mercoledì 13 agosto 2014

Woodstock, agosto 1969. Un evento rimasto nella storia 

Il Festival di Woodstock si svolse nei giorni 15, 16, 17 agosto 1969 a Bethel, piccola località dello stato di New York e fu probabilmente il più importante evento collettivo nella storia della musica rock. Organizzato come un semplice rock festival di provincia, accolse inaspettatamente per tre giorni e tre notti oltre mezzo milione di giovani. 

In marcia verso Woodstock
La straordinaria riuscita dell’evento dipese, oltre che dalla presenza di rockers di qualità, anche dal momento politico, sociale e culturale: le date in cui ebbe luogo, infatti, vengono fatte coincidere con la consacrazione mediatica della rivoluzione culturale del '68 e il culmine dell'era hippy. Migliaia di giovani americani, per tre giorni, abbandonarono i propri interessi personali per dedicarsi a qualcosa che, a posteriori, venne visto come un sogno collettivo di cambiamento della società.

Al festival del 1969 parteciparono trentadue tra musicisti e gruppi, fra i più noti di allora, tra cui: Joan Baez, Joe Cocker, Creedence Clearwater Revival, Crosby, Still, Nash & Young, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jefferson Airplane, Santana, The Who, Grateful Dead. Declinarono l’invito a partecipare, seppur con motivazioni diverse, i Beatles, Bob Dylan, i Doors, i Led Zeppelin, i Procol Harum, i Jethro Tull, Frank Zappa. Anche la leggenda del rock and roll Chuck Berry avrebbe dovuto partecipare al festival ma, all’ultimo momento, non riuscì a trovare l’accordo con gli organizzatori.

La marea di giovani presenti al festival
Jimi Hendrix sul palco
Peace and love
Il festival di Woodstock fu alimentato dal clima favorevole degli anni 1968/1969, per molti versi anni di grandi cambiamenti, nei quali grandi movimenti di massa attraversarono quasi tutti i paesi del mondo con la loro carica contestativa, che fece vacillare governi e sistemi politici in nome di una trasformazione radicale della società. La portata della partecipazione popolare e la sua notorietà, oltre allo svolgersi degli eventi in un tempo relativamente concentrato ed intenso, contribuirono ad identificare col nome dell’anno il movimento: il Sessantotto, appunto.

Negli Stati Uniti le lotte si polarizzarono contro la guerra del Vietnam, assumendo la forma di un conflitto antimperialista. Ad essa si combinarono le battaglie dei neri per il riconoscimento dei loro diritti civili e per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro.Proprio la guerra del Vietnam cambiò il modo dei giovani di guardare all'America. In questo contesto negli Usa nacque il movimento dei cosiddetti hippy. Sebbene spesso si parli di "movimento hippy", non si trattò di un movimento culturale vero e proprio e quindi non si dotò di propri leader e di un manifesto. La maggior parte degli hippy ebbero uno stile di vita nomade e libero, rinunciando alla tradizionale e comoda vita borghese, abbracciando aspetti di culture religiose non tradizionali e criticando i valori della classe media occidentale e consumistica.  
Molti hippy mossero critiche alle istituzioni e ai valori del tempo (governi, sistemi industriali e produttivi, morale tradizionale). 


Vennero bollati come immorali e sporchi. Ma l'onda non si fermò.
L’utopia prese forma proprio in quegli anni, quando migliaia di giovani abbandonarono le case dei genitori e le proprie città, rifiutarono il perbenismo e la monotonia della classe media statunitense e si riunirono in società agricole, definite “comuni”, dove il sesso era libero e senza inibizioni e la droga un culto. Nelle “comuni” portarono avanti la propria filosofia di vita improntata al naturalismo e all’insofferenza verso ogni forma di violenza e di ricchezza.
Gli hippy vennero ribattezzati “figli dei fiori” perché indossavano vestiti decorati con fiori o vivacissime stoffe di colori vivaci e il loro ideale di pace e libertà venne sintetizzato nello slogan “fate l'amore, non la guerra". La ricerca sfrenata della totale libertà fu il significato insito nel loro stile di vita. Questo movimento toccò particolarmente l'opinione pubblica, tanto da impressionare le pellicole di molti registi, nonché lasciare una forte impronta nell’arte e nella musica di molti artisti.

La targa ricordo dell'evento
Quindi, quei tre giorni di musica a Bethel furono una specie di isola temporanea in cui certe regole erano abolite, tutto si faceva in funzione della solidarietà, sullo scambio, senza denaro, senza polizia, senza nessun tipo di violenza e repressione. Tutto funzionò miracolosamente bene, considerando l’approssimazione organizzativa e il caos che ci fu, come a dimostrazione che un modo di vivere differente e alternativo fosse effettivamente possibile.
Tuttavia, come si verifica nel caso di qualsiasi movimento e ideologia, vanno distinti aspetti positivi e segnali negativi. Gli hippy furono sostenitori di un’utopia premoderna ed anti-industriale, ma proprio questo, in un’epoca ormai fortemente ancorata allo sviluppo economico e alla tecnologia, fu uno dei limiti del movimento. Il rifiuto della storia, di quella stessa storia di cui gli hippy puntavano a far parte, fece allora sì che la “ventata” di rinnovamento andò ben presto ad assorbirsi, lasciando ad altri interpreti ed altri teorizzatori, ben più forti e potenti, il compito di proseguire in una secolare ed infinita lotta di classe. 

Beniamino Colnaghi

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