Brianza: radici, storia ed evoluzione
Su questo blog sono
presenti numerosi articoli, o post, come direbbero i blogger più ortodossi, che
trattano argomenti di natura sociale, storica, economica e ambientale relativi
ad un’area posta a nord di Milano, che oggi si divide sostanzialmente tra le
province di Monza e Brianza, Como e Lecco. Questa terra è la Brianza, da sempre una terra contadina, un polmone
verde, un territorio ricco di boschi, dolci colline, cascine e campanili,
vissuta da genti laboriose e produttive. In questa plaga lombarda i borghesi e
le più affermate famiglie aristocratiche milanesi costruirono le loro sontuose
dimore di villeggiatura e svilupparono alcune loro attività industriali. Oltre
ai contadini ed ai coloni, quindi, la Brianza arricchì la sua componente
sociale con la presenza di famiglie appartenenti alle antiche nobiltà lombarde
ed agli emergenti ceti industriali. Come citato in diversi precedenti articoli,
questa terra, almeno a partire dagli anni immediatamente successivi alla fine
della Seconda guerra mondiale, rafforzata dall’avvento del boom economico, ha
riscontrato una lenta ma progressiva scomparsa di gran parte delle culture e
delle tradizioni locali.
Se volessimo condensare in
poche parole ciò che è avvenuto, non solo qui in Brianza, ma purtroppo nell’Italia
rurale e contadina, a partire dagli anni Cinquanta, potremmo leggere ciò che
denunciò, con lucida determinazione e forza, come nessun altro in quel periodo
storico, Pier Paolo Pasolini, su ciò che lui definì “genocidio culturale”,
ossia gli effetti nefasti prodotti dalla società capitalistica matura, dal
punto di vista economico-sociale e antropologico, primo fra tutti, appunto, il
“genocidio” delle classi sottoproletarie e subalterne e della loro specificità
e autonomia culturale.
Per citare alcuni esempi
che possano meglio chiarire il concetto, pensiamo alla scomparsa della civiltà
contadina. Per più di mezza Italia gli anni del “miracolo economico” sono anche gli anni della
grande migrazione contadina, dello spopolamento delle
campagne e dei piccoli borghi, della fine dell’agricoltura, La migrazione contadina causò profondi
sconvolgimenti dal punto di vista sia sociale sia culturale. Poi subito dopo
seguì l’inarrestabile e distruttiva espansione edilizia, che ha dapprima
circondato e poi indistintamente sommerso le dimore rurali e le magnifiche
cascine lombarde. Con essa sono scomparsi i saperi, le manualità, l’uso degli
oggetti tradizionali, le botteghe e le osterie storiche, le tracce della
diffusa religiosità brianzola. Le poche testimonianze superstiti, se non
prontamente recuperate da proprietari e amministratori illuminati e
lungimiranti, versano ormai in condizioni precarie e di abbandono, al limite
della demolizione.
Qualcuno ha scritto che
l’esercizio della memoria permette al passato di riaffiorare e di essere
rivissuto. Ma c’è qualcuno, oggi, a parte alcuni studiosi e appassionati di
storia locale, a cui interessa esercitare la memoria per far riaffiorare il
passato dei nostri contadini, così duro, faticoso, a tratti disumano? Chi oggi
sa leggere e interpretare il dialetto della Brianza antica? Chi conosce come si
svolgeva la vita nei vecchi borghi contadini? Chi ha mai sentito parlare dei
ritmi lentissimi scanditi non dagli orologi ma dalle stagioni del lavoro nei
campi, dai muggiti delle mungiture quando era ancora buio, dall’incedere lento
del vomere, dalle campane delle pievi, dalle sirene dei filatoi e degli
opifici? Pochi, ormai, immersi come siamo in questa vita frenetica e
autodistruttiva, che cancella anche la memoria del nostro passato.
Come accennato poco sopra,
la Brianza non è oggi, e non è mai stata in passato, una unitaria provincia
lombarda. E l’istituzione della provincia di Monza e Brianza, avvenuta nel
2004, non colma la lacuna, riguardando di fatto solo la Brianza milanese.
Per rintracciare una
unicità amministrativa di questa terra occorre ritornare nei secoli addietro,
allorché il Ducato di Milano aveva suddiviso il proprio territorio in
“contadi”. Uno di questi era il contado della Martesana che aveva pressappoco
gli stessi confini dell’attuale Brianza. Era il riconoscimento di una realtà
oggettiva. Qualcosa di omogeneo già allora esisteva in quella gente che abitava
fra il Seveso e l’Adda. Il Contado della Martesana aveva un capoluogo piuttosto
decentrato, Vimercate, ove erano insediati il Vicario ducale e il Capitano, e
mantenne le sue funzioni per almeno tre secoli.
Vimercate. Collegiata di Santo Stefano
Poi, a fine Settecento, le
grandi sistemazioni attuate dagli Asburgo d’Austria introdussero nel territorio
lombardo la suddivisione in province ripartire in circondari e questi, a loro
volta, in distretti. Il Contado della Martesana, che era ormai conosciuto
maggiormente con il nome di Brianza, si trovò suddiviso fra le province di Como
e Milano. In questo frangente anche Monza venne accorpata nel disegno generale
perdendo le sue autonomie, ma guadagnando, nella tradizione popolare, il titolo
di capoluogo della Brianza sebbene, in realtà, fosse assurta a capo non
dell’intera Brianza ma di un circondario pur molto importante che comprendeva i
distretti di Vimercate, Desio, Carate, Barlassina. Dopo il breve intervallo di
dominazione francese, che introdusse i dipartimenti, si tornò con la
Restaurazione alle province austriache. Una situazione che è rimasta immutata
sino all’ultimo decennio del secolo scorso, con lo scorporo della provincia di
Lecco da quella di Como, e all’istituzione della provincia di Monza e Brianza.
Lasciamo un attimo da
parte le modifiche territoriali e gli scorpori attuati dai potenti di turno.
Poniamoci invece la domanda se, nella sua lunga storia, la Brianza abbia mai
vissuto, al suo interno, una defezione, ossia una pieve, un feudo o un paesotto
che abbiano voluto andarsene, rimanere fuori dai suoi confini. Parrebbe proprio
di no, anzi, sono invece numerosi i casi di comuni che si sono arrogati nel
tempo il diritto di aggiungere al proprio nome storico questo segno distintivo,
l’attributo Brianza. L’unica cosa che si sa con certezza è che per
ricomprendere tutti i comuni, gli elastici confini della Brianza si sono sempre
più allargati.
Ma c’è un nucleo della
Brianza vera che avrebbe potuto eccepire qualcosa contro questo annacquamento
della specie? “Sono gli abitanti del Monte di Brianza, ove c’era il comune di
Brianza (improvvidamente modificato nel secolo scorso in un meno significativo
Colle Brianza), ovvero quel lungo crinale verde detto “San Genesio”, che va da
Olgiate e da Santa Maria Hoé a Galbiate e che culmina con la cima del Monte
Crocione (877 metri) e con il bianco eremo che fu dei monaci Camaldolesi” (Dr.
Fabrizio Mavero, La grande Brianza,
Canturium, 2009).
Il Monte di Brianza, detto anche San Genesio, è una montagna delle Prealpi
Luganesi che si trova in Provincia di Lecco. E’ suddiviso in 3 colli:
Monte Regina (817 m), Monte Crocione (877 m) e Monte San Genesio
(832 m). Il suo territorio ha un’estensione di 3362 ettari, pari a 33
chilometri quadrati.
Mavero riprende
aggiungendo che “I fatti storici sono questi. Siamo negli ultimi decenni del
1300. L’Adda funge da confine fra Ducato di Milano e Repubblica della
Serenissima. I Veneziani non nascondono le loro mire sullo Stato milanese
governato dai Visconti. Il fronte degli attacchi è lungo l’Adda nei pressi di Brivio, ove il fiume offre un
facile guado (il termine celtico “briva” significava proprio questo). I primi a
dover fronteggiare le armate della Serenissima sono pertanto i brianzoli del
Monte di Brianza che costeggia l’Adda in quel punto”.
Fu proprio per la fedeltà
delle genti brianzole che, di fatto, nel 1373 Bernabò Visconti, respinti i
Veneziani, premiò i brianzoli del Monte concedendo immunità e privilegi,ovvero
esentandoli da tutta una serie di tasse. “I brianzoli del Monte – prosegue
Mavero – non persero tempo e si organizzarono in una Universitas Montis Briantie, ovvero l’insieme di coloro che avevano
diritto a queste esenzioni. La corsa ad essere “dentro” l’Universitas dovette essere furibonda tant’è che, per semplificare
le cose, tutti gli abitanti delle quattro Pievi (di Garlate, di Oggiono, di
Brivio e di Missaglia) in cui il Monte è compreso furono esentati da dette
tasse. Alcuni anni dopo, siamo nel 1449, i brianzoli del Monte aiutarono
Francesco Sforza a conquistare Milano. Al nuovo padrone, che aveva confermato e
ulteriormente arricchito i privilegi, i brianzoli chiesero anche che il
territorio dell’Universitas così
delimitato assurgesse al grado di Vicariato. E così fu. Dal 1451 al 1544,
quindi per quasi un secolo, le Pievi citate costituirono il Vicariato del Monte
di Brianza con sede del Vicario in Oggiono”.
Ma la storia non finisce
mica qui, sarebbe stato fin tropp bel… Nel 1544 gli Spagnoli, i nuovi potenti di
turno, decisero che il Vicariato dovesse chiudere e le quattro Pievi
sopraccitate tornare nel Vicariato della Martesana, un territorio antico e
vastissimo, con sede del Vicario e del Capitano a Vimercate. Comprendeva dodici
Pievi, da Vimercate a Desio e Cantù, a Garlate, sino ad Asso e alle sue valli,
ben oltre le Pievi brianzole.
E, con questi cambiamenti,
qualcuno potrebbe dedurre che i “brianzoli” siano ritornati a chiamarsi
“martesani”. No, non avvenne così, ma esattamente il contrario, e nessuno sa
bene sulla base di quale decisione o imposizione. I “martesani” divennero, si
presume in maniera graduale, “brianzoli”. Non sappiamo perché tutta questa
gente ritenne utile essere considerata dentro la Brianza, che allora non
esisteva, se non su quel Monte. “Forse – cerca un possibile motivo il dr. Mavero
– potevano essere ancora quei privilegi fiscali che cessarono solo nel 1746 col
governo austriaco di Maria Teresa. Chiamarsi brianzoli lasciava pur sempre
qualche speranza. L’imperatrice asburgica, però, non cadde nel tranello e li
tolse tutti”.
Comunque sia, il marchio
Brianza ebbe la meglio e l’intero territorio che era Martesana divenne Brianza
per la soddisfazione di tutti, compresi gli aristocratici e gli industriali
milanesi che qui costruirono la loro elegante e sontuosa villa.
La Brianza, quindi,
assorbì tutto il vasto territorio che era ancora ufficialmente Vicariato della
Martesana, sempre con capoluogo Vimercate.
Ma manca un tassello a
tutta questa ricostruzione storica: Monza. Dov’era Monza nel frattempo? Monza
stava fuori, per conto suo. Era la “corte di Monza”, un feudo tra i più
aristocratici ed esclusivi che storicamente vantava la propria autonomia anche
da Milano, tant’è che gli vennero riconosciuti propri Statuti. Ma era anche
città regale e imperiale. E sul piano ecclesiastico “enclave” di rito romano
nel bel mezzo della grande diocesi ambrosiana.
Monza, il Duomo
Nel 1786 Giuseppe II
d’Austria riorganizza in senso moderno lo Stato di Milano, attuando il nuovo
Compartimento territoriale della Lombardia e inventando le Province. Per cui le
Corti e i Vicariati non ci sono più e il territorio di quello che era la
Martesana-Brianza viene diviso in due da una linea orizzontale che è più o meno
ancora quella che oggi divide a nord le Province di Como e Lecco da quella di
Monza-Brianza a sud. Ma allora Monza era inserita nella Provincia di Milano. Poteva
la regale e altolocata Monza finire i suoi giorni come burocratica sede di
qualche ufficio amministrativo alle dipendenze di Milano? Certo che no! Eccola
allora intraprendere il cammino verso il titolo di capitale della Brianza.
Nel 1861, con l’Unità
d’Italia, Monza diviene capoluogo di un vasto circondario al quale facevano
capo gli ex distretti di Barlassina, Desio, Carate e Vimercate. Praticamente
era già l’ossatura della provincia attuale, divenuta operativa nel giugno 2009.
Ma nessuno si è mai
chiesto perché la nuova provincia con sede a Monza non si chiami semplicemente
Provincia di Monza? Il motivo vero è che quel nome, Brianza, rappresenta un
valore aggiunto cui nessuno può rinunciare e, pur di tenerselo, Monza è andata
incontro alle non lievi rampogne della Brianza comasca e lecchese che si è
sentita un po’ defraudata. Ma questa e ormai la storia, Monza si è
definitivamente collocata dentro la Brianza.
Ai nostri giorni la
Brianza si ritrova quindi suddivisa fra quattro diverse province, un
frazionamento come mai in passato le era stato riservato. Malgrado ciò questa
terra ha mantenuto una certa omogeneità culturale che sembra essere il
carattere saliente della Brianza, una “piccola patria” come l’aveva definita
Carlo Cattaneo nella prefazione al volume “Storia della Brianza e de’ paesi
circonvicini” e quindi, come tutte le piccole patrie, un duraturo “luogo del
cuore”.
Malgrado ciò, la Brianza
di oggi è molto diversa da quella, non solo di cento anni fa, ma persino di
quarant’anni or sono. Questi ultimi anni hanno visto il tramonto definitivo del
mondo agricolo ed anche il parziale
superamento dell’economia artigiana e industriale, a favore del settore
terziario. Fattori di estrema importanza
per focalizzare l’immagine della Brianza odierna, ai quali si sono
aggiunti una urbanizzazione a tratti
selvaggia e disordinata, un conseguente e impressionante incremento demografico
e una densità abitativa per kmq quattro volte quella dell’intera Lombardia (in
Italia è seconda dietro la provincia di Napoli, e tra le più elevate in Europa ).
E’ vero che a partire
dalla metà degli anni Ottanta in Lombardia sono state poste sotto tutela,
attraverso la costituzione dei parchi regionali, alcune centinaia di migliaia
di ettari di territorio e che in Brianza la percentuale di territorio tutelato
sale al 25%, se si somma la superficie dei parchi sovraccomunali, ma è
altrettanto vero che, come abbiamo visto, molte testimonianze e tradizioni
secolari si sono irrimediabilmente perse a causa dell’eccessivo sviluppo
urbanistico.
La Brianza, come tutti gli ambienti abitati dall’uomo, è un organismo vivente, dotato di una vitalità superiore alla norma, che l’ha portata, appunto, a trasformazioni repentine e radicali. Per valutare questi cambiamenti basterebbe girovagare in queste terre in un qualsiasi giorno della settimana, con uno sguardo attento alla realtà che ci circonda: traffico elevatissimo, inquinamento tra i più alti d’Europa, presenza massiccia di capannoni e aree industriali e artigianali, carente presenza di reti e infrastrutture di servizi pubblici locali. La Brianza quindi è un territorio ad altissima concentrazione del mondo del lavoro e di quello manifatturiero in particolare. Non c’è settore economico che non sia rappresentato.
La Brianza è diventata una inconsueta “città diffusa, multicentrica e multietnica”, in linea di massima benestante, popolosa e manifatturiera, adagiata in un originario e incantevole ambiente naturale, oggi trasformato e imbruttito, in alcuni casi devastato, dalla mano dell’uomo.
Beniamino Colnaghi
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