusione dell’idea sovranazionale. Basti rifarsi alle più recenti dissoluzioni dell’Unione Sovietica e della Jugoslavia ed alle conseguenti e atroci guerre combattute nei Balcani, in Cecenia ed in Ucraina.  



Nei maggiori controlli delle frontiere e nella costruzione di steccati e reticolati per respingere le ondate di migranti, si distinguono per particolare zelo gli Stati nati dalla dissoluzione dell’impero absburgico, dall’Austria all’Ungheria agli Stati balcanici. Ciò deve far riflettere.
Per quali motivi ciò avviene in quella parte d’Europa? Probabilmente per due motivi su tutti. Il primo, come già detto, riguarda la diffusa diffidenza e l’odio che permeava alcuni popoli appartenuti all’impero absburgico, ex patria comune di molti di quei Paesi, certamente foriero di civiltà ma talora contraddetto dalla sua stessa politica e alla fine corroso e dilaniato, ben prima della sconfitta nella prima guerra mondiale, dalla autodistruttiva esplosione dei vari nazionalismi.
Nella Duplice monarchia austroungarica le relazioni ed i rapporti fra i popoli erano pesantemente conflittuali: non solo austriaci e ungheresi si contendevano leadership e supremazia, ma anche i rapporti tra ungheresi e slovacchi e croati, italiani e sloveni, ruteni e polacchi non erano certamente buoni. L’Austria stessa, culla di un grande pensiero sovranazionale, ha visto nascere al suo interno i germogli del nazismo.
Il secondo motivo potrebbe trarre origine dalla comune appartenenza di quasi tutti i Paesi ex asburgici, Austria esclusa, all’influenza politica e militare dell’Unione Sovietica; appartenenza che non ha certo attenuato le diffidenze ed i vecchi nazionalismi di quei popoli, intesi come estremizzazione dell’identità nazionale e chiusura fisica e culturale a popoli e etnie con idee e convinzioni diverse.

Beniamino Colnaghi
Note


[1] Per approfondimenti relativi all’origine ed alla storia dell’impero, si vedano i post già presenti in questo blog:

venerdì 20 maggio 2016

Reportage storico-fotografico sul fiume Adda e dintorni, da Imbersago a Trezzo sull'Adda

Comune di Imbersago
(cliccare sulle foto per ingrandirle)
 




 Piazza Garibaldi con la torre, il monumento ai caduti e la chiesa di San Paolo

 L'edifico dal quale parlò Giuseppe Garibaldi il 4 agosto 1848

 

 
Comune di Paderno d'Adda
 

 

Il ponte San Michele, costruito tra il 1887 e il 1889 su progetto dell’ingegnere svizzero Jules Röthlisberger, venne realizzato dalla Società Nazionale Officine di Savigliano. E' lungo 266 metri e si eleva a 85 metri al di sopra del livello del fiume. La struttura è interamente chiodata con la stessa tecnica della Torre Eiffel e fu tra i primi esempi di opera in ferro che utilizzò la teoria dell’ellisse di elasticità. E’ formato da un’unica campata in travi di ferro da 150 metri di corda che sostiene, tramite 7 piloni sempre in ferro, un’impalcatura a due livelli, il primo ferroviario e il secondo stradale.
 
 
La vecchia diga vista dal fiume e dal ponte, realizzata con lunghe aste di legno che sbarra il fiume dando origine al Naviglio di Paderno (a destra). In questo punto i francesi ricollocarono l’incile del canale. Più a valle iniziano le tumultuose rapide dell’Adda. 
 
La chiesetta di Santa Maria Addolorata, edificata nei primi anni del Settecento probabilmente sopra i resti di un lazzaretto, per onorare i morti della peste, nel 2008 viste le pessime condizioni in cui versava fu sconsacrata e donata al Parco Adda Nord che ne ha curato il restauro, inserendola nell’Ecomuseo “Adda di Leonardo”. Tolti tutti gli arredi sacri, fra i quali una pala d’altare lignea raffigurante la Vergine con il Cristo Morto, risalente alla fine del Cinquecento, l’interno è stato abbellito dalle riproduzioni delle due versioni del dipinto di Leonardo da Vinci “La Vergine delle rocce” il cui sfondo mette in evidenza il tratto dell’Adda denominato “I tre corni”.
 

 
 
Porto d'Adda (Comune di Cornate d'Adda)
 
Il piccolo cimitero di Porto d'Adda, a destra del quale parte una stretta mulattiera che scende verso il naviglio, in corrispondenza della scalinata che porta al santuario della Rocchetta.

La chiesa dedicata a San Giuseppe (1937)
 
 La cappella funebre eretta nel 1928 e dedicata ai "Mort de San Cerech", a ricordo dei caduti della battaglia di Villa Paradiso tra i Francesi e gli Austriaci, combattuta il 15 agosto 1705

Villa Paradiso, costruita dai Gesuiti verso la fine del secolo XVII
 

 Il santuario di Santa Maria della Rocchetta visto dal naviglio


 

La cisterna dell'acqua
 


 

Trezzo sull'Adda


Villa Gargantino. Ad adattare il complesso com’è oggi furono i Gargantino che, mercanti milanesi, l’acquistarono nel Settecento da Cesare Cavenago, il feudatario di Trezzo. Lo fecero modificando la parte nobile, di cui sono emerse superstiti decorazioni del Cinquecento.  
 
Sede della Società Operaia di Mutuo Soccorso, nata nel 1879
 
Il Castello Visconteo è una delle "meraviglie" di Trezzo sull'Adda e sicuramente il simbolo della città, borgo di origini antiche (IV-III secolo a.C.) situato a nordest di Milano. Fu costruito nel 1300, per volere di Bernabò Visconti, accanto ad una rocca che la tradizione vuole edificata dalla regina Teodolinda. Questa fortificazione è stata testimone di una storia tormentata, di cruenti lotte e di conquiste, che vide protagonisti il Barbarossa, i Torriani e i Visconti. Oggi dell'imponente castello rimane la torre a pianta quadrata, alta 42 metri, il pozzo fatto costruire nel 1400 dal casteflano Vercellino e i suggestivi sotterranei. Del coevo ponte sull'Adda, utilizzato per trent'anni prima di essere distrutto nel 1416 dal Carmagnola, sono ancora visibili la spalla e l'attacco.

 
La rocca del castello e la centrale idroelettrica Alessandro Taccani, ingegnere milanese, nato in pieno centro città nel 1876.
 
 
 
Chi fosse interessato ad approfondire la conoscenza sull'Adda e sui luoghi di maggior pregio e interesse posti nelle immediate vicinanze del fiume, può aprire i seguenti collegamenti:
 
 
 
 

lunedì 2 maggio 2016

Museo Etnografico dell'Alta Brianza (MEAB)
località Camporeso, Galbiate (Lecco)

Voci, gesti, culture - Tra gioco e lavoro
 

Domenica 8 maggio 2016 - ore 15
Inaugurazione della mostra (aperta fino al 9 ottobre)
Dal cortile al Giro d’Italia. In bicicletta: tra gioco, sport e professione
a cura di Massimo Pirovano, con la collaborazione di Antonio Penati e Marco Longhi.
Interverranno i corridori professionisti Costantino Conti e Marino Vigna

Domenica 12 giugno 2016 - ore 15
Gioco/giochi: dal vocabolario del Cherubini alla ricerca contemporanea sul campo
Presentazione del progetto Mus-Io per una nuova sezione del MEAB con Italo Sordi, folklorista dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e Massimo Pirovano, antropologo del MEAB

Domenica 26 giugno 2016 - orario da definire
L‘Italia del Giro d’Italia. Eroi, campioni, gregari e altri personaggi

con Claudio Gregori, giornalista e storico della “Gazzetta dello sport” e Daniele Marchesini, storico dell’Università degli Studi di Parma

Domenica 9 ottobre 2016 - ore 15
Artigianato in Brianza: abilità, valori, relazioni sociali

con Simone Ghezzi, antropologo dell’Università Bicocca di Milano e Italo Sordi, folklorista dell’Università Ca’ Foscari di Venezia

Lissone, bottega artigiana Pirola (fonte Fototeca Civica Biblioteca, Lissone)

Il Museo Etnografico dell'Alta Brianza è aperto martedì, mercoledì, venerdì: dalle 9-12.30
sabato e domenica: 9-12.30 e 14-18
Info: MEAB tel. 0341 240193 - Parco Monte Barro tel. 0341 542266 http://meab.parcobarro.it/ Email: meab@parcobarro.it


Il museo etnoantropologico fatica ancora a spiegare il senso della sua esistenza e della sua attività, almeno presso il grande pubblico. Etnografia e antropologia, infatti, non sono discipline familiari come l’arte, la storia, le scienze, che vengono proposte nella scuola. L’antropologo indaga sulle culture umane delle diverse società e delle diverse epoche, stimolando la riflessione dei suoi lettori o dei visitatori dei musei, attraverso i confronti che le ricerche suggeriscono. L’oggetto dell’etnografia, quindi, è rappresentato dalle abitudini, dalle pratiche quotidiane, dai modi di pensare, dai rapporti sociali che uomini e donne intrattengono nel corso della vita. Gioco e lavoro sono due aspetti fondamentali della esistenza di ogni individuo e di ogni gruppo sociale; essi appaiono come due manifestazioni complesse della nostra cultura. Concepite spesso in opposizione tra loro, possono anche essere viste nei loro legami e nelle loro influenze reciproche. Si pensi, ad esempio, allo sport, come evoluzione moderna dei giochi tradizionali, che per molti diventa occasione di lavoro. Ma il gioco può  anche fornire esperienze di apprendistato delle tecniche del corpo e della mente, che trovano applicazione nelle professioni degli adulti. Voci, gesti, culture propone, come in passato, incontri con studiosi e protagonisti delle culture più diverse - generalmente importanti in Brianza e nel Lecchese, ma non solo - che dialogano tra loro, offrendo resoconti di ricerca, momenti divulgativi come le mostre, i documentari, le pubblicazioni, che permettono al pubblico del museo di scoprire culture ‘altre’, riflettendo su differenti forme di umanità.