I libri di storia narrano che nello stesso luogo ove adesso c’è il
ponte Carlo, Karlův
most in
ceco, c’era un ponte di legno più basso che attraversava la Moldava, Vltava. Venne spazzato via da
un’alluvione. Allora, nel 1157, il re Vladislao I, senza perdere tempo, ordinò
la costruzione di un nuovo ponte in pietra, al quale diede il nome di sua
moglie Giuditta. Il ponte Giuditta, i cui blocchi di rivestimento erano saldamente
legati tra loro da grappe di ferro, al fine di resistere alle onde più forti,
tanto robusto non doveva essere perché nel 1342 un’altra alluvione sommerse
completamente il ponte e ne distrusse buona parte.
Sempre i libri di storia, ancora loro, ci raccontano che fu
l’imperatore Carlo IV in persona (1316-1378), a quel tempo re di Boemia e
imperatore del Sacro Romano Impero, a volerne uno nuovo, incaricando l’architetto
Peter Parler, nato in Germania ma praghese di adozione. Sua fu anche la
progettazione della cattedrale di San Vito e del Castello di Praga. Parler pensò
bene di costruire il nuovo ponte spostato di 20 metri verso sud rispetto al
ponte distrutto e con il piano di transito più alto di quattro metri.
La cattedrale di San Vito
Dell’antico ponte Giuditta, oggi, rimangono la cosiddetta torre di
Giuditta, a fianco della porta che introduce nel quartiere di Malá Strana, e tre
arcate inglobate nelle cantine delle case a ridosso della porta stessa. Le
massicce strutture in pietra servirono da modello a Peter Parler per il ponte
Carlo.
Il ponte non è la classica struttura che serve ad attraversare un
fiume. Nella maggior parte del mondo è cosi, a Praga no. Il ponte Carlo è la
storia di Praga e la testimonianza dell’evoluzione della città, un catalogo
urbano dove la città si racconta. Su questo ponte sono state scritte centinaia
di storie e leggende, come quella del Vodnik,
una specie
di folletto raffigurato con un cappello a tuba e disegnato con i colori rosso e
verde, che ama, tra l’altro, intrattenersi nelle vecchie birrerie che sorgono
in prossimità del fiume. Si tratta di una creatura acquatica, il cui compito è
quello di raccogliere le anime degli annegati nella Moldava e custodirle in
piccole ampolle di vetro depositate sul fondo del fiume.
Insomma, Praga, seppure sia una città tanto romantica quanto
misteriosa, senza il ponte Carlo non sarebbe la stessa cosa.
Il ponte Carlo verso la Città Vecchia (1870)
Il ponte Carlo oggi. Sullo sfondo il Castello e la cattedrale di San Vito
Un aneddoto personale. Ho ammirato per la prima volta la struggente
bellezza di questo ponte nel 1987. Trent’anni fa. Epoca di smantellamento del regime. Era una
qualsiasi domenica mattina del mese di agosto. La città era semideserta: i praghesi,
come da tradizione, trascorrevano il fine settimana nelle loro casette di legno
in campagna o presso i campeggi adagiati sulle rive dei numerosi laghetti
boemi. I turisti occidentali si potevano contare con il pallottoliere. In
quell’occasione, e forse nelle seguenti tre o quattro volte che vidi il ponte
prima dell’89, ebbi modo di ammirarlo, fotografarlo, percorrerlo in tutta la
sua maestosità. Oggi non è più possibile. Ogni giorno della settimana e durante
ogni periodo dell’anno masse informi di turisti/consumatori/selfomani lo percorrono
per raggiungere il quartiere di Malá Strana, e viceversa. La folla oggi è più
interessata ad immortalarsi e curiosare tra le bancarelle che a conoscere e
scoprire la storia ed i segreti di questo ponte.
Il ponte Carlo è lungo 520 metri e largo quasi dieci, 16 pilastri
di sostegno e 30 gruppi di statue di santi. L’idea di ornarlo di statue è tutta
italiana, anzi romana, e il contrappunto tra la severità gotica delle strutture
del ponte e il disegno barocco delle statue è invece tutto praghese. Tutto ciò
ci conferma il risultato di un accumulo storico, un processo di invenzione che
si crea per strati, dalla prima installazione, il Crocifisso di inizio Seicento,
all’ultima, il gruppo Cirillo e Metodio, realizzato nel 1938, l'anno prima che i nazisti invadessero la Cecoslovacchia.
Arrivando
dalla Città Vecchia, Staré
Město, non si può fare a meno di rallentare il passo, un po’ per la calca e
la ressa dei turisti, ma soprattutto per lo scenario che ci si para di fronte. Superata
la torre d’entrata, Mostecká věž, disegnata
anch’essa da Parler, il ritmo del passo diventa gotico, di altri tempi. A
proposito della torre, che riporta figure di Carlo IV e di vari santi, sopportò
anche il peso di dieci teste mozzate dei capi degli insorti che vi furono
appese nel 1621, quando la Boemia fu ripulita dalle cattolicissime armate
imperiali e riportata nell’ovile. Il 1620 è l’anno della battaglia della Montagna Bianca, una data
importantissima, di svolta nella storia boema.
Superata la torre e rallentato il passo,
dunque, si entra in una specie di lungo salone all’aperto nel quale sono
esposti trenta complessi statuari di varia fattura, alcuni in copia, per un
totale di 50 personaggi. Il rosario dei santi non ha nulla di clericale; è una
vetrina di raffigurazioni barocche e di successivi stili. Le statue rappresentano due mondi: quello
dei santi e delle vergini e quello degli altri, l’ebreo, il saraceno, il
peccatore, il negro, l’indio, la vedova col bambino…
La carrellata delle statue è molto
istruttiva per riconoscere tre secoli di trascorsi cattolici del Paese centroeuropeo.
A esempio basterebbe conoscere la storia di san Giovanni Nepomuceno, la cui
statua, che risale al 1683, è la più antica del ponte, l’unica in bronzo. San
Giovanni Nepomuceno venne gettato nella Moldava il 16 maggio 1393 perché non
rivelò i segreti confessionali della moglie di re Venceslao IV. Silenzio di
fronte al potere. Fu dichiarato dalla Chiesa protettore contro le malelingue.
Oppure basterebbe raccontare della statua
che rappresenta san Francesco Borgia (1710), nipote del figlio di papa
Alessandro VI, spagnolo, grande amico del re e cavallerizzo della regina
Isabella, governatore dei gesuiti.
Verso Malá Strana il
ponte sembra infilarsi nella pancia del quartiere, nel quale nacque e visse lo
scrittore e poeta Jan Neruda. Malato e in miseria, dopo la sua morte la città di Praga gli dedicò una via, Nerudova ulice, sulla quale si affaccia l’ambasciata
italiana.
Le
due torri che dovrebbero materialmente chiudere il ponte, in realtà aprono a Malá
Strana in una continuità senza scossoni. La più bassa delle torri risale al XII
secolo ma fu rinnovata nel 1590. La più alta è della fine del XV secolo.
Quando
poco sopra ho scritto che il ponte Carlo è la storia di Praga, pensavo anche al
fatto che sul ponte passava la Via Imperiale che saliva al Castello per
l’incoronazione di re e imperatori. Oggi, molto più modestamente e
commercialmente, passa la Via Turistica. Certo, i turisti di oggi non faranno la storia, ma almeno ingrassano le tasche di chi trae guadagni
dal turismo di massa a Praga.
Il
drammaturgo ceco Frantisek Langer scrisse, in tempi non sospetti, quasi fosse
una profezia: “Perché la salvezza e la sopravvivenza del popolo ceco si fonda
sui nostri teneri cuoricini piuttosto che sulla pietra tanto dura con la quale,
sei secoli fa, re Carlo costruì il nostro bellissimo ponte”.
Beniamino
Colnaghi
Sulla Boemia e su Praga questo blog
contiene numerosi articoli:
La storia di Liberec: http://colnaghistoriaestorie.blogspot.it/2016/10/liberec-rep.htmlTelc, patrimonio dell'Unesco: http://colnaghistoriaestorie.blogspot.it/2016/02/telc-patrimonio-dellunesco.html
Non solo Praga: http://colnaghistoriaestorie.blogspot.it/2015/09/non-solo-praga-c-itta-darte-castelli-e.html
La storia dell'Europa orientale: http://colnaghistoriaestorie.blogspot.it/2015/02/leuropa-orientale-radici-storia-e.html
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L'ira di Hitler su Lidice: http://colnaghistoriaestorie.blogspot.it/2012/08/lira-di-hitler-su-lidice-reinhard.html
Jan Hus e gli Hussiti: http://colnaghistoriaestorie.blogspot.it/2012/06/boemia-jan-hus-e-il-movimentohussita.html
Il ghetto ebraico a Golcuv Jenikov: http://colnaghistoriaestorie.blogspot.it/2012/03/il-vecchio-insediamento-ebraico-di.html
Il lager di Terezin: http://colnaghistoriaestorie.blogspot.it/2012/03/terezin-il-lager-dei-bambini-in-ricordo.html
Milovice: http://colnaghistoriaestorie.blogspot.it/2012/02/il-militare-di-ceca-milovice.html
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