Quando la signora Aida fu avvisata che alcuni coloni, dipendenti della sua famiglia, stavano abbattendo un platano lungo la strada che porta a Paderno d’Adda, lasciò le lussuose stanze della villa padronale e si diresse immediatamente sul posto. Malgrado la sua repentina presenza, il bell’esemplare dell’albero era già ai piedi dei contadini. Dei due “platani gemelli“, solo uno continuava a svettare fiero.
Dalle testimonianze dei residenti verderiesi, che si sono poi tramandate negli anni, non risulta che il platano fosse affetto dalla malattia conosciuta con il nome di cancro colorato, un parassita che attacca i platani fino a portarli alla morte. Per quanto se ne sapesse allora, eravamo verso la fine degli anni Trenta, primi anni Quaranta, il platano non presentava particolari problemi. Stava crescendo bello e robusto, come il suo gemello. Fiancheggiavano entrambi, come due vedette, un piccolo ponticello costituito da una grande lastra di granito, che dalla strada che conduce a Paderno d’Adda, ora via Contadini verderiesi, diramava verso ovest, su una stradina campestre che portava nella zona delle cave. Oggi quella stradina non c’è più, e non c‘è più nemmeno il ponticello in granito. Nei primissimi anni Ottanta sono stati cancellati dagli aratri. Gli “spensierati” anni ‘80 sono stati esiziali per il futuro della bellissima terra di Brianza: tante testimonianze storiche, monumentali e ambientali, tramandate da coloro che ci avevano preceduto, sono state distrutte o lasciate lentamente morire, a causa di scelte politiche e urbanistiche dissennate.
Questa fotografia, presa durante il periodo invernale, è temporalmente successiva alla foto che precede. Come risulta evidente, uno dei due platani è già stato abbattuto. |
Ci sarà pur stato, qualche anno prima, un disegno ben preciso, accidenti. Qualcuno avrà pur pensato ad un progetto per la messa a dimora di una serie di platani, proprio su quella strada. Probabilmente, anzi, oserei dire sicuramente, saranno state accertate le migliori condizioni ambientali favorevoli allo sviluppo di questa specie. Tra il “grande platano” che svetta maestoso al centro della rotatoria in largo della Battaglia e il “cerchio dei platani“, in prossimità della salita per Paderno c’erano loro, i “platani gemelli“. E’ bastato poco, anche allora, come avviene spesso oggi, per “rompere” un’idea, scardinare un progetto, compiere un’insensatezza. Senza quel platano, non sarebbe stata più la stessa cosa.
Il platano rimasto "orfano" |
La signora Aida, che i contadini chiamavano Iden, lo intuì subito. Inferocita, cominciò ad imprecare contro coloro che l’avevano abbattuto; tuonò così tanto che la sua voce non poté non giungere fin nelle stanze della villa sovrastante. Chissà se il marito, il compositore Vittorio Gnecchi, udì le sue lamentele.
Vittorio e Aida fidanzati |
Era un bel tipo, la signora Aida Chiesa. Una bella donna, colta ed elegante. Probabilmente era anche risoluta e determinata, stando alle cronache del tempo. Nacque l’8 agosto 1885 a Chiasso, in Svizzera. Suo padre, un ricco industriale che possedeva alcune fabbriche e negozi di ferramenta, aveva anche diverse proprietà immobiliari a Milano. Durante lo svolgimento di una festa in uno di questi palazzi, Aida conobbe Vittorio Gnecchi, colui che, il 26 maggio 1904, sarebbe diventato suo marito. La coppia si stabilì nella villa di Verderio e, nei successivi quattro anni, ebbe due figli: Alberto nel 1905 e Isabella, detta Isa, nel 1908.
La famiglia al completo: Aida e Vittorio Gnecchi con i figli Isabella e Alberto |
Nella bibliografia e nei documenti fin qui prodotti sulla famiglia Gnecchi Ruscone, hanno avuto particolare rilievo le biografie, i ruoli e le opere dei “maschi” del casato. Non poteva che essere così, considerata l’epoca storica ed il lignaggio aristocratico della famiglia.
Non ho elementi concreti, a parte ciò che ho letto in funzione della stesura di questo articolo, per poter affermare con certezza se l’antico proverbio latino che recita: "Dotata animi mulier virum regit", che concettualmente dovrebbe voler dire che una donna provvista di coraggio e di spirito sostiene e consiglia il marito, possa verosimilmente valere per la nostra coppia. Ciò di cui si è certi si desume dalle biografie delle figure femminili della famiglia aristocratica e borghese del luogo che mettono in luce donne colte, filantrope, sagge le quali hanno contribuito ad imprimere prestigio e identità al casato.
Al di là di ogni considerazione strettamente personale, Aida Chiesa sposò quindi Vittorio Gnecchi ed entrò a far parte di una famiglia che spiccava per operosità, intraprendenza e generosità e indubbiamente quell’epoca, a cavallo tra l’Ottocento ed il Novecento, fu propizia all’ulteriore ascesa di una borghesia ricca di mezzi, di spirito di iniziativa e di capacità.
Vittorio, per confutare quanto appena asserito, ebbe i natali a Milano il 17 luglio 1876, nelle stanze del bel palazzo che il nonno Giuseppe aveva appena acquistato al numero 10 della centralissima via Filodrammatici, proprio dietro al Teatro alla Scala. Era un edificio confacente all’accresciuto rango sociale della famiglia. Come gli Gnecchi, altre famiglie lombarde erano riuscite ad introdursi ai vertici della società milanese, grazie non solo ai mezzi puramente economici, ma anche e soprattutto ad una accorta “politica matrimoniale” che aveva portato a fitti legami di parentela con le famiglie dell’aristocrazia più altolocata, e poi ad una generosa e intelligente attività mecenatistica, che a quel tempo era necessaria ben più di oggi per ben figurare nel mondo della borghesia.
In questo senso il citato Giuseppe Gnecchi, nonno di Vittorio, aveva compiuto le scelte migliori: coniugatosi con la contessa Giuseppina Turati, un’altra “grande” donna della famiglia, aveva acquistato nel 1848 a Verderio Superiore, dove già possedeva una dimora, la splendida villa che era stata dei Confalonieri e che per il suo aspetto imponente conferiva alla famiglia un indiscutibile prestigio. Francesco Gnecchi, figlio di Giuseppe, sposò Isabella Bozzotti, una giovane e colta signorina di buona famiglia, dalla quale ebbe tre figli: Cesare, detto Rino, nel 1873, il già citato Vittorio e Carla, nel 1886. Gli Gnecchi potevano dunque dirsi arrivati. Pienamente inseriti nella società più altolocata di Milano e proprietari di una notevole fortuna, essi potevano godere di una vita agiata che permetteva loro di dedicarsi alle attività preferite: filantropia, mecenatismo, interessi culturali. Su questi fronti si concentrò infatti l’esistenza di Francesco Gnecchi e di suo figlio Vittorio. Se da una parte la famiglia donò a Verderio Superiore una nuova chiesa parrocchiale, il municipio, il cimitero, l’asilo infantile, la fonte Regina e altre strutture socialmente utili, dall’altra Vittorio si distinse per gli interessi musicali che ne fecero un compositore di buon livello.
Mi sono volutamente dilungato nel contesto storico e culturale del tempo, ritenendolo utile e doveroso. Ritorno all’accaduto, per concludere.
Non è dato sapere chi abbia mai potuto dare l’ordine di abbattere un così bell’esemplare di platano. In quegli anni, siamo verso la fine degli anni Trenta del secolo scorso, nulla poteva essere modificato e trasformato nelle proprietà della famiglia Gnecchi Ruscone senza che il sig. Giulio Beretta, detto sciur Giüli, potente agente e fattore del casato, fosse informato e desse il suo consenso. Per quale motivo ci fu qualcuno che volle tagliare i due platani? Chi ordinò l’abbattimento? Non si sa. Poco importa saperlo oggi. Ciò di cui siamo assolutamente certi, invece, è il fatto che senza il repentino e autorevole intervento della signora Aida Chiesa, anche il secondo platano sarebbe stato abbattuto.
Il maestro Vittorio Gnecchi Ruscone uscì silenziosamente dalla scena del mondo il 5 febbraio 1954, chiudendo anche nel dolore degli affetti familiari un’esistenza che, iniziata sotto i migliori auspici, era poi stata artisticamente così travagliata. All’improvvisa e prematura scomparsa dell’amatissimo figlio Alberto, morto il 7 agosto 1952, la sorte si accanì ancora sulla famiglia: la figlia Isabella morì un mese dopo suo padre, il 14 marzo 1954, mentre la moglie Aida, colta da una lunga e tristissima malattia, gli sopravvisse per soli otto mesi. Aida Chiesa morì infatti a Milano il 13 ottobre 1954.
Beniamino Colnaghi
RingraziamentiLe tracce su cui ho “costruito” l’articolo sull’abbattimento del platano e sull’intervento della signora Aida mi sono state fornite dal signor Felice Colnaghi, che ringrazio di cuore.
Sono grato alla signora Cristina Carlotti, pronipote di Vittorio e Aida, per le due bellissime fotografie riguardanti i suoi bisnonni, delle quali mi ha gentilmente concesso la pubblicazione.
Bibliografia
Ottavio de Carli, Vittorio Gnecchi Ruscone: un caso ancora aperto. Fortuna e oblio di un compositore gentiluomo, Erbusco, 1998, p.4.
Marco Iannelli, Il caso Cassandra. Vittorio Gnecchi, una storia del Novecento, Milano, Bietti, 2004, pp. 25-26, p.49. Giulio Oggioni “Quand sérum bagaj”. Marna, 2004, pp. 222-225.
Sito web dell’Associazione Musicale Vittorio Gnecchi Ruscone www.associazionegnecchi.org
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