Milovice, anticamente Milowitz, che nel XV/XVI secolo
era il capoluogo di una Contea con un annesso maniero, divenne, fin dalla
campagna di Napoleone contro la Russia nel 1800, luogo di deportazione dei
prigionieri di guerra. A partire dal 1948, il nome Milovice (provincia di
Nymburk, Repubblica Ceca) è stato associato alle forze del Patto di Varsavia,
che qui vi avevano collocato il proprio comando occidentale, nonché una base
logistica di notevole importanza e praticamente inaccessibile. Milovice era
tuttavia noto a moltissime famiglie italiane, russe e serbe poiché lì vi
finirono, a partire dal 1914, molti dei prigionieri del fronte austriaco
durante la Prima guerra mondiale.

Cippo dedicato ai soldati italiani sepolti a Milovice
Originariamente l’area adiacente al villaggio di
Milovice, chiamata in origine Starý Benátky, non era destinata a campo di
prigionia, ma alle esercitazioni di tiro dell’artiglieria. La raccolta ed il
concentramento di prigionieri non fu effettuato quindi, come spesso all’epoca, in
aree create appositamente, ma in questo caso furono sfruttati gli spazi e le
infrastrutture del preesistente poligono militare austro-ungarico.
Agli inizi del XX secolo l’unico poligono di grandi
dimensioni della monarchia asburgica si trovava in territorio ungherese, ad
Hajmaskér. Tale poligono era destinato alle esercitazioni di tiro di
artiglieria, ma non era sufficiente a tutte le esigenze militari a causa sia
dell’accrescersi di intensità delle esercitazioni e sia per la notevole
distanza di tale località dai singoli comandi d’armata austro-ungarici. Le
esercitazioni leggere erano di solito effettuate in territori molto limitati
situati in prossimità delle singole caserme cosicché l’erario austro-ungarico
era costretto a prendere in affitto, sia da privati sia dalle amministrazioni
locali, terreni da destinare temporaneamente alle esercitazioni con tiro a
fuoco della fanteria. Nel 1903 cominciarono le trattative per allestire a
Milovice un nuovo poligono, ovvero furono contattati dall’erario militare i
vari proprietari di terreni e di immobili della zona. Nel 1904 furono quindi
conclusi i contratti di acquisto e gli abitanti di un intero villaggio, Mladá,
furono trasferiti altrove. Gran parte dei terreni appartenevano in origine alla
famiglia Thun-Hohenstein, già però fortemente indebitata con la Länderbank
austriaca, che quindi provvide ad incassare la maggior parte dei proventi
dell’erario militare. A fine anno l’estensione del poligono raggiunse i 35 km²,
destinati comunque ad accrescere nel corso degli anni.
Le prime strutture furono immediatamente allestite
subito dopo l’acquisto nel 1904 e furono collocate su un lieve pendio. Il primo
quartiere era composto di 43 edifici ad un piano in mattoni destinati in
massima parte all’alloggiamento delle truppe. Quattro edifici furono divisi in
appartamenti destinati ai militari di carriera. Fu anche costruito un ospedale
e, ad una certa distanza, un padiglione di isolamento. Non mancavano inoltre
stalle per cavalli, officine di vario tipo ed un edificio per i bagni termali.
Nel poligono non ci fu mai una guarnigione fissa e gli edifici erano occupati
in maniera temporanea dalle truppe che si esercitavano al tiro a fuoco. Il
complesso poteva ospitare 2 reggimenti di fanteria ed un battaglione di
cacciatori, ovvero all’incirca 3400 uomini.
La costruzione del I campo di Milovice fu realizzata in
tempi brevissimi, con la supervisione degli ufficiali dello stato maggiore
austro-ungarico, comandati dal cav. Von Czibulka, ex comandante dell’VIII corpo
d’armata di Praga. Il comando della base si sistemò nel villaggio di Lipník, ai
confini del poligono e distante 9 km da Milovice.

E’ inoltre necessario aggiungere che Milovice, fino a
quel momento villaggio di nessuna importanza, con la nascita del poligono subì
una profonda trasformazione. Dopo il 1904 qui vi sorsero (così come in alcuni
altri villaggi vicini) una chiesa, una casa parrocchiale e la posta. Si
sviluppò inoltre il commercio e sorsero svariate botteghe artigiane e luoghi di
ristoro. Ne approfittarono in particolare gli agricoltori, che, oltre a fornire
di generi alimentari l’esercito, affittavano cavalli e locali durante i periodi
di affollamento di truppe, ovvero dalla primavera all’autunno.
Allo scoppio della I guerra mondiale si assistette ad
una serie di cambiamenti nella struttura del poligono. Sebbene continuasse
l’afflusso delle truppe destinate alle esercitazioni per il tiro a fuoco,
queste non furono più alloggiate nel campo poiché cominciarono ad affluire allo
stesso tempo un numero imprevisto di prigionieri di guerra, all’epoca in
prevalenza russi e serbi. Nei primi tre mesi di guerra i prigionieri alloggiati
a Milovice ammontavano già a 5.000. Nell’autunno del 1914 l’erario
austro-ungarico fu quindi costretto ad avviare la costruzione di nuove baracche
per i prigionieri di guerra. Ad ovest del campo numero I, su di un lieve
pendio, fu costruito il cosiddetto campo di prigionia numero II composto di 101
edifici. Questi erano in legno con pareti rivestite di carta catramata e
fondamenta in mattoni. La costruzione fu affidata ai contadini della zona ed ai
prigionieri russi. Le baracche erano lunghe dai 30 ai 45 metri ed erano larghe
10. In ogni baracca potevano essere alloggiati dai 200 ai 300 uomini. Nel campo
c’erano inoltre cucine, vasche per l’igiene personale e per il lavaggio dei
vestiti, ed altri tipi di servizi. Sono conservate ancora alcune circolari
imperiali in cui veniva stabilito che il campo, nonostante la sua sobrietà,
dovesse risultare pienamente funzionante.
Gli ufficiali prigionieri furono invece collocati nel
campo numero uno.
Allo scoppio della guerra con l’Italia, a causa del
continuo affluire di prigionieri, fu costruito il campo III. In questo campo
furono costruite 46 baracche dello stesso tipo del campo II. Secondo le
registrazioni del campo, al 19 giugno del 1915 erano presenti nel campo già
25.391 prigionieri di varie nazionalità. Sempre nel 1915 fu costruito il
cimitero militare.
Nel secondo rendiconto annuale del 1916 si riporta che
per quell’anno avevano soggiornato nel campo 46.000 prigionieri. Dall’ottobre
del ’17, ovvero dopo lo sfondamento di Caporetto, la situazione nel campo di
prigionia divenne complessa per le autorità del campo stesso e più che
drammatica per i prigionieri. Un documento del febbraio 1918 riporta che al 27
novembre del 1917 i prigionieri erano in tutto 6.073, mentre al 10 gennaio il
loro numero ufficiale era già salito a 15.363, creando non poche complicazioni
alle autorità austriache che non riuscirono a sfamare in nessun modo i
prigionieri, che così patirono la fame e enormi sofferenze.
CONDIZIONI
DI LAVORO DEI PRIGIONIERI DI GUERRA
Una parte dei prigionieri di guerra veniva utilizzata
nel campo per eseguire soprattutto lavori di costruzione o di spianamento.
L’orario di lavoro sarebbe dovuto corrispondere a quello dei lavoratori civili.
A causa dell’alimentazione ridotta la loro produttività veniva però considerata
molto scarsa. A tal proposito una commissione ministeriale imperiale in visita
nell’aprile del 1918 a Milovice nota come più prigionieri italiani svolgevano
lavori che in condizioni normali avrebbero svolto molto meno persone. In panetteria, ad esempio, erano impiegati 50
prigionieri italiani che giornalmente preparavano 4000 pezzi di pane. Il loro
guardiano era un fornaio di professione che alla domanda del presidente della
commissione di controllo di quanti uomini gli sarebbero bastati in condizioni
normali afferma in tutto 4.
L’ALIMENTAZIONE
DEI PRIGIONIERI
Nelle cucine del campo erano ammessi al lavoro anche
quei prigionieri di guerra che come impiego civile erano stati cuochi, fornai o
macellai. Nelle circolari è spesso ricordato che la dieta deve essere
sufficiente affinché non sia compromesso lo stato di salute del prigioniero di
guerra.
L’ASSISTENZA
MEDICA AI PRIGIONIERI DI GUERRA
L’amministrazione austro-ungarica considerava tre tipi
di malati:a) coloro i quali erano già in cattive condizioni fisiche prima di essere fatti prigionieri;
b) coloro che erano stati feriti poco prima di essere fatti prigionieri;
c) coloro che si erano ammalati nel campo stesso.
Fu il terzo tipo di ammalati ad essere il più frequente.
Ben presto, oltre all’ospedale, 10 baracche vennero
trasformate in lazzaretto ed altre 2 quali reparti di isolamento per i casi di
infezione. A Milovice venivano inoltre concentrati anche gli ammalati
provenienti da altri campi della Boemia centro-occidentale. Nel 1916 l’ospedale
già contava 874 ammalati permanenti. Fu quindi in fretta fornito di nuove
attrezzature corrispondenti agli standard dell’epoca. Dal primo novembre 1914
fino al 31 dicembre 1915 risultavano essere stati in cura 5048 pazienti, mentre
erano stati effettuati nello stesso periodo 239.676 interventi ambulanti,
compresi quelli ai denti. Le diagnosi prevalenti riguardavano: polmonite,
meningite, malattie dell’apparato digerente, deficit cardiaco, infarto, edema
polmonare, tbc, tifo, spagnola, febbre purpurica, indebolimento generale,
colera, ecc. A causa del crescente numero di ammalati, alla fine del 1916
furono assegnati all’ospedale del campo altri due medici provenienti dall’ospedale
della riserva di Kolín. Furono stabilite severe misure preventive contro il
diffondersi delle malattie infettive. Nel campo operavano sei disinfettori
mobili, nei quali era possibile disinfettare gli indumenti. I prigionieri di
guerra infetti, o sospetti di infezione, venivano separati dagli altri. Tutte
queste misure risultarono però inutili e le infezioni si diffusero in maniera
sempre più travolgente. Gli italiani inoltre, a differenza dei russi e dei
serbi, abituati ai climi rigidi, patirono più di questi ultimi le privazioni
della prigionia. La mortalità degli italiani ammontava quindi a minimo 3-5
prigionieri al giorno, con periodi in cui si arrivava ad oltre trenta casi
giornalieri.
I Caduti venivano inizialmente inumati in bare e
singolarmente. Successivamente, dopo i primi sessantaquattro decessi, furono
sepolti in fosse comuni e senza bare. La morte del prigioniero veniva
diligentemente registrata e veniva emesso un certificato di morte. In questo
documento veniva riportato il nome, il cognome, il luogo di morte, il reparto
di appartenenza, il grado, la data di nascita, l’indirizzo, lo stato civile, il
credo religioso, la nazionalità, l’impiego, la causa di morte, il nome del
medico che aveva diagnosticato la morte, il prete che aveva assistito al rito
funebre.

L’ASSISTENZA
SPIRITUALE
Nel campo operavano dieci preti che rappresentavano le
diverse religioni a cui appartenevano i prigionieri. Alcuni di loro erano anche
dottori in teologia.
Le celebrazioni religiose erano differenziate a seconda
della liturgia. Per gli ebrei era inoltre previsto il Kocher ed il sabato
festivo. I rispettivi curati assistevano a tutti i funerali dei Caduti, così
come previsto anche dall’ordinamento interno del campo. Al funerale di tutti i
morti italiani partecipò anche il prete cattolico di Milovice, padre Pavel
Švankmaier.
LA VITA
CULTURALE NEL CAMPO
La Croce Rossa internazionale poteva rifornire i
prigionieri di libri e di giornali di carattere non politico. I prigionieri
italiani inoltre formarono una banda militare, grazie agli strumenti donati sia
dalla popolazione locale che dalla stessa amministrazione militare
austro-ungarica. La banda era spesso presente ai funerali; intervenne quando fu
firmata la pace tra russi ed austro-ungarici, quando furono rimpatriati i prigionieri
russi e quando furono rimpatriati, alla fine dalla guerra, i primi prigionieri
italiani.
IL CIMITERO
Il cimitero militare fu costruito nel 1915. La sua
estensione è di 5.000 mq. Secondo alcuni documenti, il numero dei Caduti
italiani ammonterebbe a circa 5.200. A questo numero si devono aggiungere i 182
italiani esumati nel maggio del 1927 dal cimitero di Broumov, e concentrati a
Milovice.

Dal 1919, ogni anno, nei primi giorni di novembre,
veniva reso onore ai Caduti. Tale tradizione, con tutti i suoi fasti, è stata
ripresa a partire dal novembre 1991, anno in cui fu ricostruito il cimitero ove
riposano le salme dei soldati italiani.

Monumento ai caduti italiani
L’inaugurazione del neo restaurato monumento ai Caduti
d’Italia risale al 29 ottobre 1922. La nuova sala di esposizione, con cimeli e
documenti originali sul campo di Milovice è stata inaugurata il 2 novembre
1996, mentre la strada che conduce al cimitero è stata intitolata Via Italia.

Tombe dei soldati di fede ortodossa
Beniamino Colnaghi
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