Dal film La ricotta il pensiero di Pasolini sulla
borghesia italiana
La ricotta è il quarto episodio del film del 1963 RoGoPaG, scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini. Gli altri episodi sono: Illibatezza di Rossellini, Il nuovo mondo di Godard, Il pollo ruspante di Gregoretti.
È il terzo film di Pasolini e in
esso, ancora una volta, il registra privilegia una storia che fa capo agli
strati più umili ed emarginati della società. Tutti i figuranti e le comparse
del film, la cui storia rappresenta la
Passione di Cristo, sono dei sottoproletari, dei “morti di fame” in senso
letterale, come ci dirà lo stesso Pasolini attraverso l'”enorme mangiata” di
ricotta, rappresentata quasi a conclusione del film e della vita stessa di
Stracci, il protagonista dell’episodio. Ma Pasolini fa comparire anche la
borghesia, nei panni rozzi e volgari del produttore e del suo entourage. E
viene anche inserita l'”integrazione sociale” a cui pare credere il regista
“marxista”, interpretato dallo statunitense Orson Welles, voluto fortemente in
quel ruolo dallo stesso Pasolini.
La pellicola fu sequestrata con
l’imputazione di “vilipendio alla religione di Stato” (1963). Ne seguì un
processo nel quale, tra l’altro, il Procuratore della Repubblica Di Gennaro
presentò ai “cattolici benpensanti” il film come “il cavallo di Troia della
rivoluzione proletaria nella città di Dio”.
Il produttore del film, Alfredo
Bini, deponendo al processo disse:
“Il film è composto di quattro
episodi. Il filo conduttore è costituito dai diversi aspetti di uno stesso
fenomeno, il condizionamento dell’uomo nel mondo moderno. Il primo regista,
Rossellini, si occupava del condizionamento dell’uomo nei suoi rapporti con la
donna; il secondo, Gregoretti, si occupava del condizionamento relativo alla
tecnologia ; Godard prevedeva in un prossimo futuro piccolissimi fattori di
degenerazione che avrebbero portato alla fine del mondo senza scosse; Pasolini
si occupava della maggior parte degli uomini non ancora in tale stato di
condizionamento”.
Le critiche e le motivazioni della
persecuzione giudiziaria, come Pasolini stesso aveva previsto, erano dettate
dalla malafede. Pasolini aveva diretto, in effetti, attraverso questo film, un
attacco frontale nei confronti della borghesia e questo era il motivo vero che
scatenò ancora una volta la canea nei suoi confronti.
Il senso di questo attacco è
contenuto essenzialmente nelle parole, qui sotto riportate, che Pasolini fa
dire al regista-Orson Welles e dirette al giornalista che gli chiede una intervista:
Giornalista: “Che cosa vuole
esprimere con questa sua nuova opera?”
Regista: “Il mio intimo, profondo, arcaico cattolicesimo.”
Giornalista: “Che cosa ne pensa della società italiana?”
Regista: “Il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d’Europa.”
Giornalista: “Che cosa ne pensa della morte?”
Regista: “Come marxista è un fatto che non prendo in considerazione.”
Il regista-Orson Welles, dopo aver letto una poesia di
Pasolini (Io sono una forza del passato…), tenendo tra le mani il
libro Mamma Roma, dice infine al giornalista (mentre
quest’ultimo idiotamente ride):
La ricotta è, quindi, una denuncia della decadenza morale
dell’uomo contemporaneo. Pasolini si serve di uno dei simboli del cristianesimo,
la Passione di Cristo, per rappresentare, attraverso l’immoralità della troupe
di quel set cinematografico, il vero Cristo: Stracci. Stracci ha una duplice
funzione: rappresenta il sottoproletario sacrificato al vuoto borghese, e
rappresenta l’incarnazione reale e contemporanea del Cristo. Stracci viene
sacrificato, condannato a morte dalla ferocia di un mondo gretto e teso al
consumo a tutti i costi.
Beniamino Colnaghi