Nel 1914, l’anno in cui scoppiò la Prima guerra mondiale, l’entrata
nel mondo del lavoro dei bambini e delle donne era regolata dai Regi Decreti n.
818 del 10 novembre 1907 e n. 665 del 31 agosto 1910.
L’art. 1 dell’“Estratto del Testo unico della legge donne e
fanciulli” recita testualmente: “Non saranno ammessi al lavoro negli opifici
industriali, nei laboratori, nelle costruzioni edilizie e nei lavori non
sotterranei delle cave, miniere e gallerie i fanciulli dell’uno e dell’altro
sesso che non abbiano compiuto l’età di 12 anni”.
Ancora oggi è possibile raccogliere testimonianze di persone
anziane che, quando erano bambini, furono mandate a lavorare nelle filande o
nelle officine, "a servizio" nelle case dei ricchi o semplicemente ad
aiutare i genitori ed i nonni nei lavori dei campi. Allora era una cosa che
tutti accettavano, senza chiedersi se fosse giusto o meno: era una necessità
dettata dalla povertà, dalla miseria materiale e sociale, dall'esigenza di
sopravvivere e portare qualche soldo in casa. La scuola era un lusso che solo
alcuni potevano permettersi e molti di quelli che iniziavano a frequentarla la
interrompevano presto, perché dovevano "dare una mano" alla
famiglia.
Età delle operaie impiegate nelle filande e nelle aziende tessili in Lombardia nei primi | ||
anni del Novecento | ||
Età | % | Note |
Fino a 12 anni | 5 | Nelle aziende che producevano e |
Dai 13 ai 15 anni | 21 | trasformavano la seta il rapporto della |
Dai 16 ai 21 anni | 36,5 | manodopera era di 40 donne per ogni uomo. |
Oltre i 21 anni | 37,5 | La forza lavoro femminile era relegata nelle |
categorie inferiori e prive di qualifica. | ||
Orario di lavoro: le operaie lavoravano 12 ore al giorno ma durante i mesi estivi | ||
potevano essere utilizzate fino a 15-16 ore | ||
al giorno. |
Come la maggior parte dei bambini che apparteneva alle
classi rurali contadine, la piccola Teresa iniziò a lavorare all’età di 12 anni. Nel
1914, anno del suo primo impiego, Teresa
Colnaghi aveva appunto 12 anni, essendo nata il 22 gennaio 1902 a
Verderio Superiore, da Felice e Maria Letizia Brivio. I genitori non persero nemmeno un giorno per iscrivere Teresa nel
registro comunale delle donne minorenni e dei fanciulli e condurla dall’ufficiale
sanitario affinché la sottoponesse a visita medica di idoneità al lavoro. Il
libretto d’ammissione al lavoro fu rilasciato il giorno stesso, il 22 gennaio
1914.
Il 16 febbraio venne assunta presso il
filatoio Egidio Corti di Paderno d’Adda. La ditta Corti operava nel settore
della torcitura della seta e la piccola Teresa, come molte altre bambine della
sua età, o poco più grandi, svolgeva l’attività di incannatrice, ossia trasferiva
il filo di seta dalle matasse ai rocchetti. La torcitura, grazie ad alcuni
filatoi di legno, consisteva nell'imprimere una torsione al filo di seta per
ottenere filati con caratteristiche e consistenza diverse.
Il territorio lombardo e quello
comasco in particolare videro dal Cinquecento in poi un crescendo di attività
legate alla seta, quali l'allevamento dei bachi, la filatura dei bozzoli, la torcitura e tessitura.
Attività che si ingrandirono parecchio nel corso dell’Ottocento fino a
raggiungere l’apice nei primi decenni del Novecento.
Rimase
alla Corti per tre anni per poi trasferirsi in altre industrie seriche della
zona. Lavorò un paio d’anni alla Giani Pasquale di Verderio Superiore e, dal 26
febbraio 1924 al 14 agosto 1925, fu assunta dalla ditta G.B. Miozzi & C. di
Paderno d’Adda, la quale aveva lo stabilimento nelle adiacenze della stazione
ferroviaria.
Dal “Libretto
di paga” di Teresa risulta che il salario mensile variasse, in relazione alle
giornate lavorate, da un minimo di 120 lire ad un massimo di 170.
Il
14 agosto 1925 Teresa Colnaghi si “licenziò spontaneamente” dalla ditta Miozzi.
Si presume che il motivo di tale decisione fu dettato dall’imminente matrimonio
con Guido Frigerio, classe 1901, residente a Verderio Superiore in Curt
di Custont, che si affaccia
su via Campestre, ove la coppia andò a stabilirsi. Ebbero tre figli:
Felicita nel 1929, Rinaldo nel 1931 e Italo nel 1936. Rinaldo, il figlio di
mezzo, nacque il 24 febbraio 1931. Ereditò quel nome in memoria di un fratello
di suo padre, morto durante lo svolgimento della Grande Guerra.
Rinaldo Frigerio, a
causa della “rigidità sociale” diffusa in quell’epoca storica, non ebbe di
fronte a sé grandi opportunità per poter migliorare le proprie condizioni economiche
e sociali, se non quelle di continuare le attività proprie della famiglia.
Ottenne la licenza di scuola elementare e cominciò a seguire il padre ed i
parenti nei lavori dei campi. Quando ebbe compiuto 12 anni, grazie
all’interessamento di suo cugino Ambrogio, fu assunto alla ditta Zagni di
Merate in qualità di imbianchino.
Rinaldo Frigerio
Ma la vera passione
di Rinaldo era la bicicletta. Mise da parte, giorno dopo giorno, come sapevano
fare le famiglie contadine e operaie, un piccolo gruzzoletto necessario ad acquistare una
bicicletta “da corsa”. Era una Bianchi, un marchio prestigioso. Nome, marchio, colori inconfondibili.
Bianchi ha fatto la storia del ciclismo, una lunga, appassionata corsa iniziata che era ancora l'Ottocento e che oggi nel Duemila continua ad essere nel cuore di milioni di appassionati. Bianchi è stato uno fra i marchi più prestigiosi per la produzione di bici da corsa, che furono usate da grandi campioni del passato, a partire da Girardengo, Fausto Coppi, Felice Gimondi, Marino Basso e Marco Pantani.
Bianchi ha fatto la storia del ciclismo, una lunga, appassionata corsa iniziata che era ancora l'Ottocento e che oggi nel Duemila continua ad essere nel cuore di milioni di appassionati. Bianchi è stato uno fra i marchi più prestigiosi per la produzione di bici da corsa, che furono usate da grandi campioni del passato, a partire da Girardengo, Fausto Coppi, Felice Gimondi, Marino Basso e Marco Pantani.
Rinaldo
si iscrisse alla società “Brianzola” di Arcore e, con la maglia di quella
gloriosa società ciclistica, partecipò a numerose gare dilettantistiche e
competizioni locali e provinciali, vincendone alcune e proponendosi come un
atleta pronto a gareggiare in una categoria superiore.
Nel frattempo la sua vita continuò a scorrere secondo le
dure logiche e le quotidiane necessità dell’epoca che imponevano ruoli e
condotte rigorosamente responsabili. Il suo tempo era diviso tra l’attività di
imbianchino ed il lavoro dei campi. Solo la domenica si dedicava alla sua
grande passione, il ciclismo.
Nel 1950 fu chiamato presso il Distretto militare di Como
per essere sottoposto a visita medica di leva, che, a seconda dei casi, durava
da uno a tre giorni. Fu dichiarato esubero rispetto al fabbisogno da
incorporare nell’esercito e, pertanto, non dovette partire per il servizio
militare di leva, la cui durata, negli anni Cinquanta, era di diciotto mesi. Per
sé stesso, e soprattutto per la famiglia, fu certamente una “manna piovuta dal
cielo”, perché consentì il mantenimento del suo reddito nell’economia
domestica. Alla luce di ciò che tragicamente avvenne meno di due anni più
tardi, potremmo invece dire, col “senno di poi”, che se avesse svolto il
servizio militare, forse Rinaldo avrebbe potuto vivere ancora a lungo, forse
fino ai giorni nostri. Forse. Forse è nella natura umana giudicare con il senno
di poi, ma il corso della vita ed i risultati ottenuti non sono mai così scontati
e prevedibili.
Comunque sia, il 29
giugno 1952 il ventunenne Rinaldo Frigerio partecipò ad una importante competizione
ciclistica che avrebbe consentito al vincitore, ed ai primi classificati, di
acquisire punti preziosi per entrare a far parte di una categoria superiore. Era
il “Gran Premio Motta” che partiva ed arrivava presso la sede della famosa
azienda di panettoni, in viale Corsica a Milano.
Sul percorso di gara,
tra Pandino e Rivolta d’Adda, un’auto sbucò improvvisamente da una strada laterale
e investì in pieno il ragazzo che, così fu subito accertato, morì sul colpo.
La tragica notizia fece il giro del paese in breve tempo, tanto che i residenti di Verderio Superiore, gli amici ed i colleghi della "Brianzola", sgomenti e increduli, si strinsero attorno ai genitori, Guido e Teresa, ed alla famiglia intera, come sapevano fare le comunità in quel tempo.
La tragica notizia fece il giro del paese in breve tempo, tanto che i residenti di Verderio Superiore, gli amici ed i colleghi della "Brianzola", sgomenti e increduli, si strinsero attorno ai genitori, Guido e Teresa, ed alla famiglia intera, come sapevano fare le comunità in quel tempo.
Un momento del corteo funebre che accompagnò in chiesa la salma di Rinaldo
La tomba al cimitero di Verderio ex Superiore
La salma fu inumata
presso il cimitero locale, accanto a quella dello zio paterno, suo omonimo. Il
monumento funebre, composto da una colonna spezzata di marmo bianco, sulla
quale sono incise le epigrafi, i dati anagrafici e le fotografie, si affaccia
sul vialetto centrale del vecchio cimitero.
Beniamino
Colnaghi
Nota
Dedico questo post alla memoria del signor Felice Colnaghi, che ci ha lasciati alcuni giorni fa all'età di 87 anni. Cugino di primo grado di mio padre e di Rinaldo Frigerio, mi ha spesso fornito notizie attendibili e concrete, che mi hanno consentito di scrivere e sviluppare storie e racconti su fatti e persone locali, tra cui questa.
Nota
Dedico questo post alla memoria del signor Felice Colnaghi, che ci ha lasciati alcuni giorni fa all'età di 87 anni. Cugino di primo grado di mio padre e di Rinaldo Frigerio, mi ha spesso fornito notizie attendibili e concrete, che mi hanno consentito di scrivere e sviluppare storie e racconti su fatti e persone locali, tra cui questa.
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