Percorro
spesso la strada che da Verderio conduce all’abitato di Aicurzio. Sempre a
piedi o in bicicletta. Quando porto a passeggio il mio cane, lasciata alle
spalle “l’isola ecologica” di Verderio, ex-Inferiore, imbocco la stradina
campestre sterrata che fiancheggia gli impianti del depuratore e percorro più o meno un
chilometro, in un’oasi di pace e tranquillità, con piacevoli
scorci panoramici, finché, sulla sinistra si apre alla vista la torretta
della Commenda mentre sulla destra si inizia a scorgere Castelnegrino, avvolto
da una vegetazione che riconcilia il viandante e richiama ad una breve sosta.
La Commenda
Castelnegrino
Proseguendo
la camminata sulla strada asfaltata che porta ad Aicurzio, avanti qualche
centinaio di metri, in corrispondenza di una curva sulla destra, si scorge una
colonna in granito, in cattivo stato di conservazione e manutenzione, sulla cui
sommità è posta una croce di ferro. Da questo punto inizia una dolce discesa,
ombreggiata, nei mesi estivi, da un doppio filare di robinie, che conduce alla
chiesina di Campegorino ed al cimitero del paese.
La chiesa di Campegorino oggi
Sono luoghi incantevoli, densi di storia e significato, che compongono un quadretto suggestivo, tipicamente brianteo.
In
più d’un occasione mi ero riproposto l’obiettivo di svolgere qualche ricerca sulle
origini e sulla storia di questi luoghi. Il desiderio è rimasto per lungo tempo
inevaso, finché, durante una chiacchierata con il signor Abele Biffi, già
sindaco di Aicurzio e profondo conoscitore della storia locale, ad una mia
richiesta specifica, sono “saltate fuori” due paginette dattiloscritte, datate
5 giugno 2003, recanti cenni storici sui Cavalieri del Tempio di Salomone,
sulla Commenda e su Castelnegrino. Su
consiglio dello stesso signor Biffi, al fine di avere notizie ancor più
dettagliate ed il più possibile esaustive, mi sono recato presso la Biblioteca
civica di Aicurzio, ospitata nella settecentesca villa Paravicini, ora di
proprietà comunale, la quale accoglie anche un piccolo museo degli usi e
costumi dei contadini e delle genti locali. La villa, inoltre, conserva
l’archivio cartaceo e fotografico della famiglia Paravicini.
In
biblioteca cercavo il classico libro, corredato di fotografie e documenti
storici, promosso ed edito dal Comune, nel quale fossero raccolte notizie sulle
origini, sulla storia, sulla vita di Aicurzio e sugli usi e costumi della sua
gente. “Non c’è, non è mai stato scritto un libro su Aicurzio”, mi dice con
tono amareggiato la bibliotecaria. Di fronte al mio palese stupore, la signora,
quasi a volersi riscattare da un torto inferto a qualcuno, aggiunge che
“abbiamo un vecchio libricino di poche pagine che contiene notizie storiche sul
crocifisso di Campegorino”. Lo prende da un piccolo scaffale e me lo porge. Lo
sfoglio, leggo il nome dell’autore e l’anno di edizione, scorro velocemente
l’indice dei capitoli. Lo prendo, dico. “Ha un mese di tempo per consultarlo”.
Trenta paginette di trenta righe cadauna, escluse vecchie fotografie della
chiesina e del crocifisso e alcune pagine riservate alle preghiere
indulgenziate e alle orazioni. Ne hai voglia! Un mese? Durante il
ritorno a casa lo avevo già letto.
Il
libretto è intitolato La Parrocchia di
Aicurzio ed il S. Crocifisso di Campegorino. Memorie storiche e preghiere.
L’autore è padre Giustino Borgonovo (1),
Oblato missionario di Rho, nativo di Aicurzio. La prefazione del libretto,
dello stesso autore, è datata 10 marzo 1931. “XXII anniversario della morte di
mia Madre”, annoterà il religioso. Le
notizie riguardanti le memorie e le origini di Aicurzio sono interessanti e,
integrate dalle note del signor Biffi, soddisfano pienamente le esigenze di
poter svolgere una ricerca storica rigorosa e adeguata.
Padre
Borgonovo, nella prima parte delle memorie, inquadra il territorio di Aicurzio all’interno
di un contesto più esteso e ne richiama le origini: “Poeticamente suggestiva è
la regione Briantea che dalle alture dell’Orobia degrada alla grande pianura
lombarda. È un succedersi di ripiani e di valloncelli, di morene fertilizzate e
di campi ubertosi, che appaga l’occhio e ricrea lo spirito. Montevecchia e
Vimercate, l’Orobia e Trezzo sono i quattro angoli di un quadrilatero o
trapezio in mezzo al quale sta Aicurzio. A ridosso di una valle che anticamente
doveva essere fiume, scaglionato sulla riva, colla sua bella chiesa che domina
l’abitato, è adagiato il paese. A Nord, sul bellissimo altipiano che prospetta
Merate, Montevecchia ed i Colli di Brianza, stanno Castelnegrino, e più in
alto, a destra la Commenda colla sua torretta caratteristica, due frazioni
antiche, che erano due baluardi, due avamposti di difesa naturale. Sulla
strada, a un terzo di distanza dal paese, è Campegorino, colla sua Chiesetta,
col suo Cimitero, solingo e devoto. Il paesaggio ha tutti i pregi
caratteristici della Brianza autentica; aria salubre, campagna fertilissima,
dolci declivi e placida pianura, abitanti intelligenti e laboriosi, di indole
tranquilla, viventi di fede e praticanti la Religione. Aicurzio ha pure una
storia interessante che lo rende doppiamente caro”.
La Commenda
Padre
Borgonovo, oltre ad essere nato ad Aicurzio, dedicò gran parte della sua vita
allo studio, elemento centrale, insieme alla preghiera, della vita comunitaria
dei padri oblati missionari. Da ciò si può supporre che il religioso aicurziese
dedicò molto tempo allo studio, grazie al quale ebbe modo di approfondire le
conoscenze sulla storia e le origini del suo paese e sui luoghi di cui si sta
occupando questa ricerca.
“Il
nome Aicurzio – prosegue il religioso – è romano autentico. Qui doveva esserci
evidentemente una colonia o una famiglia romana, e forse anche una piccola
guarnigione militare. Curtius è nome famigliare nella storia romana; mio padre,
persona intelligentissima, a me giovane chierico diceva di aver raccolto dai
Parroci e dai più antichi del paese che qui un Curtius, nobile romano, avesse
la sua villa sul tipo di quella descritta da S. Agostino nelle Confessioni. Che
poi fosse posto militare ben lo si capisce dalla sua ubicazione. Presso i
contrafforti delle Alpi, rappresentava a quei tempi un magnifico punto
strategico di difesa. Difatti sono nomi guerreschi, sia quello Castelnegrino,
che quello di Bernareggio (Hibernia regia) ossia accampamento invernale. Nelle
memorie più antiche esistenti in Parrocchia e all’Archivio di Stato, viene
nominata: terra Curciorum o Curtiorum, ossia
“terra dei Curzii”; donde la frase: “ire
ad Curcios” “andare ai Curcii”. Spiegabilissimo quindi la successiva
contrazione “Ai Curzii, alli Curti” e la formazione del nome attuale di
Aicurzio. Il nome attuale comincia a comparire negli atti pubblici nel 1784”.
Dopo
essersi soffermato su alcune vicende storiche legate al territorio lombardo ed
alla guerra tra Spagnoli e Austriaci dei primi anni del Settecento, combattuta
sulle rive dell’Adda, padre Borgonovo apre un capitolo su Castelnegrino e la
Commenda.
“Castelnegrino
è un gruppo di case che col palazzo padronale, forse antico castello, sorge sulla
riva del vallone che scende dall’Orobia. La Commenda sorge alta e forte
sull’adiacente promontorio ed è sorella maggiore di Castelnegrino nel nome e
nella posizione strategica. Castelnegrino, colle terre circonvicine (e quindi
colla Commenda) apparteneva ai Cavalieri Templari ed era aggregato ai beni
della lor Casa di S. Maria del Tempio in Milano, che si congettura fosse nel
distretto di Porta Romana nel luogo detto appunto la Commenda dei Cavalieri di
Malta. Apparteneva alla Pieve di Brivio, ed aveva un Oratorio dedicato a S.
Giacomo, rovinato e cadente, per la trascuratezza dei Cavalieri di Malta. Vi fu
poi eretto l’Oratorio attuale, dedicato a S. Maria della Neve, benedetto nel
1623 al 30 Ottobre dal Parroco di Aicurzio Galeazzo Castiglioni”.
Castelnegrino
A
questo punto riterrei utile fornire qualche informazione sui templari, visto
che sono stati chiamati in causa, e approfondire i motivi che hanno indotto il
loro ordine a insediarsi tra Verderio e Aicurzio. La nascita dell'ordine si
colloca in Terrasanta al centro delle guerre tra forze
cristiane e islamiche, scoppiate dopo la prima crociata
indetta nel 1096.
In quell'epoca le strade della Terrasanta erano percorse da numerosi pellegrini provenienti da tutta Europa, che venivano spesso assaliti e depredati. Per
difendere i luoghi santi e i pellegrini nacquero diversi ordini religiosi.
Intorno al 1118-1119
un pugno di cavalieri decise di fondare il nucleo originario dell'ordine
templare, dandosi il compito di assicurare l'incolumità dei pellegrini
europei che continuavano a visitare Gerusalemme.
L'ordine venne ufficializzato nel 1129.
Come
e perché arrivarono a Castelnegrino? Per dare una risposta, mi sono avvalso della
ricerca condotta dal signor Abele Biffi, che reputo interessante e storicamente
affidabile.
“Si
ritiene che la Commenda di Santa Croce e Santa Maria del Tempio di Milano sia
stata una delle più antiche precettorie italiane. Forse i cavalieri templari
furono invitati a stabilirsi a Milano da San Bernardo di Chiaravalle, loro
patrono, verso l’anno 1134, anno in cui il monaco cistercense soggiornava nel
capoluogo lombardo. Questa precettoria era situata “in capite Brolii Sancti
Ambrosii”, un vasto spiazzo fuori l’antica Porta Romana, compreso fra la Via
Romea, la Via Larga e la Via della Commenda. La precettoria di Santa Croce e
Santa Maria del Tempio di Milano possedeva numerosi beni immobili (fabbricati e
terreni) situati in Città, nei Corpi Santi di Milano, a Zunico, Rovagnasco,
Castel Negrino, Montesordo, Cermenate e Pusnago. Non si conosce se CASTEL
NEGRINO venne costruito dai templari, quando entrarono in possesso del luogo, o
se era un manufatto preesistente, ristrutturato e fortificato per renderlo
adatto ad ospitare i pellegrini di passaggio diretti in Terra Santa. Da
documenti antichi, si rileva che un certo Dalmazio di Verderio, che è da
ritenere di famiglia nobile, era ascritto ai templari. Morto innanzi all’anno
1149, aveva lasciato alla Commenda del suo Ordine di Milano dei terreni e delle
vigne posti a Paderno ed a Castel Negrino, località, queste, allora entrambe
appartenenti alla Pieve di Brivio. Il 22 marzo 1312, il Papa Clemente V° con la
bolla “Vox in excelso” soppresse l’Ordine del Tempio. Parte dei suoi beni
immobili furono trasferiti all’Ordine Ospitaliero di San Giovanni di
Gerusalemme, poi detto di Rodi ed, infine, di Malta”.
La
ricerca del signor Biffi prosegue fino ai giorni nostri, citando date, fatti e
personaggi che hanno contribuito a scrivere la storia della Commenda e di
Castelnegrino.
Campegorino
è rimasto fino ad ora un po’ ai margini della ricerca. Non mi rimane quindi che
riprendere il libricino di padre Borgonovo e occuparmene.
Nella
parte centrale del libretto, il religioso si sofferma sulla parrocchia di
Aicurzio ed elenca tutti i parroci (li chiama “Santi Pastori”) succedutisi alla
guida della Chiesa locale, dal 1571 al 1931. Ne traccia le biografie e le
azioni più significative.
Su
Campegorino così esordisce: “È il nome della località dove sorge il piccolo
Santuario nel quale è venerato il taumaturgo Crocifisso, e dove è anche il
Cimitero, dove convergono i pensieri e gli affetti del popolo di Aicurzio. Anticamente
si diceva Campo pecorino; poi Campo pegorino, e finalmente, per maggior
brevità, Campegorino”.
Con
prosa bucolica e raffinata l’autore descrive il paesaggio circostante “... posto
solingo… meta di pellegrini, specialmente nelle ore vespertine, quando il sole
scompare dietro i colli di Montevecchia…” e inizia a tracciare le origini di
Campegorino. “La Chiesetta ha una storia antica; il Cimitero è di data recente,
perché cominciò a funzionare quando la legge Imperiale austriaca proibì di
seppellire i morti nei sagrati presso le Chiese. Le memorie di Archivio
ricordano che l’ultimo cadavere sepolto nel sagrato della Chiesa fu di Colnago
Angiola Maria il 27 Novembre 1787, e che il Cimitero fu benedetto il 29 Agosto
1787. Il primo cadavere sepolto a Campegorino fu del bambino Stucchi Primo di
Paolo, il 25 Dicembre 1787”.
“La
storia dell’Oratorio, come la divozione al Santo Crocifisso, è molto antica; ma
più si risale negli anni, più si fa incerta finché si perde in una nebulosa di
luce sopranaturale eterea…”.
“A
Campegorino, fin da antico tempo, dovette esistere una cappelletta campestre,
di quelle che si trovano specialmente nella nostra Brianza ed in montagna, ai
crocevia o in certi luoghi di passaggio. Era semplicissima, aperta pel davanti,
ed il popolo ne aveva devozione. In occasione della peste del 1576 e del 1630,
qui furono sepolti i morti dal contagio, e d’allora in poi la divozione del
popolo andò crescendo. Nel 1705 si verificò il miracolo della comparsa di
un’armata prodigiosa, che arrestò e volse in fuga la truppa dei soldati
invasori che si precipitavano sopra di Aicurzio per saccheggiarlo. Il prodigio
è ricordato in un quadro di squisita fattura”.
Padre
Borgonovo, deluso dal fatto che “… non si trova memoria dell’autore del disegno
della Chiesetta”, prosegue così il racconto: “Dopo tal miracolo, fu sentito il
bisogno fabbricare una Chiesetta che fosse come un Santuario di divozione. Le
memorie più antiche dell’Archivio Parrocchiale risalgono al 1725 circa; e dal
libro dei conti, sotto l’anno 1731, ne risulta la breve storia della
costruzione. Essa è denominata la “Chiesa
dei Morti”. La Confraternita, o Commissione speciale, presieduta da un
Priore raccoglieva le offerte per la fabbrica, sotto la direzione ed alla
dipendenza del Parroco Giulio Pietro Sampietro. La Chiesa sebbene non ultimata
fu benedetta il 26 Giugno 1731. Risulta che subito fu provvista di sacri arredi
per celebrarvi la Santa Messa e che il Parroco od altri Sacerdoti venivano a
tal Oratorio e celebravano la S. Messa “per i Morti”. Risulta pure che nel 1731
fu celebrata la festa di San Rocco al 16 Agosto, e che pochi anni dopo (1748)
si faceva anche la festa ad onore di S. Sebastiano. La “Chiesa dei Morti” dopo
il 1731 assume il nome di Oratorio di S. Rocco e così è chiamata nella visita
del Vicario Foraneo di Vimercate Alessandro Banfi il 3 Aprile 1742. In questo
anno (1742) si fece festa solenne ad onore di S. Rocco e si ottenne persino una
speciale Indulgenza”.
Durante
la visita pastorale del cardinale Pozzobonelli, svoltasi nel 1756, risulta agli
atti che quest’ultimo ordinò al parroco ed alla confraternita di terminare i
lavori di costruzione della chiesetta e di individuare una posizione più
consona al crocifisso. La disposizione del cardinale venne resa esecutiva entro
poco tempo, tanto che “… non solo la Chiesa fu condotta a termine ma nacque
l’idea di costruirvi una Cappella speciale ad onore del SS. Crocifisso”.
La chiesina di Campegorino denominata Oratorio di San Rocco
Il crocifisso
Dalle
informazioni riportate dal religioso aicurziese, estrapolate dagli archivi
parrocchiali, risulta del tutto evidente che il crocifisso esisteva da tempo
nell’oratorio di Campegorino e che era oggetto di devozione e culto da parte
del popolo, il quale si rivolgeva a Cristo per ottenere la grazia o per
invocare protezione e misericordia. Nel luglio del 1775 si svolsero “… due
Tridui di pubblica preghiera per ottenere la pioggia, con processione dalla
Parrocchia al Campegorino e Benedizione colla Reliquia della S. Croce, per
implorare la serenità”.
Nell’aprile
del 1764 il parroco di Aicurzio, don Giuseppe Bernè, espose il progetto di
costruire una cappella laterale sulla sinistra nella chiesina: “In essa si
vorrebbe collocare la Sacra Immagine del Crocifisso, a cui e questo ed altri
popoli vicini hanno speciale divozione”. Il progetto passò l’esame della Curia
di Milano e per l’autunno dello stesso anno la cappella fu pronta. Il 4 novembre
1764 venne solennemente inaugurata mediante una processione dalla parrocchiale
all’oratorio. “La festa dovette essere solenne – scrive don Borgonovo – perché
io ne raccolsi eco lontana dal labbro di mia madre, che veniva dalla famiglia
Ronchi, Sagrestani, e aveva raccolto tradizioni preziose”.
Pochi
anni dopo venne costruita anche la cappella laterale destra, dedicata alla
Vergine Addolorata.
“Nell’Agosto
del 1848, al ritorno dei Tedeschi a Milano, si fece un Triduo di penitenza a
Campegorino. Il S. Crocifisso era invocato come Protettore e Salvatore”.
Analogamente,
nel 1866, i fedeli di Aicurzio si raccomandarono al S. Crocifisso, il quale “… salvò
il paese dalle funeste conseguenze della guerra e dal colera… e specialmente
perché nessuno dei 41 soldati del paese era stato ucciso o ferito o lesionato”.
Nel
1905, in occasione del secondo centenario del miracolo, il parroco, don Viganò
fece erigere “in meno di 4 mesi” il nuovo campanile della chiesina con tre
campane, in sostituzione dell’antica campanella collocata sulla piccola
torretta sopra la sacrestia.
La chiesa di Campegorino col nuovo campanile
Padre
Borgonovo conclude così il libretto di memorie sul suo paese e sul crocifisso
di Campegorino: “Non v’è famiglia, non vi è persona, si può dire, che al S.
Crocifisso di Campegorino non sia debitrice di qualche insigne favore, non
abbia deposto ai piedi di quella taumaturga immagine la sua offerta, simbolo di
una riconoscenza tutta sopranaturale e di un’offerta tutta spirituale”.
Beniamino Colnaghi
(1) Padre Giustino Borgonovo (1877-1960). Nato ad Aicurzio
(bassa Brianza), da famiglia di agricoltori di solida fede cristiana, p.
Borgonovo fu alunno dei seminari diocesani e nel 1899, appena ricevuta la sacra
ordinazione, entrò nel Collegio degli Oblati missionari di Rho, impegnandosi
con straordinario fervore nella predicazione delle missioni e nella cura delle
anime attraverso il sacramento della penitenza. La sodezza teologica, che
sottendeva la sua esuberante oratoria e la semplicità che gli consentiva sante
audacie nel dirigere gli spiriti, gli meritarono presto fama di buon
predicatore ed ottimo direttore spirituale.
Richiesto da Pio XI, che lo aveva
avuto confidente ed amico, nel 1929 predicò il ritiro quaresimale alla Cappella
Pontificia ed ancora nel 1939, per desiderio di Pio XII, suo ammiratore.
Apostolo instancabile, p. Borgonovo affidò pure i tesori della propria
esperienza e dei tenaci studi a numerose pubblicazioni. Tra le prime la Vita di p. Giorgio M. Martinelli,
fondatore degli Oblati di Rho (1912), di cui p. Borgonovo promosse la causa di
beatificazione. Di «santità» egli si intendeva, tanto che alla sua morte si
poté dire che il suo fu «il messaggio della santità».
F. Mandelli, Profili cit., I, pp. 149-162; cf. pure M. Busti, Maestro
della Parola, Padre Giustino Borgonovo degli Oblati missionari di Rho,
Milano 1970, p. 267.
Su Aicurzio in questo blog sono
contenuti altri due post:
Giovanni
Bersan: http://colnaghistoriaestorie.blogspot.it/2012/09/la-tragica-fine-di-giovanni-bersan-18.htmlIl maglificio Giuseppe Baraggia: http://colnaghistoriaestorie.blogspot.it/2012/12/il-maglificio-g.html
Altre notizie su Aicurzio, i
Templari, Castelnegrino:
Comune
di Aicurzio: http://www.comune.aicurzio.mi.it/Comune di Aicurzio: http://comune.aicurzio.mb.it/Articoli/Conoscere-Aicurzio/84-Storia.asp
Antropologia: http://www.antropologiaartesacra.it/ALESSIO_VARISCO_AnticoInsediamentoGiovannitaInBrianza.html
I templari: http://www.templaricavalieri.it/storia.htm
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