Łódź è nota sia come la Manchester polacca, perché, col fiorire dell’industria tessile, divenne uno dei poli della rivoluzione industriale nella Mitteleuropea, sia come cuore pulsante dell’ebraismo europeo, seconda solo a Varsavia. A dicembre del 1939, con l’occupazione dell’esercito tedesco, l’intera popolazione ebraica di Łódź, oltre 200mila persone, circa un terzo degli abitanti totali, era rinchiusa fra palizzate e muri, pochi i varchi presidiati, tra parte della città vecchia e l´adiacente quartiere di Baluty. Per lasciare il resto della città Judenfrei furono chiuse quarantasette scuole, fu vietato ogni contatto o commercio con ariani, ogni attività lavorativa soppressa e sostituita da uno schiavismo operaio a favore della Wehrmacht. Scuole e stamperie erano clandestine, come lo furono teatri, concerti, cinematografi, e le tante fabbriche tessili presenti a Łódź.
Il tappeto, opera di artisti e artigiani ebrei, fu un atto di resistenza. Il tappeto del ghetto di Łódź fu tessuto in segreto dagli ebrei della città, sfruttati come bestie dai nazisti per celebrare il Rosh Hashanah, il capodanno ebraico. Sopravvisse all’Olocausto e per settant´anni rimase quasi dimenticato in un semplice appartamento. Pochi anni fa è riemerso dal passato, con tutto il suo carico di memoria e lo Shem Olam Institute israeliano, fondato dal rabbino Avraham Krieger per studiare la cultura ebraica nell´Europa occupata dal Terzo Reich, lo ha esposto in pubblico. Venne realizzato da venti tessitori a notte, al lavoro alla luce di candele smozzicate. A turno, gli artigiani ebrei lavorarono attorno a un povero telaio di legno: quattro assicelle incollate e avvitate sui cui lati corti insistono a decine i chiodi essenziali all’ordito.
«Per anni e anni questo tappeto rimase appeso a un muro dell’appartamento di mia madre», ha raccontato la donna polacca che lo ha scoperto. «Mamma si trasferì a Łódź da un villaggio vicino, dopo la guerra. Trovò alloggio in una zona abbandonata, aveva fatto parte del ghetto. Oggi mia madre è anziana, ho voluto evitare che quel tappeto andasse perduto, per cui ho voluto consegnarlo a chi tiene vivo il ricordo».
Il primo riferimento che riguarda la fondazione di un ghetto apparve in un ordine datato 10 dicembre 1939 che parlava di un punto di raccolta temporaneo per gli ebrei locali al fine di semplificare le operazioni di deportazione. Quando, nel 1942, il ghetto di Łódź, si riempì anche di ebrei deportati da altre parti d’Europa, di rom e oppositori politici, iniziarono i viaggi della morte verso i campi di sterminio nazisti di Chelmno e Auschwitz. Ventimila bambini furono portati via a settembre e l´ospedale pediatrico fu svuotato a forza. Ci furono suicidi collettivi di famiglie intere per sfuggire ai treni della morte.
Immagini del Ghetto |
Albert Speer, ministro degli armamenti, voleva tenere in vita gli operai-schiavi del ghetto per rifornire la Wehrmacht. Ma nel 1944, con la ritirata davanti ai russi, Himmler lo convinse a farne a meno. Avvennero massacri e deportazioni finali. Dei 204.000 ebrei che passarono attraverso il ghetto di Łódź, solo poche migliaia sopravvissero alla guerra ed allo sterminio. Fu solo la liberazione della città da parte dell'esercito sovietico il 19 gennaio 1945 che li sottrasse alla morte.
Due tra gli oggetti più significativi che ricordano quei circa 200mila sterminati e la loro voglia di vivere riguardano un tappeto ritrovato e l´album con le firme dei bambini, ora al museo dell’Olocausto di Washington.
Il tappeto |
Il tappeto, opera di artisti e artigiani ebrei, fu un atto di resistenza. Il tappeto del ghetto di Łódź fu tessuto in segreto dagli ebrei della città, sfruttati come bestie dai nazisti per celebrare il Rosh Hashanah, il capodanno ebraico. Sopravvisse all’Olocausto e per settant´anni rimase quasi dimenticato in un semplice appartamento. Pochi anni fa è riemerso dal passato, con tutto il suo carico di memoria e lo Shem Olam Institute israeliano, fondato dal rabbino Avraham Krieger per studiare la cultura ebraica nell´Europa occupata dal Terzo Reich, lo ha esposto in pubblico. Venne realizzato da venti tessitori a notte, al lavoro alla luce di candele smozzicate. A turno, gli artigiani ebrei lavorarono attorno a un povero telaio di legno: quattro assicelle incollate e avvitate sui cui lati corti insistono a decine i chiodi essenziali all’ordito.
Venti, quaranta ma forse ottanta o più artigiani, schiavi diurni, resistenti notturni, coraggiosi, segreti.
Artigiani che alla vigilia del Rosh Hashanah decidono di augurare a Israele un anno migliore di quello trascorso, di celebrare insieme angoscia e speranza. Invisibili, che con una spoletta improvvisata disegnano nella trama un grande ragno nero, il simbolo di Lucifero, che opprime la propria ragnatela, il tetro nazismo, le brune armate hitleriane che dilagano in Europa e avviano l´Olocausto; e ancora una stella gialla a sei punte, come quella che i fratelli dei paesi invasi indossano ormai quale seconda pelle, su sfondo blu e bianco. Il blu, il colore del cielo, a rammentare a Israele la propria reale destinazione in fondo al transito sulla terra; il bianco, antitesi del nero, il colore della luce, della purezza della neve, dell’ innocenza, della vittoria finale sul Male. Anonimi. Ombre. Avraham o Yaacov, Leah o Elisheva, o forse Ephraim oppure Levi… non è dato sapere, neanche la sorte…
Artigiani che alla vigilia del Rosh Hashanah decidono di augurare a Israele un anno migliore di quello trascorso, di celebrare insieme angoscia e speranza. Invisibili, che con una spoletta improvvisata disegnano nella trama un grande ragno nero, il simbolo di Lucifero, che opprime la propria ragnatela, il tetro nazismo, le brune armate hitleriane che dilagano in Europa e avviano l´Olocausto; e ancora una stella gialla a sei punte, come quella che i fratelli dei paesi invasi indossano ormai quale seconda pelle, su sfondo blu e bianco. Il blu, il colore del cielo, a rammentare a Israele la propria reale destinazione in fondo al transito sulla terra; il bianco, antitesi del nero, il colore della luce, della purezza della neve, dell’ innocenza, della vittoria finale sul Male. Anonimi. Ombre. Avraham o Yaacov, Leah o Elisheva, o forse Ephraim oppure Levi… non è dato sapere, neanche la sorte…
Donne al lavoro in una fabbrica di maglieria del Ghetto |
Di quei tessitori coraggiosi non sappiamo nulla: né il nome, né quanti fossero, né se riuscirono a sopravvivere. Di loro resta quell’opera. Il grande tappeto. Sul quale è tessuta una data, riferita agli auguri per l´anno nuovo: anno 5702 del calendario ebraico. Corrisponde a un periodo a cavallo tra il 1941 e il 1942, quando appunto a Łódź i tedeschi accelerarono il ritmo industriale del genocidio.
«Per anni e anni questo tappeto rimase appeso a un muro dell’appartamento di mia madre», ha raccontato la donna polacca che lo ha scoperto. «Mamma si trasferì a Łódź da un villaggio vicino, dopo la guerra. Trovò alloggio in una zona abbandonata, aveva fatto parte del ghetto. Oggi mia madre è anziana, ho voluto evitare che quel tappeto andasse perduto, per cui ho voluto consegnarlo a chi tiene vivo il ricordo».
Beniamino Colnaghi
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