lunedì 22 settembre 2025

Lo scrittore Elio Vittorini riposa con la sua "Ginetta" al cimitero di Concorezzo (MB)

Nato a Siracusa il 23 luglio 1908, deceduto a Milano il 12 febbraio 1966

Fin da bambino si spostò insieme al  padre ferroviere da una località all'altra della Sicilia. Nel 1924 iniziò il suo peregrinare in giro per l’Italia, dal Friuli, dove si impiegò come contabile in un cantiere edile, a Torino, dove collaborò, prima con La Stampa, e poi con Solaria, per la quale pubblicò la raccolta di racconti Piccola borghesia. Trasferitosi a Firenze nel 1930, fece il segretario di redazione della rivista e, al contempo, il tipografo al quotidiano La Nazione. Imparato l'inglese, Vittorini si diede al lavoro di traduttore. Si schierò presto contro i vecchi stereotipi della tradizione e dalla parte dei nuovi modelli letterari del Novecento. Dopo lo scoppio della Guerra civile spagnola, maturò una più concreta coscienza politica, divenne antifascista radicale ed entrò a far parte del Partito comunista italiano.  Dopo essersi trasferito nel ’39 a Milano ed aver collaborato con diverse case editrici, il regime fascista gli vietò la pubblicazione di alcuni suoi lavori, in particolare della antologia Americana, proseguendo l'ostracismo nei suoi confronti, che non finì nemmeno con la caduta di Mussolini. Arrestato nel luglio 1943 a Milano, lo scrittore fu, infatti, rinchiuso a "San Vittore" e poté uscire dal carcere soltanto dopo l'8 settembre. Protagonista attivo della Resistenza, Vittorini collaborò con grande impegno a l'Unità clandestina, che per qualche mese diresse anche nel 1945, l'anno in cui pubblicò Uomini e no, il suo romanzo di maggiore impegno civile. Sempre quell'anno, nel settembre, uscì per l'editore Einaudi Il Politecnico, le cui posizioni sul concetto di "autonomia dell'arte" portarono a un contrasto con Palmiro Togliatti. Cessata la pubblicazione di Il Politecnico, Vittorini riprese la produzione narrativa. È del 1947 Il Sempione strizza l'occhio al Frejus, del 1949 Le donne di Messina, del 1950 La Garibaldina. Nel 1960 diresse la collana La Medusa, della casa editrice Mondatori ed in seguito la collana Nuovi scrittori stranieri. Nello stesso anno scrisse un manifesto per protestare contro la guerra e la tortura in Algeria, diventando presidente del Partito Radicale. Nel 1961, in collaborazione con Italo Calvino, curò Il Menabò, una rivista-collana di Einaudi, centrata sui rapporti tra letteratura e industria. Lo scrittore è morto prematuramente nel 1966, a soli 58 anni, mentre lavorava alla raccolta di saggi Nuovo Politecnico. Sulla casa milanese di viale Gorizia, dove abitò e morì, lo ricorda una lapide. E’ sepolto nel cimitero di Concorezzo.



Vediamo adesso il motivo per il quale lo stesso Vittorini espresse la volontà di essere sepolto in quel piccolo cimitero. Ciò che legò uno dei maggiori scrittori italiani del Novecento a Concorezzo fu la storia d’amore con Luigia “Ginetta” Varisco. Due persone di origini diverse: lui siciliano di Siracusa, impegnato politicamente a sinistra ed influente intellettuale nel dopoguerra, lei figlia della prima borghesia industriale che si andava affermando in Brianza. Entrambi erano già sposati quando si incontrarono per la prima volta. “Ginetta” era la settima figlia di Federico Varisco (Amico di pittori, scrittori e artisti, industriale eccentrico,  un socialista riformista e, tra il 1911 e il 1920, due volte sindaco del suo paese, dove aveva costruito l’acquedotto e partecipato alla costituzione della Casa del Popolo) e Maria Antonia Spreafico. Era di piacevole aspetto, tanto da essere accostata a dei canoni estetici in voga in quegli anni, di grande cultura e dalla spiccata personalità. Si era sposata in prime nozze con il drammaturgo e commediografo Cesare Vico Lodovici. Dopo la separazione frequentò il direttore della rivista letteraria Solaria di Firenze, Giansiro Ferrata. Vittorini era invece sposato con la sorella del poeta premio nobel per la letteratura Salvatore Quasimodo, Maria Rosa. Ebbero due figli, Giusto Curzio e Demetrio. Elio e "Ginetta" si conobbero nel 1932 durante una vacanza a Bocca di Magra e fu il cosiddetto colpo di fulmine. Un amore profondo ma proibito per i canoni e le convenzioni dell’epoca. Con la Seconda guerra mondiale e le traversie intervenute si misero definitivamente insieme; lui che lavorava per la casa editrice Bompiani e lei che si era risposata con il Ferrata. Vissero in un primo momento a Milano, al 22 di via Gorizia. Nel 1963 Vittorini si ammalò di cancro e dovette subire una delicata operazione chirurgica. Malgrado la malattia, riprese a lavorare, dirigendo la collana Nuovi scrittori stranieri per Mondadori e l'anno dopo la collana Nuovo Politecnico per Einaudi. Nell'estate del 1965 il cancro si manifestò ancora in maniera più aggressiva, rendendosi incurabile. Morì nel 1966 dopo aver sposato in fin di vita la sua “Ginetta”. 




Le spoglie di Vittorini vennero traslate nel cimitero di Concorezzo alla morte della compagna, avvenuta nel 1978. Per loro espressa volontà, i due sono sepolti nella tomba della famiglia Varisco. Un amore fortissimo quello fra Vittorini e Ginetta (l'unica, si disse, capace di zittirlo con le sue battute in dialetto brianzolo, che lo scrittore spesso non comprendeva) e la cui memoria è oggi racchiusa nella tomba comune. Un amore per sempre.

Beniamino Colnaghi

 

 

  

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