venerdì 22 dicembre 2023

28 dicembre 1943: l’eccidio dei sette fratelli Cervi ad opera dei fascisti


In Italia ci sono luoghi apparentemente marginali e laterali che, se gli si dedica una visita con il giusto approccio curioso e interessato, sanno raccontare molto, consentendo esperienze uniche e stimolanti, non solo nel campo storico, ma anche in quello culturale, agroalimentare, dell’innovazione.
Uno di questi luoghi è a Gattatico, un piccolo paese in provincia di Reggio Emilia. Custodisce un passato d’inestimabile importanza e ne fa un motivo imprescindibile per guardare avanti.
Tutto si svolge attorno all’Istituto Alcide Cervi, che sorge in quella che fu la cascina della famiglia Cervi e che prende il nome del padre di sette fratelli, contadini e partigiani, vittime della repressione e della barbarie fascista.
La storia di questa famiglia appassiona ed emoziona principalmente per due motivi: da una parte perché è una storia di contadini e fa parte della storia della vita e delle tradizioni del nostro Paese, dall’altra perché costituisce una testimonianza d’impegno civile.
La famiglia Cervi attraversa il Novecento passando dalla condizione di mezzadri a quella di affittuari, coltivando la terra e cercando nella terra quel riscatto dalla miseria che contraddistingueva l’Italia della prima metà del secolo scorso. 
In casa Cervi circolavano parecchi libri e le discussioni politiche erano all’ordine del giorno. In questo contesto fu quasi naturale la nascita di quello spirito antifascista che costituì un carattere fondante del nucleo che segnò per sempre il destino dei sette figli maschi. Sempre qui avvenne l’incontro dei fratelli Cervi con Dante Castellucci, un partigiano poi fucilato dai suoi stessi compagni, poco prima dei fatti che portarono alla caduta del fascismo, e ciò sarà determinante per i Cervi perché entreranno a far parte attiva nella Resistenza.
Ma la rivoluzione di casa Cervi non è solo politica, è anche sindacale: il loro senso di giustizia sociale li ha portati a scelte importanti. La famiglia è unita e progressista, spinta all’innovazione, a guardare avanti, tutti elementi che saranno fondamentali anche per lo sviluppo della loro azienda agricola. Poter migliorare il lavoro agricolo è per i Cervi la condizione indispensabile per uscire dalla povertà e dallo sfruttamento della mezzadria. Con queste convinzioni, nel 1934 la famiglia si stabilisce nel podere Campirossi, in località Gattatico, dando inizio all’attività di affittuari. Il lavoro è duro e tutti insieme si impegnano a trasformare il loro podere, non particolarmente fertile, in un’attività produttiva evoluta attraverso gli studi innovativi sulle pratiche agricole. Il simbolo di modernità dell’azienda è il trattore Balilla, acquistato dai Cervi nel 1939. Nonostante la scarsa alfabetizzazione, ai Cervi piaceva leggere, documentarsi, imparare non solo per migliorare le tecniche del loro lavoro, ma anche per il proprio accrescimento culturale.
 
La famiglia Cervi. Al centro, seduti, papà Alcide e mamma Genoeffa (1)

Con la dichiarazione di Mussolini che certificava l’entrata in guerra dell’Italia il 10 giugno 1940, la situazione nel nostro Paese peggiorò ulteriormente. Nella notte tra il 24 e il 25 luglio 1943Benito Mussolini venne esautorato dal Gran Consiglio del Fascismo e subito dopo deposto dal re Vittorio Emanuele III. Furono giorni aggrovigliati, inquieti, densi di agguati, tradimenti e vendette.
La notizia esplose nel paese come un fulmine a ciel sereno. Poco più di un mese dopo, l'armistizio di Cassibile fu diramato l'8 settembre del 1943, e prevedeva la resa incondizionata italiana alle forze alleate con il disimpegno italiano dall'alleanza dell'Asse e l'inizio di fatto della cobelligeranza tra Italia e Alleati in caso di reazione della Germania nazista. L'annuncio dell'armistizio ebbe per conseguenza l'occupazione dei territori italiani da parte tedesca e l'inizio della Resistenza e della guerra di liberazione italiana contro il nazifascismo. 
Così, mentre avveniva il totale sbandamento delle forze armate, le armate tedesche della Wehrmacht e delle SS presenti in tutta la penisola poterono far scattare l'Operazione Achse, occupando tutti i centri nevralgici del territorio nell'Italia settentrionale e centrale, fino a Roma, sbaragliando quasi ovunque l'esercito italiano: la maggior parte delle truppe fu fatta prigioniera e venne mandata nei campi di internamento in Germania, mentre il resto andava allo sbando e tentava di rientrare al proprio domicilio. Di questi ultimi, una buona parte, quella più politicizzata, si diede alla macchia, andando a costituire i primi nuclei del movimento partigiano che partecipò attivamente alla resistenza italiana.
Dentro questo clima complicato, il 25 novembre 1943 casa Cervi viene circondata e al primo mattino, dopo uno scontro a fuoco, i sette fratelli vengono arrestati. Anche il padre Alcide, che non voleva abbandonarli, seguirà la stessa sorte. Gelindo, Antenore, Ferdinando, Aldo, Agostino, Ovidio ed Ettore Cervi rimasero in carcere a Reggio Emilia sino al 28 dicembre, quando vengono trasferiti al Poligono di tiro, appena fuori Reggio, e lì fucilati come rappresaglia per l’uccisione del segretario comunale di Bagnolo in Piano. Anche don Pasqualino Borghi, parroco di Tapignola, morirà fucilato al Poligono, in quanto fervente antifascista e facente parte del movimento partigiano con il nome di Albertario. La sua canonica fu un rifugio sicuro per tanti perseguitati e ricercati dalla milizia fascista, ebrei, militari sbandati. 
La tomba dei Cervi al cimitero di Campegine (RE)

Alcide Cervi

Alla fine la casa della famiglia venne bruciata dai fascisti, con le donne ed i bambini abbandonati in strada. Papà Cervi era ancora in cella e non fu nemmeno informato quando i suoi figli vennero condannati a morte e fucilati. “Dopo un raccolto ne viene un altro, bisogna andare avanti”. Queste le parole del vecchio “Cide” quando, tornato a casa dal carcere, seppe dalla moglie Genoeffa la tragica fine dei suoi ragazzi. Da quel giorno infatti, furono le donne dei Cervi a lavorare la terra con Alcide e con gli 11 nipoti.
Nell’immediato dopoguerra, il Presidente della Repubblica appuntò sul petto del vecchio padre sette Medaglie d’argento, simbolo del sacrificio dei suoi figli. Papà Cervi viaggiò in mezzo mondo, rappresentando la Resistenza italiana, partecipando alle grandi manifestazioni politiche, partigiane ed antifasciste. Morì a 94 anni il 27 marzo 1970, salutato ai suoi funerali da oltre 200.000 persone.
L’Istituto Alcide Cervi gestisce la casa museo dei Cervi, oggi uno straordinario museo della storia dell’agricoltura, dell’antifascismo e della Resistenza, e la Biblioteca Archivio Emilio Sereni, che ospita la biblioteca privata di questo importante scrittore, politico e storico italiano. Entrambe le strutture sono visitabili.

Beniamino Colnaghi

Note

1)      Fonte Wikipedia https://commons.wikimedia.org/wiki/File:La_famiglia_Cervi.jpg?uselang=it

 

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