giovedì 4 aprile 2013

Sandro Pertini: un padre della Repubblica e un grande italiano

Il 29 giugno 1978 iniziò la prima votazione per l’elezione del settimo presidente della Repubblica Italiana. Al 16º scrutinio, svoltosi l'8 luglio 1978, la Dc, il Pci ed il Psi fecero convergere i loro voti sul nome di Sandro Pertini, che fu eletto con 832 voti su 995, a tutt'oggi la più ampia maggioranza nella votazione presidenziale nella storia italiana.

Alessandro Pertini nacque a Stella, Savona, il 25 settembre 1896.
 
Sandro Pertini, in piedi, con la madre, il padre, la sorella Marion e il fratello Eugenio.
Fonte: http://www.pertini.it/cesp/p_foto.htm - Fotografia nel pubblico dominio poiché il copyright è scaduto.
 
Quando fu eletto presidente, dunque, aveva 82 anni.
La sua elezione apparve subito un importante segno di cambiamento per il Paese, grazie al carisma e alla fiducia che esprimeva la sua figura di eroico combattente antifascista e padre fondatore della repubblica. Nel suo discorso d'insediamento, Pertini ricordò il compagno di carcere ed amico Antonio Gramsci e sottolineò la necessità di porre fine alle violenze del terrorismo ricordando, tra l'altro, la tragica scomparsa di Aldo Moro. Nel periodo della sua permanenza al Colle contribuì a fare della figura del presidente della Repubblica l'emblema dell'unità del popolo italiano. La sua statura morale contribuì al riavvicinamento dei cittadini alle istituzioni, in un momento economicamente difficile e costellato di numerosi avvenimenti delittuosi. Introdusse, per primo, il rito del "bacio alla bandiera" tricolore, che sarebbe divenuto usuale anche per i suoi successori.

26 aprile 1945, Pertini tiene un comizio a Milano.
Fonte: http://www.pertini.it/cesp/p_foto.htm - Fotografia nel pubblico dominio poiché il copyright è scaduto.
 
Pertini fu anche il primo presidente della Repubblica a conferire l'incarico di formare il governo ad una personalità non democristiana, il repubblicano Giovanni Spadolini, il quale presentò il suo governo il 28 giugno 1981. In seguito al terremoto dell’Irpinia del 23 novembre 1980, fu molto severo nel denunciare ingiustificabili ritardi dei soccorsi all'immane tragedia dei terremotati e lancio il famoso appello «Fate presto». Dopo la sua visita nelle zone terremotate, denunciò pubblicamente l'impotenza e l'inefficienza dello Stato nei soccorsi in un famoso discorso televisivo a reti unificate, in cui sottolineò la scarsità di provvedimenti legislativi in materia di protezione del territorio e di intervento in caso di calamità e denunciò quei settori dello Stato che avrebbero speculato sulle disgrazie come nel caso del terremoto del Belice.

Pertini fu particolarmente partecipe durante la scomparsa di Enrico Berlinguer, avvenuta nel 1984, tanto da partire personalmente da Roma con un volo presidenziale per poter scortare la salma nella capitale. Durante le esequie in piazza S. Giovanni, Nilde Iotti, dal palco delle autorità, ringraziò pubblicamente il presidente Pertini, scatenando un commovente applauso della folla partecipante.

Sandro Pertini e Enrico Berlinguer (fotografia nel pubblico dominio).

Assunse sempre un atteggiamento di intransigente denuncia nei confronti della criminalità organizzata denunciando «la nefasta attività contro l'umanità» della mafia e ammonendo sempre a non confondere i fenomeni criminosi delle varie mafie con i luoghi e le popolazioni in cui sono presenti. Nel discorso di fine anno del 1982 parlò espressamente del problema mafioso, ricordando le figure di Pio La Torre e del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Spesso si ricorda la sua presenza durante i tentativi di salvataggio di Alfredino Rampi, un bambino di sei anni di Vermicino (Roma) caduto in un pozzo nel 1981 e la sua esultanza allo stadio di Madrid per la vittoria della Nazionale italiana ai Campionati del mondo di calcio del 1982.

1982. Il presidente della Repubblica Sandro Pertini con Dino Zoff, Franco Causio e Enzo Bearzot.
Sul tavolo la coppa del mondo. Fonte Presidenza della Repubblica
 
La presidenza di Pertini favorì l'ascesa del primo socialista italiano alla guida di un governo. Nel 1983 diede l'incarico di formare il governo a Bettino Craxi. Per due anni e per la prima volta nella storia d'Italia, furono socialisti sia il presidente della Repubblica, sia il presidente del Consiglio dei ministri. Ciò nonostante, Pertini ebbe con Craxi rapporti altalenanti, dovuti essenzialmente alla diversa formazione e temperamento. Pertini spesso non condivise le mosse politiche craxiane, come nel caso del XLIII Congresso a Verona nel 1984, in cui Craxi venne eletto segretario per acclamazione anziché con la consueta votazione. I rapporti tra i due politici comunque si mantennero su un piano di cordialità e rispetto, nonostante non si amassero. Antonio Ghirelli, allora portavoce del Quirinale, riporta che Pertini, il giorno in cui doveva conferire a Craxi l'incarico di presidente del Consiglio, notò che il segretario socialista si era presentato al Colle indossando dei jeans e gli intimò di ritornare con un abbigliamento adeguato.

Il suo modo di intervenire direttamente nella vita politica del Paese rappresentò una novità per il ruolo di Presidente della Repubblica, che era stato, fino ad allora una figura strettamente "notarile". Quello che in seguito divenne un archetipo della funzione di stimolo del Quirinale nei confronti della politica, il cosiddetto "potere di esternazione", fu per la prima volta esercitato nella risoluzione della controversia parasindacale dei controllori di volo. Grazie all'indubbio prestigio di cui godeva, soprattutto tra i cittadini, fu in genere difficile per i vari esponenti politici non recepire, seppur talvolta controvoglia, le sue incursioni. Questo modo di fare, portò il sistema istituzionale a rassomigliare quasi ad un'anomala repubblica presidenziale.

Il suo pensiero politico può essere efficacemente espresso da alcune frasi tratte da sue interviste, una delle quali recita testualmente: «Per me libertà e giustizia sociale, che poi sono le mete del socialismo, costituiscono un binomio inscindibile: non vi può essere vera libertà senza la giustizia sociale, come non vi può essere vera giustizia sociale senza libertà. Ecco, se a me socialista offrissero la realizzazione della riforma più radicale di carattere sociale, ma privandomi della libertà, io la rifiuterei, non la potrei accettare. [...] Ma la libertà senza giustizia sociale può essere anche una conquista vana. Si può considerare veramente libero un uomo che ha fame, che è nella miseria, che non ha un lavoro, che è umiliato perché non sa come mantenere i suoi figli e educarli? Questo non è un uomo libero. [...]» (Sandro Pertini. Intervista CESP - Centro Espositivo Sandro Pertini).

La sua personalità era intrisa dei princìpi che avevano ispirato la democrazia parlamentare e repubblicana, nata dall'esperienza della Resistenza partigiana; era solito sostenere il suo rispetto della fede politica altrui tanto quanto il suo fermo rifiuto del pensiero fascista e di tutte le ideologie che rinneghino la libertà di espressione.

Il 29 giugno 1985, pochi giorni prima della scadenza naturale del suo mandato, si dimise dalla carica allo scopo di facilitare le procedure dell'elezione del suo successore. Al termine del mandato presidenziale divenne, come previsto dalla Costituzione, senatore a vita. In tale veste non svolse però alcuna attività politica né votò la fiducia ad un presidente del Consiglio da lui precedentemente incaricato. Durante e dopo il periodo presidenziale non rinnovò la tessera del Partito Socialista, al fine di presentarsi al di sopra delle parti, pur senza rinnegare i suoi ideali socialisti.
 

Sandro Pertini.
Fonte Presidenza della Repubblica

La notte del 24 febbraio 1990, all'età di 93 anni, Pertini si spense per una complicazione in seguito ad una caduta di pochi giorni prima nel suo appartamento romano, in una mansarda affacciata sulla Fontana di Trevi. Per suo espresso desiderio, il suo corpo fu cremato e le ceneri traslate nel cimitero del suo paese natale.
 
Beniamino Colnaghi

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