Tra
il VI e il VII secolo, diverse popolazioni slave si mossero dalla regione
dell’Alta Vistola e dei Tatra verso sud, in parte al seguito degli Avari( o
Ugri) in parte autonomamente.
Si
stabilì così una continuità di insediamenti slavi dalla piana polacca fino
all’Adriatico, al bacino del basso Danubio, alla stessa regione greca.
Le
varie crisi succedutesi nei secoli permisero la costituzione di un potentato
slavo, che ebbe il suo centro nelle terre attualmente occupate dalla regione
slovacca e morava e che allargò in seguito la sua influenza verso la Boemia, la
Piccola Polonia e il bacino del medio Danubio: esso è conosciuto dagli storici
con il nome di Grande Moravia.
Per
la conversione al cristianesimo di questi popoli si adoperarono simultaneamente
Costantinopoli e Roma: grandi demiurghi dell’operazione furono i missionari
Cirillo e Metodio, inviati dal patriarca di Costantinopoli con l’assenso del
Papa, il quale approvò per non perdere potere su queste terre.
Nel
X secolo arrivarono gli Ungari che ruppero la continuità degli insediamenti
slavi, ponendo fine alla Grande Moravia. Gli Ungari non estesero però il loro
potere su tutte le popolazioni slave; quelle poste più a occidente, nella
regione di Praga, si riunirono sotto la guida di Venceslao che creò il
potentato slavo di Boemia, Moravia, Piccola Polonia, Sassonia e Slesia che
entrò subito in contatto con l’Impero Romano-Germanico, costituendo, tre secoli
più tardi, il regno di Boemia.
La statua di san Venceslao a Praga |
La Boemia fu al centro di una vivace e produttiva attività economica, che fece aumentare il numero di artigiani e commercianti: le trasformazioni dell’agricoltura, le attività minerarie, e più tardi l’attività manifatturiera la resero una regione ricca e ciò ebbe ben presto un riscontro anche nella cultura del paese. Praga già nell’XI secolo si contraddistinse per essere costruita in pietra e non in legno, come altre città di Polonia e Ungheria. Inoltre, nei secoli successivi, la Boemia conobbe un forte sviluppo sia dell’architettura e della scultura romanica, sia di quella gotica.
Il
momento culminante dello sviluppo della Boemia avvenne quando sul trono del
regno arrivò la dinastia germanica dei Lussemburgo che, con Carlo IV,
istituì la prima università dell’Europa centro-orientale (l’Università Carlo) e
fece di Praga la capitale di fatto dell’Impero.
Tuttavia,
in Boemia non mancarono ombre e contestazioni: l’alta nobiltà mal sopportò un
potere centrale forte, la chiesa si tenne ben stretti gli immensi patrimoni
composti da terre e immobili, i grandi impegni finanziari del papato romano si
scaricarono anche sulla chiesa boema e questo suscitò un forte malcontento
negli ambienti urbani e nella piccola nobiltà. Infine, il mondo contadino
protestò energicamente a causa dell’aumento dei suoi oneri a favore della
feudalità laica ed ecclesiastica.
Le
tensioni trovarono sbocco agli inizi del secolo XV nella contestazione del
ruolo della chiesa, sia sul piano sociale sia su quello religioso.
Jan
Hus (1370 – 1415), rettore dell’Università di Praga, non si limitò ai suoi
compiti istituzionali di docente, ma a partire dal 1402 svolse un’intensa
attività di predicatore nella cappella di Betlemme a Praga, che poteva
accogliere fino a 4000 fedeli. Nelle sue prediche contestò la ricchezza della
chiesa e del clero ed i metodi per mezzo dei quali essa veniva perseguita,
chiese il ritorno alle Sacre Scritture (tradusse la Bibbia in ceco), pose in
discussione la dottrina e l’uso delle indulgenze, sostenne la parità tra clero
e laici. Sono i temi affrontati nel suo trattato “Sulla Simonia”.
Jan Hus |
Convocato
al Concilio di Costanza vi difese le sue tesi, ma nonostante il salvacondotto
imperiale, fu imprigionato e condannato al rogo. Fu bruciato vivo a Costanza il
6 luglio 1415. Furono bruciati anche scarpe e vestiti perché non potessero
servire da reliquie, «caricarono tutte le ceneri su di un carro e le buttarono
nel fiume Reno, che scorreva lì vicino».
La
morte di Hus aprì una lunga stagione di guerre sanguinose che coinvolsero,
oltre la Boemia, la Polonia e l’Ungheria, dove il movimento hussita cercò di
penetrare. L’appello contro la chiesa di Roma trovò ascolto nei più diversi ceti
sociali: nella nobiltà che si poteva impadronire dei beni ecclesiastici, nella
borghesia cittadina che si voleva scrollare di dosso gli onerosi contributi
alla chiesa, nel mondo contadino asservito nelle proprietà ecclesiastiche che
erano le più estese del regno. Il movimento hussita si caratterizzò così come
un movimento di riscossa nazionale ceca contro il centralismo romano. Si giunse
così alla proclamazione di una Chiesa nazionale boema, che l’imperatore,
Sigismondo IV Lussemburgo dovette riconoscere per poter essere accettato alla
Dieta di Praga come re di Boemia.
Il monumento dedicato a Jan Hus in Piazza Vecchia a Praga |
Il
movimento hussita si spaccò già nei primi anni in due ali: quella moderata
composta dai nobili e dai ceti benestanti urbani e quella formata dai contadini
e dal ceto più umile, che videro nell’insegnamento della dottrina hussita la
base per scuotere dalle fondamenta l’ordine feudale e per la nascita di una
società comunistica: fu quest’ultima fazione dell’hussitismo quella più
intransigente, nota come quella dei taboriti, dal nome della città
fortificata di Tabor, costruita appunto dagli hussiti nel sud della Boemia.
Contro
i taboriti si scatenarono le forze feudali, i re boemi e dei vicini
regni di Polonia e Ungheria, la stessa ala moderata dell’hussitismo. Nel 1452 i
taboriti, ovunque perseguitati e condannati al rogo, persero anche la
loro roccaforte. Senza ormai aspirazione di riforma sociale i superstiti
confluirono in una specie di comunità cristiana parallela alla chiesa
esistente, l’Unità dei fratelli boemi.
Fu
tuttavia una sconfitta parziale, per gli hussiti, perché circa un secolo dopo,
aderirono, insieme all’ala più moderata del vecchio movimento, al luteranesimo,
che penetrò in Boemia e Moravia grazie alla Riforma Protestante.
Beniamino
Colnaghi
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